mercoledì 28 aprile 2021

L'obolo per l'"informazione"

Repubblica, Corriere, La Stampa e altri mi chiedono un obolo per poter leggere integralmente alcuni loro articoli. Si tratta di una cifra relativamente bassa, l'equivalente di un caffè al giorno, più o meno. In genere passo oltre. Non vedo il senso di dover pagare una cifra, seppur esigua, per qualcosa che posso leggere altrove, anche se gli articoli che si nascondono dietro il paywall sono spesso di approfondimento o esclusive della testata che li pubblica.

In più, non vedo perché dovrei foraggiare testate che hanno da tempo sacrificato la professionalità sull'altare dei clic. Non è un discorso che vale per tutti, intendiamoci, sto generalizzando per indicare la direzione del discorso, ma è indubbio che la qualità informativa dei maggiori media è paurosamente diminuita nel corso degli ultimi lustri, grosso modo da quando, con internet, il valore di un articolo si misura in numero di clic e visualizzazioni, che naturalmente generano introiti economici.

Ci sono siti specializzati, come ad esempio Il Disinformatico dell'ottimo Paolo Attivissimo, che a cadenza più o meno giornaliera smascherano assurdità scientifiche, errori di matematica, di grandezze, di misurazioni, errori di contenuto, notizie palesemente false o distorte, e spesso veri e propri obbrobri ortografici e grammaticali, tutti elementi che testimoniano una generale mancanza di competenza e di professionalità.

A tutto questo si aggiunge il fenomeno dei titoloni acchiappa-clic che spessissimo non rispecchiano il contenuto del relativo articolo e che lucrano sulle paure irrazionali delle persone. Quando sono stati resi disponibili i primi vaccini contro il coronavirus, ad esempio, c'è stato (e c'è ancora) un florilegio di articoli con titoli tipo "Professore di liceo muore in circostanze misteriose dopo l'assunzione del vaccino anti-covid", poi si prova a leggere l'articolo e si scopre che la morte è avvenuta dieci giorni dopo senza alcuna correlazione certificata col vaccino. Intanto, però, con quel titolo fuorviante la testata fa il pieno di clic e relativi introiti, lucrando appunto sulle paure della gente. Perché io dovrei foraggiare questo sistema qui?

A questo punto preferisco pagare per un'informazione seria e di qualità, quella che ad esempio fanno i giornalisti de Il Post, che spiegano in maniera chiara, professionale, competente e senza secondi fini gli avvenimenti e i fatti che accadono. Dispiace vedere che testate gloriose come il Corriere della Sera, su cui scrisse Montanelli, Buzzati, Montale, Sciascia, siano ridotte a contenitori acchiappa-clic pieni di materiale informativo di scarto e chiedano pure un obolo per potersi mantenere.

2 commenti:

Franco Battaglia ha detto...

E' pieno di acchiappaclic la blogosfera...dalle notizie bufala ai banner che irrompono mentre leggi.. diciamo che Google rappresenta ancora una valida barriera contro questi elemosinatori di soldini.. finché non chiederà soldini anche lui

Andrea Sacchini ha detto...

Diciamo che Google guadagna bene con la profilazione, tra la altre cose.

20.000 euro

Mi fa un certo effetto questa immagine di Luciano Canfora mentre esce dal tribunale, un po' piegato sotto il peso dei suoi 8...