martedì 29 luglio 2025

Figlio di Dio?

Mentre ascoltavo questo breve intervento di Galimberti pensavo che se l'avesse pronunciato appena un po' di tempo fa probabilmente non l'avrebbe scampata. Magari non sarebbe stato mandato al rogo, ma un bel processo per eresia non gliel'avrebbe tolto nessuno. Mi sembra comunque che almeno un paio di punti siano interessanti. 

Il primo è quello in cui il filosofo afferma che Gesù non ha mai detto di essere figlio di Dio, quindi non lo è. A supporto di questa sua affermazione cita il dialogo tra Gesù e Pilato nella parte in cui quest'ultimo gli chiede se è figlio di Dio e Gesù gli risponde: "Tu lo dici", a significare che questa affermazione l'ha fatta Pilato, non Gesù. Ora, intendiamoci, io non sono un teologo ma tra le mie perversioni passate c'è stata quella di aver letto alcuni libri su questi argomenti. Ma anche senza leggere libri, è sufficiente una breve googlata per vedere come invece ci sono alcuni passi del nuovo testamento in cui Gesù fa capire di esserlo, figlio di Dio, anche se non lo dice mai in maniera esplicita ma sempre implicita, racchiudendo il concetto all'interno di perifrasi, parabole o discorsi. Quindi diciamo che qui Galimberti potrebbe avere in parte ragione e in parte no. In ogni caso, sulla natura del rapporto tra Gesù e il suo presunto padre celeste dibattono da secoli pensatori, filosofi e teologi, spesso con morti e feriti, quindi non sarò certo io in questo post a mettere la parola fine alla secolare diatriba.

L'altro punto interessante, e qui mi pare che Galimberti abbia ampi margini di ragione, è quello in cui afferma che Gesù non ha mai detto di voler fondare una religione che porti il suo nome, né ha mai avuto intenzione di farlo. A questo proposito ricordo un libro di Remo Cacitti, Inchiesta sul cristianesimo (Cacitti è stato ordinario di Storia del cristianesimo antico all'Università degli studi di Milano), nel quale lo studioso esprime il medesimo concetto, e cioè che Gesù è venuto per rinnovare, non per creare una nuova religione, e il cuore della sua predicazione è l'annuncio del Regno di Dio, non l'istituzione di una "Chiesa" nel senso moderno. Poi vabbe', le cose sono andate come sono andate e ancora oggi ci ritroviamo sul groppone il cristianesimo inteso come religione, ma anche come cultura e inconscio collettivo, tutte cose che ovviamente non hanno nulla a che fare con la spiritualità.

8 commenti:

  1. Andrea, tu lo sai e io lo so. Gesù non ha mai detto “seguitemi e costruiteci sopra un impero immobiliare con vista su Castel Gandolfo”. Annunciava un Regno, sì, ma un Regno senza gerarchie, senza proprietà, senza Borse Valori benedette al mattino. E invece guarda cos’hanno fatto col suo nome: croci ovunque, oro sugli altari, cardinali con la scorta e il SUV blindato. E poi ci vengono a dire che Gesù era povero. No, Gesù era un sovversivo. Uno che avrebbe preso a ceffoni chiunque parlasse di “famiglia naturale” con la bocca piena e le mani sporche di potere. Uno che oggi, se dicesse le stesse cose del Vangelo, verrebbe sbattuto fuori da ogni talk show o tacciato di estremismo gauchista. Altro che Fratelli d’Italia. Finirebbe tra i Centri Sociali. A predicare l’uguaglianza davanti a una mensa Caritas. E intanto Meloni, con la benedizione preventiva di Bagnasco & Co., fa comizi con il rosario in tasca e la NATO nell’armadio, brandendo Dio come una clava identitaria, manco fosse sua proprietà privata. La CEI applaude in silenzio, benedice ogni finanziamento pubblico, si lamenta solo quando si toccano le scuole private dei preti. Ma Gesù, davvero, non fondò nulla. Non firmò statuti, non diede incarichi, non fondò partiti. Parlava per parabole, non per decreti. E ora lo ritroviamo stampato sulle magliette dei neocatecumenali, invocato da sottosegretari analfabeti, difeso perfino da chi invoca il crocifisso in aula ma non ha mai letto una riga del Vangelo. Il cristianesimo che ci ritroviamo addosso non è spiritualità, è governance.
    Una religione che giustifica l’ordine sociale esistente, che rende il povero “beato” per tenerlo buono, che ti invita a portare la tua croce, mentre altri si portano via tutto il resto. E poi, sia chiaro: quello che Gesù non disse lo hanno detto per lui. Ci hanno costruito sopra concili, inquisizioni, Concordati, catechismi. Paolo di Tarso ha fatto l’operazione di marketing, Costantino quella logistica, e il Vaticano ha rifinito la sede centrale con tanto di giardini vaticani e IOR. Gesù non voleva la Chiesa. Voleva un gesto. Un cambio. Una rottura. E invece lo abbiamo impacchettato, marchiato CEI-approved, e rivenduto nei supermercati della fede. Come un prodotto ben conservato. Con l’etichetta “salvifico” e il bollino “Made in Heaven”. La religione si è fondata su di lui. Come un tumore ben vestito. Con la talare stirata e il portafoglio in paradiso.

