sabato 1 febbraio 2020

Come ad Auschwitz

Ogni tanto esce qualche veloce reportage, qualche notizia su testate minori, poi tutto sparisce per non disturbare e perché è sempre bello pensare che il mondo funzioni bene per non impressionarci troppo.

Abbiamo in questi giorni celebrato la Giornata della memoria per ricordare cosa succedeva settant'anni fa nei campi di concentramento nazisti in Polonia, ricordo che è cosa buona e giusta mantenere perché tenere viva la memoria su quei drammi è il miglior modo per impedire che si ripetano. Eppure a nessuno sembra fregare niente dei campi di concentramento di oggi, che si trovano a pochi chilometri dalle nostre coste e dove quotidianamente avvengono massacri.

Certo, c'è differenza tra le due situazioni: Hitler uccideva in nome di una ideologia, i criminali libici uccidono per denaro. Ma le due situazioni presentano anche diverse analogie distribuite su più piani. Nei campi di concentrento nazisti c'erano ad esempio le camere a gas, in quelli libici c'è la "black room", dove gruppi di persone vengono appese per i piedi e uccise a bastonate. A meno che, naturalmente, i familiari, a cui vengono mandati i video delle torture, non siano in grado di pagare quanto richiesto per riscattare la vittima.

Esistono veri e propri tariffari, in questi immensi bazar della carne umana, tariffari che variano in base alla nazionalità della vittima, perché i carnefici hanno imparato che la profondità dei rapporti umani tra familiari è più o meno marcata a seconda dell'etnia a cui appartengono le vittime; così, secondo loro, i familiari di una certa etnia sono disposti a pagare più di altri, o magari hanno più possibilità economiche per farlo. Comunque, in linea di massima, il prezzo di una vita al valore attuale è da quelle parti stimato mediamente attorno a 12.500 dollari americani.

Altra analogia con quanto succedeva settant'anni fa nell'Europa dell'est è che oggi come allora tutti sanno. Di ciò che combinava Hitler erano a conoscenza gli americani, i sovietici, i francesi, gli inglesi, gli italiani, il Vaticano; nella stessa società tedesca si sapeva cosa stava succedendo, nonostante gran parte dei lager fossero costruiti all'est, fuori dalla Germania, per tentare di nascondere gli orrori. Allo stesso modo, anzi in misura ancora maggiore di allora dato che oggi viviamo nell'era della comunicazione globale, tutti sanno cosa succede in Libia. Eppure, al di là di qualche proclama o di isolate quanto encomiabili campagne di sensibilizzazione, a nessuno della faccenda importa granché. 

Probabilmente in virtù del fatto che, tanto per cambiare, ci sono grossi interessi economici e politici in gioco. Ci si indignava con Salvini (giustamente, intendiamoci) perché teneva per settimane al largo navi cariche di disperati che scappavano da quei lager, ma non mi pare ci sia stata uguale indignazione quando nel 2017 Minniti andava a stringere accordi economici coi libici per bloccare le partenze, cioè per tenere prigioniere quelle persone in quei campi di concentramento e "risolvere" così il problema delle partenze. Il motivo principale per cui si tende a evitare di parlare di quanto avviene là è che il nostro paese è sostanzialmente complice di quegli orrori ed esiste un limite all'ipocrisia pure in una società come la nostra, dove viene ormai elevata al rango di virtù.

Chissà, magari fra settant'anni verrà istituita una giornata della memoria per ricordare ciò che succede oggi in Libia, esattamente come oggi ricordiamo ciò che succedeva nei lager nazisti. E qualcuno farà notare che anche allora (oggi) tutti sapevano.

