giovedì 11 ottobre 2012

Allergie (di Alfano)

Le allergie oggi sono molto diffuse, e il trend di diffusione, ci dicono le statistiche, è una linea che va costantemente verso l'alto. Pollini, fiori, frutti, piante, peli di gatto, di cane, di unicorno, ecc. Poi, come è noto, ci sono le allergie alle mogli, ai mariti, alle suocere, agli zii, insomma ai parenti in genere; quindi, bene o male, chi più chi meno, tutti siamo allergici a qualcosa o a qualcuno.

Anche Angelino Alfano soffre di una particolare forma di allergia, che è abbastanza diffusa specialmente tra gli esponenti della classe politica. Gli allergologi non sono riusciti bene a definirla, la stanno studiando, tanto è vero che ancora non le hanno affibbiato neppure il nome. Noi, che allergologi non siamo, e che quindi non abbiamo nessuna pretesa di metterci al loro posto, potremmo comunque provare ad abbozzare qualche nome, chi ce lo impedisce?

A me, ad esempio, è venuto in mente qualcosa tipo "allergia alle dimissioni". E questa bizzarra denominazione mi è spuntata in testa, all'improvviso, dopo aver letto alcune sue dichiarazioni di oggi (o forse anche di ieri, ma in fondo non è importante, tanto le corbellerie sono più o meno le medesime).

Come forse avrete letto, il consiglio comunale di Reggio Calabria è stato sciolto, tramite decreto del governo, per infiltrazioni mafiose - attualmente è commissariato. Qualsiasi persona dotata di un minimo di buon senso, non può che plaudire a questa iniziativa del governo. Ma, come è noto fin dai tempi in cui il buon Angelino andava in giro a dire che "tutti gli italiani sono intercettati" (balla sesquipedale) perché doveva perorare la causa del suo capo sulle intercettazioni, il buon senso è compatibile con Alfano come il gasolio in un motore che va a verde. Infatti, sulla vicenda di Reggio Calabria ha detto: "Sciogliere il consiglio condanna tutta la città". Certo: la condanna a essere amministrata da un comune privo di infiltrati della mafia. Come condanna, se ci pensate, è terribile. Ma ovviamente mica si è fermato qui, non sarebbe Angelino. "Così lo Stato indebolisce la sua presenza", ha tuonato, visibilmente indignato, l'ex guardasigilli (probabilmente il ministro della Giustizia più disgraziato che questo paese possa vantare, anche se prima di lui c'era Mastella, vabbè). Naturalmente lui sa benissimo che il commissariamento del comune è stato disposto dal governo, cioè dallo stato, in ultima analisi.

Ecco, direi che qui possiamo stendere un velo pietoso e passare alla seconda sua memorabile dichiarazione, che riguarda il tipo dalle camicie sgargianti, che casualmente è anche presidente della regione Lombardia. "Non si manda a casa chi ha governato bene", dice, più indignato di prima, il prode Angelino. Infatti a Formigoni non dovrebbe mandarlo via nessuno, sarebbe lui che forse dovrebbe farci un pensierino - pia illusione, ovviamente. D'altra parte il Roberto è stato chiarissimo: "io non ho fatto errori". Può darsi, ma se in una giunta regionale ci sono 13 assessori che sono a vario titolo sotto indagine - compreso Formigoni stesso, ovviamente - il dubbio che qualche errorino possa averlo fatto a me viene.

Ad Angelino, invece, questo dubbio neppure lo sfiora. Né su Formigoni, né sul consiglio comunale di Reggio Calabria. Ognuno dovrebbe restare al suo posto e chi s'è visto s'è visto. Se non è allergia (alle dimissioni) questa, ditemi voi.

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