venerdì 9 aprile 2021

WhatsApp e noi

"Ti ho mandato un messaggio su WhatsApp, perché non mi hai risposto?" Oppure: "Ti avevo fatto un audio, ma tu l'hai ascoltato tardi." A voi non capita mai di chiedervi se WhatsApp sia solo uno strumento a nostra disposizione o se siamo noi a essere semplici strumenti al suo servizio? A me ogni tanto viene da chiedermelo. Dico WhatsApp per indicare tutto l'armamentario di comunicazione tecnologica che ha fagocitato più o meno le vite di tutti e che ci ha fatto entrare a tutti gli effetti nell'era della velocizzazione del tempo.

Ricordo una conferenza di Paolo Crepet in cui il noto psichiatra, per cercare di far capire ai suoi ascoltatori la differenza tra essere padroni o essere succubi della teconologia, raccontava di quando nell'appartamento in cui abitava sua nonna fu installato per la prima volta il citofono. Per l'anziana signora fu una rivoluzione il fatto di poter sapere chi fosse a suonare il campanello sollevando la cornetta e di poter aprire la porta semplicemente spingendo un pulsante, ma il ruolo del citofono si esuriva lì e la nonna, pur felice di questa rivoluzionaria novità, non passava l'intera giornata attaccata alla cornetta.

L'esempio del citofono è naturalmente una forzatura, ma mi sembra che abbia una sua efficacia nel far capire la differenza tra le due situazioni.

23 commenti:

Pino ha detto...

Tutto “l'armamentario di comunicazione tecnologica” ha la diabolica capacità di dividere, anziché unire. Il telefonino è diventato uno strumento-feticcio da cu si finisce per essere fagocitati e posseduti. E’ un segnale di incomunicabilità dei nostri tempi aggravato da questa protesi permanente che ci portiamo appresso e da cui non sappiamo più fare a meno. L’altro giorno ho visto un gruppo di ragazzi (erano una decina) seduti su un muretto: stavano tutti chini sul loro giocattolo collegati con un altrove (o addirittura tra di loro, succede anche questo) e nessuno sentiva il bisogno di comunicare direttamente con chi gli stava accanto. Oggi, caro Andrea, se sentiamo suonare il citofono ci allarmiamo, perché è un suono a cui non siamo più abituati, che non ci appartiene più assuefatti come siamo ad altri suoni. Se qualcuno decide di venire a casa nostra a farci una visita, si fa precedere da due/tre telefonate, una decina di messaggi oltre che da WhatsApp e chi più ne ha più ne metta. Io sono rimasto al citofono della nonna di Crepet, non ho cellulari e quindi non avendo nessuna delle sue tante diavolerie non potrò mai mandarti un messaggio su whatsApp e quindi soddisfare il tuo interrogativo 😊

Borto ha detto...

Questa è la pretenziosità causata dall'uso smodato della tecnologia: hai un cosofono? Devi sempre essere reperibile, rispondere immediatamente a chiamate, messaggi, chat e quant'altro, pure alle due di notte o quando sei al cesso. "Ah, ma io ti ho fatto uno squillo, ma tu non mi hai ancora richiamato." "Ah, ma ti ho mandato un messaggio 3,58 secondi fa e ancora non mi hai mandato la risposta." Oltre a quelle che hai citato. Io tornerei alla tecnologia degli anni 70, quando si aveva A CASA un telefono fisso che pesava come un macigno, col combinatore a disco che ti richiedeva svariati secondi per comporre un numero, e senza alcun display, e quando, appunto, si usavano ancora i citofoni. Anche i ragazzi ritroverebbero il piacere di parlare faccia a faccia coi loro amici, anziché mandarsi minchiate su uozzàpp da un metro di distanza.

Franco Battaglia ha detto...

A volte sei a casa comodamente in doccia, a guardarti un film, a leggere un libro, a cucinare, a fare "altre cose" in bagno.. e suona il telefono. Ecco questa è una cosa che mi manda in bestia. Il telefono deve suonare quando lo dico ;)

Andrea Sacchini ha detto...

