Ok, se accettiamo di restare sul piano dei numeri è pacifico che le morti sul lavoro sono maggiori dei femminicidi, ma è il modo in cui i due drammi vengono percepiti che è profondamente diverso. I femminicidi destano molta più riprovazione sociale e provocano maggiore risalto mediatico perché le vittime vengono uccise volontariamente da uomini cresciuti come bestie, con tutto ciò che ne consegue in termini di reazioni emotive. I morti sul lavoro suscitano minore riprovazione sociale, o comunque molto più fuggevole, perché manca il dolo diretto, diciamo così, quindi per loro natura si tende a inserirli in una sorta di alone di ineluttabilità che ne limita l'impatto emotivo.
Ecco perché a mio avviso non ha senso stilare classifiche di gravità. Sono due drammi della società contemporanea che bisognerebbe impegnarsi a sradicare, e magari c'è anche chi prova a farlo. Purtroppo, sembra, senza grossi successi.
Condivido ciò che hai scritto.
RispondiEliminaLa depravazione social ormai è ai massimi livelli. Il benaltrismo applicato alla grave piaga del femminicidio non lascia parole possibili.
RispondiEliminaConcordo. Per questo a volte medito di togliermi da Facebook e scrivere solo qui.
EliminaChe a scrivere queste parole sia un Uomo, è meraviglioso.
RispondiEliminaGrazie. Mi piace comunque immaginare che siano pensieri della stragrande maggioranza degli uomini.
EliminaTemo che non sia così. Altrimenti i numeri racconterebbero altro. 😔
EliminaDiceva un mio professore che i numeri senza un contesto servono solo in Analisi Matematica.
RispondiEliminaSiamo arrivati a classificare la gravità di un tipo di morte rispetto a un'altra... E ci stupiamo ancora che dall'estero ci ridano in faccia?