Salvini, nello stile sobrio e pacato che lo contraddistingue, dice che si impegnerà affinché l'assassino del maresciallo dei carabinieri ucciso ieri nel foggiano non esca più di galera. Zingaretti, in maniera meno zotica e spiccia, dice che dalle parti del Pd si è intenzionati a non mettere i bastoni tra le ruote al corso della giustizia, che nello specifico è quella giustizia che ha recentemente messo in manette lo stato maggiore del Pd umbro per una faccenda di presunte mazzette in campo sanitario.
Naturalmente, sia Salvini che Zingaretti non hanno alcun potere di dare corso alle intenzioni espresse, e c'è da dire che l'uscita del secondo mi sembra, se possibile, addirittura più infelice di quella del primo, in quanto se tu affermi di non mettere in atto una certa condotta senza essere stato sollecitato da alcuno a pronunciarti in questo senso, dài implicitamente l'impressione che in precedenza questo comportamento tu o i tuoi l'abbiate adottato, o ne abbiate avuto quantomeno l'intenzione, o ne abbiate dato l'impressione. Insomma, al posto di Zingaretti io avrei soprasseduto o detto qualcos'altro.
Per quanto riguarda il ministro della paura, invece, è lapalissiano come, per quanto possa impegnarsi, non abbia alcun potere di fare alcunché in merito alla durata della detenzione in carcere dell'assassino, perché tale decisione compete in maniera esclusiva alla magistratura e non certo a un ministro, fosse pure un ministro di tutto come il felpato. Il guaio di questi nostri sciagurati tempi, è che gran parte della plebe ragliante darà come sempre ampio credito alle sue corbellerie, al suono di: "Hai visto? Adesso ci pensa lui a non farlo più uscire di galera: grande Matteo!" Plebe ragliante perfetta espressione dell'epoca in cui viviamo.
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