mercoledì 10 gennaio 2018

Aumenta l'occupazione (del piffero)

Il pifferaio è contento, strilla a social unificati che il suo JobsAct ha fatto il miracolo di aver creato un milione di posti di lavoro, riuscendo dove l'altro pifferaio, quello di Arcore, vent'anni fa aveva fallito. Ed è vero che, in linea generale seppur a fasi alterne, l'occupazione tende ad aumentare e la disoccupazione a diminuire, ma il tipo di Rignano dimentica di rimarcare come la stragrande maggioranza dei nuovi assunti (una percentuale collocabile tra l'80 e il 90%) sia inquadrata con contratti a termine, siano insomma precari, laddove i contratti a tempo indeterminato (che di indeterminato hanno solo il nome, vedi le famose tutele crescenti) sono una infima parte.

Si dirà: meglio un contratto precario che stare a casa a girarsi i pollici. Il che potrebbe essere anche vero, dal momento che ormai ci siamo abituati a vivere in un'epoca dove tutto si svilisce e i corsi della vita e delle dinamiche sociali si snodano sui binari del "piuttosto che niente, meglio piuttosto", ma quello che strilla al miracolo del suo JobsAct dovrebbe anche dire che chi lavora con contratti a chiamata, o a termine o quello che volete, tre/quattro mesi e poi boh, difficilmente otterrà un prestito da una banca; senza la previsione di un minimo di stabilità difficilmente pianificherà qualcosa per il suo futuro, ma camperà alla giornata, e se anche guadagnerà qualcosa lo terrà gelosamente da parte in previsione di periodi futuri in cui magari il contratto di lavoro non gli sarà rinnovato, con buona pace dei tromboni che prevedevano con l'aumento dell'occupazione una ripartenza dell'economia.

Ora, intendiamoci, è vero che il JobsAct è una delle porcate più grosse partorite dalla politica nel periodo recente, quello che ha in pratica istituzionalizzato il precariato, ma va detto che il processo che ha portato a questo risultato ha avuto il suo inizio molto indietro nel tempo, non è cascato all'improvviso dal cielo con Renzi. Chi ha buona memoria ricorda sicuramente, ad esempio, che l'introduzione dei primi contratti cosiddetti flessibili (flessibile è sinonimo di precario ma ha una fonetica molto più bella), Co.co.co, Co.co.pro, interinali e simili, hanno fatto la loro comparsa con il cosiddetto Pacchetto Treu. Era il 1997 e al governo c'era Dini. È poi arrivata la legge Biagi (2003, terzo governo Berlusconi), il decreto Poletti (2014) e infine il Jobsact. Tutte queste leggi, partorite da centrosinistra e centrodestra, sono inesorabilmente e irrimediabilmente andate nella direzione di un rafforzamento della precarietà e un indebolimento dei diritti di chi lavora.

Rimane il mistero di come si possa trarre motivo di orgoglio e vanto da questo disastro, ma siamo in campagna elettorale, e si sa che, come in amore e in guerra, sotto elezioni tutto è permesso.

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