Ci sono libri belli e libri brutti. Anzi, per essere più precisi, libri che piacciono e libri che non piacciono. Come tutte le cose del resto; è difficile (tranne rare eccezioni) che una cosa sia brutta in senso stretto: semplicemente può piacere o meno.
Questo libro non mi è piaciuto; o meglio, come si usa spesso dire, ho fatto fatica a "sfangarlo". Niente di grave. Capita. E' che forse mi aspettavo qualcos'altro.
Il primo capitolo interessante - breve storia del calendario e di tutte le vicissitudini storiche (tantissime) attraverso le quali sì è arrivati all'adozione di un calendario "universale" (che poi in realtà tanto universale non è) -, ma il resto noioso. Avete presente quando si leggono le pagine e la mente nel frattempo divaga? Ecco, più o meno è quello che è successo a me.
Il colpo di grazia è arrivato quando l'autore ha esaminato la questione tempo da un punto di vista filosofico, tirando in ballo Kant, Aristotele, Platone e i paradossi di Zenone.
Lì, sinceramente, ho divagato molto mentre leggevo.
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