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  2. Interessante anche il passaggio in cui dice che il fulcro del cristianesimo è l'amore più che la risurrezione. Credo anch'io che in altri tempi un bel processo della santa inquisizione l'avrebbe subito.

    Pierre

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    1. Quel passaggio ha colpito anche me. A questo proposito, sai una cosa? Io penso che la stragrande maggioranza di chi si professa credente in realtà, intimamente, non creda alla resurrezione. Accetta formalmente di crederci perché è condizione indispensabile per dorsi cristiano e accedere alla salvezza, ma intimamente sa benissimo che è pura mitologia.

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    2. È vero di questo sono convinto anch'io, tantissimi in realtà non credono ai miracoli raccontati nei vangeli e alla risurrezione, la prendono per buona perché serve per avere la salvezza.

      Pierre

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  3. Pierre, l’amore nel cristianesimo è come la povertà nel Vaticano: esibito nei discorsi, bandito nella pratica.
    Lo tirano fuori quando serve intenerire il gregge, come si fa con le pubblicità dei cani abbandonati. Ma la verità è che la Chiesa ha sempre preferito l’incenso al sangue vero, la liturgia all’abbraccio, il privilegio alla compassione. L’amore, quello di cui parlava davvero Gesù, se è mai esistito come lo raccontano, non faceva proseliti, non garantiva esenzioni fiscali, non portava voti. Era un amore che sporcava le mani, che rovesciava i banchi, che parlava agli ultimi senza chiedere tessere né confessioni.
    E allora l’hanno messo da parte.
    Hanno preso il nome, l’hanno registrato come marchio, e ci hanno costruito sopra la più longeva S.p.A. della storia occidentale. La resurrezione? Quella serve a tenere in piedi il business dell’aldilà, a venderti l’abbonamento eterno al paradiso, purché tu paghi in anticipo, con docilità e versamenti regolari.
    L’amore, invece, era ingestibile, impresentabile, pericoloso.
    Lo hanno chiuso in sagrestia, come un pazzo poetico. E oggi, se Galimberti dicesse le stesse cose in un paese con ancora un po’ di fiamma sacra e meno Stato di diritto, non lo processerebbero: lo impalerebbero in prima serata, con il Cardinale Segretario Generale a fare da ospite d’onore... sempre in nome di Dio.

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    1. È un'impressione mia o contro la religione cristiana hai leggermente il dente avvelenato? Ma appena appena, eh :-)

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    2. Hai colto bene, Andrea, anche se più che dente avvelenato, è occhio lucido. Contro la religione cristiana in sé non ho nulla, sarebbe come prendersela con un gesto d’amore, con una parabola.
      Il problema, come dici anche tu, è l’uomo che la modifica, la piega, la impacchetta per usarla. E da lì, il passo verso il potere è sempre stato brevissimo. Cristo parlava d’amore e libertà, ma oggi ci ritroviamo con chiese che benedicono la guerra, cardinali che si indignano solo quando si toccano i bilanci delle scuole private, e croci agitate come tessere di partito.
      E lo stesso vale per la politica.
      Nata per dare voce, oggi serve a controllare. Nata per rappresentare, oggi rappresenta solo sé stessa. Anche lì, la parola è stata sequestrata, svuotata, ridotta a liturgia da salotto TV. Le ideologie sono diventate etichette pubblicitarie, i valori slogan da campagna elettorale. Il resto è gestione del consenso e spartizione del bottino. Religione e politica: due grandi promesse tradite.
      Due strumenti che avrebbero potuto liberare, e che invece, nelle mani sbagliate, hanno solo costruito nuovi altari e nuovi tribunali. Non ce l’ho con la fede. Né con la politica vera.
      Ma con ciò che ne è stato fatto:
      un potere travestito da bene.
      E a quel travestimento, sì qualcosa da dire ce l’ho.
      Eccome.

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    3. Condivido tutto, e aggiungo che neppure io ce l'ho con chi ha fede. Tutti, più o meno inconsciamente, abbiamo fede in qualcosa, dei punti fermi a cui ci aggrappiamo, anche noi atei. Come nel caso della globalizzazione, di cui parlavamo ieri, anche per la questione della religione io non ce l'ho con la struttura, ce l'ho con la sovrastruttura.

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