Beh, uno che oggi non ha il cellulare credo che debba essere tutelato dal WWF come categoria protetta. Scherzo, ovviamente. Questa battuta è di Guccini, il quale, in una intervista di qualche tempo fa, dichiarò che non avendo il cellulare e non avendo mai conseguito la patente di guida dovrebbe essere tutelato dal WWF come appartenente a una razza in via di estinzione.
Per il resto, che dire? Personalmente, non sono per il talebanesimo anti-tecnologico, sono per l'utilizzo della tecnologia in maniera ponderata ed equilibrata. La nonna di Crepet non ha rifiutato l'installazione del rivoluzionario citofono, molto più semplicemente ne ha colto le potenzialità e l'ha poi utilizzato esclusivamente nei limiti delle sue funzioni. Credo che il problema dei cellulari o di whatsapp, oggi, non stia nel loro utilizzo ma nell'abuso che se ne fa.
Io ce l'ho io cellulare, lo uso regolarmente e cerco di non abusarne, e trovo che utilizzato per ciò che serve abbia una sua comodità alla quale, oggi, ben difficilmente riuscirei a fare a meno.
In questo momento, ad esempio, sto scrivendo questo commento tramite cellulare, cosa che mi evita di tornare a casa, accendere il PC e mettermi a scrivere. In fondo è un'utilità anche questa, no?
Ciao, Pino.

Andrea Sacchini ha detto...

Lo ricordo bene il telefono con la rotella per comporre il numero. Quand'ero piccolo, in casa c'era quello e ricordo che quando si doveva ad esempio organizzare una pizzata il sabato sera, si faceva la famosa "catena": Tizio chiamava Caio, Caio chiamava Sempronio e così via fino ad avere contattato tutto il gruppo ed essersi accordati per l'ora e il posto in cui trovarsi. Diciamo che c'era da fare un certo "lavoro", che tuttavia era anche gratificante, da un certo punto di vista. Oggi c'è il gruppo su WhatsApp. Amen.

Andrea Sacchini ha detto...

Beh, se il telefono suona mentre sono in bagno, io lascio tranquillamente che suoni. Il bagno è sacro. :-)

Pino ha detto...

Tu la chiami "utilità", io potrei dire che "siamo noi a essere semplici strumenti al suo servizio", usando le tue parole. Vedi, Andrea, hai dato risposta al mio commento usando il cellulare... poi probabilmente avrai risposto al commento di qualcun altro sempre con il cellulare e poi a qualcun altro ancora... e poi rispondi ad una telefonata...e poi mandi un uozapp...e poi mandi un messaggio...e poi fai uno squillo a tua moglie...e poi visiti un blog...insomma: questo significa stare sempre con un cellulare in mano e non utilizzarlo "in maniera ponderata ed equilibrata". Lungi da me l'intenzione di fare polemica, ma mi piacerebbe che qualcuno dicesse, ogni tanto, di essere cellulardipendente. O che ne fa un uso eccessivo. Mai! Sono sempre gli altri che usano in maniera scriteriata il telefonino. Ma chi sono questi Altri? Un caro saluto

leggerevolare ha detto...

nato per comunicare è diventato un mezzo per controllare

Andrea Sacchini ha detto...

Sinceramente, Pino, scrivere un commento a questo post usando il cellulare anziché il PC non è automaticamente sinonimo di dipendenza dal cellulare. Semplicemente, in un momento in cui magari sono fuori casa e ho del tempo per rispondere, lo faccio utilizzando il cellulare. Se fossi stato in casa avrei usato il PC. La dipendenza dal cellulare mi sembra sia una cosa ben diversa. Tra l'altro non vedo neppure accenni polemici nel tuo commento, si tratta semplicemente di opinioni diverse riguardo a uno stesso argomento. Dal tuo punto di vista, se non ho capito male, il cellulare è un male tout court, dal mio punto di vista il cellulare è un male solo se trasformato in oggetto che crea dipendenza, mentre invece se è usato con intelligenza può avere una sua utilità. Sono due opinioni diverse ma entrambe legittime, mi pare.
Un caro saluto.

Orlando Furioso ha detto...

Si vede che tutti i miei contatti oramai mi conoscono bene e come io non "rompo" loro con assurde pretese ("Ma ti ho mandato un whazzap ieri, non mi hai ancora risposto!") loro non "rompono" me.
Però, invece, ho purtroppo una gran dipendenza da cellulare, il quale ha instillato "bisogni" che prima non esistevano: un esempio forse sciocco, ma che fa capire la dipendenza, è che se mio marito non mi manda immediatamente un messaggio/whatsapp appena arriva al lavoro me lo vedo già morto in un incidente pauroso in tangenziale. Ecco, prima dell'avvento del cellulare non è che fossi meno ansioso, il cellulare non ti cambia il carattere, ovvio, ma instilla "bisogni" di cui si poteva tranquillamente fare a meno.