7 commenti:

  1. La nostra tv le ha intevistate quelle povere genti rapite e portate nei lager o sulle strade a postituirsi. Così come ha fatto per i nostri tremendi centri di smistamento dove in tanti lucravano. Noi sappiamo. "Lontano dagli occhi lontano dal cuore", recitava una antica canzonetta... la Libia è lontana ma le navi erano nei nostri mari, quelle non potevamo evitare di vederle e poi a qualcuno ha fatto comodo che si sapesse di quei migranti. Scrivendo questo non sto difendendo nessuno, men che meno s. ma accuso il potere, ogni non lecito potere.
    Dei lager nazisti sapevano tutti e ora tutti concedono voci e titoli a chi dice che no, non è vero e ci si è inventati tutto. Per questo motivo, oltre che per una forma di giustizia, a noi tocca continuare a dire quel che si sa e parlare dei libri di denuncia che non ho cuore di rileggere da tanto parlano di incredibile disumanità. Perchè gli uomini fanno questo ad altri uomini? Non è tollerabile nessuna violenza fisica o morale ma la tortura mostra bene la natura di chi la pratica ed è una figura spaventosamente mostruosa.

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  2. Secondo me no.
    Perché non è una cosa che fa scalpore come fu con gli ebrei.
    Terribile la questione del riscatto, per dire, ed è brutto che tutti sanno... purtroppo si dimentica quel che non è necessario vedere.

    Moz-

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  3. Non penso sia così.
    Se sembra che se ne parli di meno è solo perché, tanti preferiscono guardare la televisione e lasciarsi lobotomizzare, che leggere ed informarsi sulla questione. Quel che succede al di là del Mediterraneo lo sappiamo bene. La Shoah è un marchio indelebile nella vita di ognuno di noi. Non riesco a metterla sullo stesso piano degli orrori di oggi. Anche se ce ne sono di simili, come ho detto più volte nei post che ho dedicato alla settimana della Memoria. Ricordando gli eccidi Armeni, sudamericani, africani. Le fosse comuni in Russia o in Bosnia. Potrei scriverti qualche buona banalità sempre in voga ma preferisco fermarmi qui, dissentendo da quel tuo " a nessuno frega niente dei campi di concentramento di oggi".

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  4. Credo di avere dato adito a un malinteso. L'intento del mio post non è quello di mettere su una bilancia la Shoah con ciò che sta succedendo in Libia al fine di calcolare quale dei due orrori sia più grave. Immagino infatti che nessuna persona dotata di un minimo raziocinio si produrrebbe in un esercizio del genere. Certo, ho evidenziato quelle che secondo me sono analogie (ma anche differenze) tra le due situazioni, ma esclusivamente per fare notare come, secondo me, la medesima indifferenza che settant'anni fa c'era verso ciò che succedeva in Polonia ci sia oggi verso ciò che succede in Libia.
    Mi dite che in tv di questa cosa si parla. Prendo atto e mi fido, dal momento che la tv non la guardo. Posso dire, viceversa con una certa sicurezza, che sugli organi di stampa mainstream di questi orrori non si parla. O comunque non si parla abbastanza, a mio avviso. È giusto ricordare gli eccidi e i massacri, dai più vicini ai più lontani a noi, accaduti in passato, guai se non si facesse, ma a maggior ragione credo si dovrebbe con maggior forza possibile parlare e sensibilizzare circa gli orrori attuali, quelli che accadono mentre stiamo scrivendo.
    Tutto qua.

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  5. Keynes a suo tempo diceva che bisognava impegnarsi per controllare la crescita demografica, ma oggi non si può piu dire.
    Tra 70 anni ho paura che invece di celebrare le ricorrenze questo nostro mondo possa essere preda di un dittatore o della barbarie.

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    1. Sei ottimista. Io penso invece che, al ritmo demografico attuale, tra settant'anni la razza umana sarà collassata e ci saremo estinti.
      (Keynes, lungimirante, l'aveva capito.)

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  6. A proposito di quelle responsabilita di cui parlavo nel post, è uscita oggi (in questi giorni il governo Conte due ha rinnovato gli accordi coi libici) questa dichiarazione di Matteo Orfini, esponente del Pd targato Renzi quando Minniti stringeva accordi coi libici. Ogni tanto a qualche politico vengono degli impeti di onestà. Cosa rara ma succede.

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