Doveva essere l'asso di briscola, il coniglio dal cilindro che gli avrebbe consentito di vivere un'altra memorabile stagione politica. L'aveva battezzata "L'Italia che lavora", la lista che aveva creato, e nelle sue intenzioni (strampalate) doveva raccogliere i fedelissimi rimasti e lasciare che il Pdl cuocesse nel suo brodo.
Ma, come è noto, fare i conti senza l'oste può riservare
qualche sorpresa, alla fine. E infatti quella che doveva essere la sua arma segreta si è rivelata, alla fine, spuntata. La nuova lista, secondo i sondaggi, non andrebbe infatti più in là di un misero 4/5%. Perfino il Pdl dopo una eventuale scissione riuscirebbe a fare meglio.
Scrive oggi Francesco Verderami sul Corriere: "Ma l'eugenetica non può essere applicata alla politica, non basta una lista dell'«Italia che lavora» per competere con le novità di Renzi e Grillo. Ancor più banalmente, non è cambiando l'ordine (e il nome) degli addendi che può cambiare la somma dei voti nelle urne. Anzi, è una regola che certe operazioni abbiano un saldo negativo. Anche perché i debiti finiscono comunque per ricadere sul leader e lo inseguono".
Capisco che dopo una certa età si tenda a diventare un tantino rincoglioniti, ma come si può esserlo fino al punto di non capire quando è ora di togliersi dalle scatole una volta per tutte? Come può pretendere uno che è reduce da un ventennio fallimentare, uno che ha ridotto un paese a un cumulo di macerie, economiche e morali, di tornare a fare capolino come se niente fosse successo? Probabilmente non ha ancora capito che dopo aver fatto tabula rasa di un paese, non basta più raccontare due stronzate per sperare di farla franca; non basta più buttare lì una telenovela in tv, la sera, e sperare di tenere buono il gregge.
Quei tempi, per fortuna, sono finiti.
sabato 20 ottobre 2012
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