MikiMoz ha detto...

Verissimo, ottima riflessione.
Anche io, in realtà, mi chiedo come sia possibile che la gente non risponda subito su WA... perché per come lo uso io è come il telefono... è come non rispondere a una telefonata.
Però comprendo cosa dici... ma essere usati da questi strumenti, no.
Essere reperibili, quando ci sta :)

Moz-

Andrea ha detto...

Ciao, io non vedo l'ora di tornare a lavorare al cinema ma ho già l'ansia al pensiero che appena riapriremo si riattiveranno subito i due gruppi whatsapp di lavoro con messaggi a tutte le ore del giorno e quando sono libero e rispondo con qualche ora di ritardo faccio sempre incazzare con qualcuno. Mia sorella è una che si incazza tremendamente se non rispondo subito ai suoi messaggi ed è stato per esempio inutile spiegarle che sul lavoro posso usare il cellulare solo x questioni lavorative o x urgenze.

Andrea Sacchini ha detto...

Più che per controllare, direi profilare, vedi i vari facebook, Google e compagnia bella.

Andrea Sacchini ha detto...

È inevitabile che sia così. Quando io ero ragazzino ero sempre in giro tutto il giorno col mio Ciao e con gli amici, e non essendoci ancora il cellulare nessuno mi tempestava di richieste di informazioni su dove fossi. Quando era giovane la mia generazione è vissuta così, eppure, bene o male, siamo tutti sopravvissuti. :-)

Andrea Sacchini ha detto...

Sì, diciamo che sempre questione di trovare il giusto equilibrio tra usare la tecnologia ed essere schiavi di essa.
Ciao Moz. ;)

Andrea Sacchini ha detto...

I miei contatti hanno imparato (a loro spese) che per me WhatsApp non è utilizzabile per le urgenze, per quelle ci sono le telefonate, e se sono sul lavoro è molto difficile che risponda.
Ciao Andrea.

Sara ha detto...

Levy disse che siamo colonizzatori di una nuova fase antropologica:mi piace pensare che sia così!

Andrea Sacchini ha detto...

Sì, è così, e non lo dice solo lui. Si tratta di una rivoluzione antropologica che non ha precedenti nella storia dell'umanità. E il guaio è che - dicono - non siamo assolutamente preparati a gestirla.

Guido P. ha detto...

Io per fortuna riesco ancora a staccarmi dal cellulare, e mi capita spesso di rispondere tardi su WhatsApp. E questo mi comporta anche dei piccoli problemi... come i vocali sui vari gruppi in cui sono inserito; non vedo l'ora che arrivi l'acceleratore per ascoltarli a velocità doppia (o magari tripla) :D
Bello l'esempio di Crepet per far capire la differenza!

Andrea Sacchini ha detto...

Sì, lo trovo particolarmente efficace.

Enri1968 ha detto...

Concordo

Caterina ha detto...

La tecnologia ci ha illusi di apportare un miglioramento alle nostre vite. Ci ha reso tutto più facile, più comodo,più pratico e più veloce. In cambio ha preteso la nostra libertà. Ormai tutti possono trovarti facilemente e contattarti a loro piacimento, praticamente a tutte le ore. Devi rispondere subito al messaggio dell'amico, altrimenti si preoccupa, o peggio, si offende. Guai a visualizzare senza rispondere. Nascono vere e proprie discussioni. Magari eri semplicemnte in fila all'ufficio postale e, proprio mentre visualizzavi il messaggio whatsapp, era arrivato il tuo turno. Tutto ciò genera uno stato d'ansia non indifferente. Il nostro cervello è continuamente stimolato da impulsi stressanti. Siamo sempre interconnessi, ma stiamo perdendo di vista noi stessi e il mondo che ci circonda. Passiamo il tempo a parlare con qualcuno che non vediamo, che non tocchiamo e che non sentiamo. E' il paradosso del nostro tempo: non abbiamo più privacy ma ci ritroviamo sempre soli.

Andrea Sacchini ha detto...

Verissimo. Come già hanno fatto notare molti studiosi, si tratta di una rivoluzione antropologica senza precedenti nella storia umana.

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