Di solito quando un giornalista scrive di un collega che se n'è andato, il rischio paventato da Don Diego è sempre piuttosto elevato. Nel mio caso non esiste (a) perché non sono un giornalista e (b) perché non ho mai scritto o detto niente di Biagi prima d'ora. Due brevi righe, come mio piccolo omaggio, mi sembra però giusto scriverle.
Non ho mai letto nessuno dei numerosissimi libri che ha scritto; lo conosco per aver seguito abbastanza spesso la trasmissione il fatto e per aver letto (e quasi sempre apprezzato) molti dei suoi editoriali che fino a qualche tempo fa apparivano piuttosto spesso sulla prima pagina del Corriere. Ovviamente, come frequentemente accade per chi in genere dice apertamente come la pensa e come vede le cose, è stato spesso oggetto di critiche. Io, ad esempio, sono uno di quelli che pensa che sul famoso editto bulgaro ci abbia un pò marciato; ma questa è un'opinione puramente personale.
In ogni caso, il patrimonio fatto di documentazione storica, di narrativa e di saggistica che ci ha lasciato fa sicuramente polpette delle critiche ricevute. Senza contare, poi, che quando le critiche arrivano da tali personaggi, possono senz'altro essere considerate fonte di vanto.
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