La decisione dell'Asl del Lazio di inserire due medici non obiettori nel reparto ginecologico del San Camillo, ha dato la stura, com'era prevedibile, alle urla scomposte di quelli di Oltretevere, oltretutto senza che sia ben chiaro a che titolo, dal momento che si tratta di esponenti di un altro Stato che vengono a impicciarsi di faccende relative al nostro, ma tant'è. A dare inizio alle musiche è tale don Carmine Arice, il quale blatera che "Non si rispetta un diritto di natura costituzionale quale è l’obiezione di coscienza" (La Stampa, 22.2.2017). Non varrebbe neppure la pena replicare, a questo qui, basterebbe solo fargli presente che, sotto tutti i punti di vista (logico, morale, del diritto ecc.) viene sempre prima il rispetto della legge e dei diritti collettivi delle convinzioni personali, ma è noto che a quelli di Chiesa viene sempre l'orticaria non appena si sussurri di diritti collettivi.
Vale la pena di citare quanto si legge su zeroviolenza.it (22.2.2017) a tal proposito (il neretto è mio):
"Riconoscere nell’obiezione un diritto della coscienza che può essere
sempre rivendicato per sottrarsi agli obblighi imposti dalla legge,
senza una specifica norma che ne definisca le modalità e i limiti,
invero, varrebbe a legittimare il diritto indiscriminato
all’inosservanza della legge – seppure di coscienza. Ciò non può
essere accolto, né sul piano giuridico, perché l’ordinamento ha
esigenza di essere effettivo al punto che arriva ad autorizzare
l’obiezione proprio per venire incontro alle coscienze nella speranza di
evitare il sabotaggio delle norme moralmente controverse; né sul piano
politico, perché ciò sancirebbe una vittoria dell’individualismo sul
principio solidarista, assolutamente sconfessata dall’art. 2 Cost. in
quel mirabile disegno che individua nell’equilibrio tra diritti
inviolabili e doveri inderogabili la possibilità di realizzare un
progetto di sviluppo pieno della persona, nella libera sintesi tra
sociale e individuale."
Niente da aggiungere, mi pare.
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