domenica 6 gennaio 2008

Ipocrisia di una preghiera

Come probabilmente avrete letto, il Vaticano ha proposto, per bocca del cardinale Claudio Hummes, una giornata mondiale di preghiera per "le vittime delle gravi situazioni di condotta morale e sessuale di una piccolissima parte del clero", si legge su Repubblica. In pratica, con questa iniziativa, la Chiesa vuole far sentire la sua vicinanza alle vittime di abusi sessuali da parte dei preti pedofili. Dal mio personalissimo punto di vista l'iniziativa mi sembra un tantino ipocrita. Provo a spiegare perché.

La pedofilia esiste, non c'è purtroppo niente da fare, e allo stato attuale pare non ci sia mezzo valido che consenta di estirparla. Non è un male caratteristico della famosa "minima parte" del clero cattolico, ma comprende (sempre in minima parte, sia chiaro) tutte le categorie sociali: dai padri di famiglia ai medici, dagli imprenditori ai pensionati. Tanto è vero che ogni anno qualcosa come 80.000 italiani prendono il loro bravo aereo e volano in estremo Oriente o in America Latina per turismo sessuale (ci ho scritto un articolo l'anno scorso).

La differenza tra questi e i preti è che i primi quando vengono scoperti vengono in genere, nei limiti del possibile, perseguiti (denunce, processi, tribunali). All'interno dell'ambito ecclesiale, invece, ha quasi sempre prevalso la logica e la prassi della copertura. E' vero che non mancano casi di preti scoperti, denunciati e condannati (un elenco piuttosto completo si trova qui), ma è altrettanto vero che la politica della Chiesa in merito è prevalentemente quella dell'omertà. Non so se i preti coinvolti in questo scandalo siano l'1 o il 2 o il 3 per cento del totale, il problema non è questo, ma il fatto che anche contro una percentuale così esigua di chi si è macchiato di tali crimini, la Chiesa non abbia mai preso l'iniziativa di buttarli fuori a calci nel sedere. La politica imperante è stata quasi sempre quella dell'omertà, della copertura, dello spostamento a destra e a manca tra le varie diocesi e parrocchie dei responsabili di questi misfatti (se ne sono occupati poco più di un anno fa anche quelli delle iene).

Nessuno, tanto meno io, mette in dubbio la serietà e la volontà reale, da parte della parte sana della Chiesa, di fare qualcosa di "riparatore" per le vittime di questi abusi, ma forse la giornata di preghiera più che rivolgerla alle vittime (alle quali probabilmente non gliene può fregare di meno) avrebbe fatto meglio a rivolgerla a sé stessa, come mea culpa per tutte le volte che col suo comportamento non ha contribuito ad arginare questa piaga.

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