venerdì 28 settembre 2018

Il governo del cambiamento (all'indietro)

Ieri sera sono andati in piazza a festeggiare, Salvini e Di Maio, a festeggiare la manovra che valicherà la linea del Piave del 2% (Tria puntava a non superare l'1,6 ma si è dovuto arrendere) e porterà il deficit al 2,45% del Pil. Loro festeggiano, mentre portano il nostro paese, che è il quinto al mondo per debito pubblico, ancora un pochino più vicino all'orlo del baratro, facendo una manovra in deficit, deficit destinato inevitabilmente a trasformarsi in debito pubblico i cui costi saranno scaricati sui nostri figli e sulle generazioni future, quando Salvini e Di Maio (per fortuna) non ci saranno più.

Ma è inutile recriminare e stracciarsi le vesti ora. Questo avevano scritto nel loro contratto e questo hanno fatto. Una manovra economica le cui due caratteristiche principali sono l'assistenzialismo e la spesa senza vincoli fatta a debito, esattamente come le manovre che si facevano nella prima repubblica. Neanche nella seconda, nella prima, durante le formidabili stagioni dei Craxi, dei Forlani, dei Cirino Pomicino, quella gente lì, insomma, cioè quelli che hanno portato il nostro paese nello stato in cui versa oggi. E oggi i nuovi condottieri di 'sta ceppa hanno fatto esattamente ciò che facevano i vecchi dinosauri, aggiungendo, se possibile, danno a danno.

Doveva essere il governo del cambiamento, e in effetti il cambiamento s'è visto tutto, ma all'indietro di una trentina abbondante di anni. E, ciliegina sulla torta, il tutto condito con un bel condono fiscale, che gli scaltri comunicatori di governo hanno provveduto a edulcorare sotto il delizioso nome di pace fiscale. Bello, pace fiscale, no? Dà come un senso di tranquillità, di distensione, di rilassatezza, di tregua. Perché, poi, pace fiscale? C'è stata per caso una guerra, che voi sappiate? Non ne ho avuto notizia. Io non voglio la loro pace fiscale del cazzo. Io non sono in guerra con nessuno, tanto meno col fisco, io sono in guerra con quelli che le tasse non le pagano e costringono gli altri a pagarle anche per loro. Con questi sono in guerra, io. E questi sono quelli che invece vengono premiati.

Io non voglio andare in pensione un anno prima scaricando il costo di questo anno sulle prossime generazioni. Preferisco starmene al lavoro, piuttosto. E sono tutte balle (sì, dico a voi due, Salvini e Di Maio) quelle secondo cui i 4/500000 posti che si libereranno saranno occupati dai giovani. Tutte balle. Chi se ne andrà sarà rimpiazzato, se lo sarà, da precari al più infimo livello, inviati alle aziende dalle cooperative che forniscono lavoro in subappalto alla bisogna dell'azienda. E non serve avere un dottorato in economia per sapere queste cose, basta avere sulle spalle qualche anno di lavoro in qualsiasi azienda, quello che sia Salvini che Di Maio non hanno mai avuto, dal momento che non hanno lavorato nemmeno un'ora in vita loro.

Non c'è niente in questa manovra, se ci avete fatto caso (non abolizione della Fornero né reddito e pensione di cittadinanza), che crei nuovo lavoro, nessun meccanismo che permetta ai giovani di entrare nel giro del lavoro, quello vero. Questa manovra è solo una specie di toppa che viene messa lì per tenere buoni per un paio d'anni quelli che un lavoro non ce l'hanno. Niente di nuovo, di rivoluzionario, di inedito, solo assistenzialismo allo stato puro già visto e rivisto.

Una parziale nota di speranza viene dal fatto, a molti ignoto, che la porcata messa nero su bianco da questi due figuri, quella chiamata pomposamente "Nota di aggiornamento del documento di programmazione economica e finanziaria", è solo un documento al momento senza alcun valore, neppure approvato dal governo, e che la manovra economica tutta intera per vedere la luce dovrà essere approvata dal Parlamento, e chissà che qualche sorpresina non esca fuori, anche se ho parecchi dubbi. Incrociamo le dita.

1 commento:

Anonimo ha detto...

e allora il pd?

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