Pure chi scrive, che di calcio non ci capisce niente né lo ha mai interessato, conosce Roberto Baggio, perché nel ventennio in cui ha giocato era impossibile anche per chi era totalmente a digiuno di calcio non sentire parlare di lui. Poi, certo, oggi come allora i giudizi sulle sue capacità di infilatore di palloni in rete erano, e sono, le più disparate, e grosso modo vanno da chi l'ha sempre considerato una mezza sòla a chi l'ha sempre considerato addirittura più grande di Pelè e Maradona. Chi scrive non si schiera né da una parte né dall'altra, non essendosi appunto mai interessato di calcio, e tuttavia non è così superficiale da non essersi accorto che dal lato umano è forse stato più "serio" di tanti altri ex campioni. Qui, l'aggettivo serio è da intendersi nel senso di apprezzamento, più che dell'attività calcistica, della gestione della vita da parte del calciatore una volta chiuso il sipario sul rutilante mondo del calcio.
Una buona parte di quelli che appendono le scarpe al chiodo, infatti, incapaci evidentemente di rinunciare a una vita fatta di visibilità mediatica fatta di stadi pieni, applausi e titoli sui giornali, cercano di perpetuare la propria immagine trasformandosi in fenomeni da baraccone su qualche isola dei famosi, oppure come tristi comparse negli altrettanto tristi pomeriggi televisivi della domenica, oppure ancora inventandosi il ruolo di commentatori sportivi ammazza-congiuntivi, per arrivare ai casi più patetici e grotteschi di chi fa a gara per essere immortalato su rotocalchi di infima categoria mentre sverna su qualche isola della Polinesia con la bellona di turno, bellona che ovviamente cambia con la stessa frequenza con cui Lady Gaga cambia le scarpe.
Roberto Baggio, il famoso Divin Codino, una volta chiuso col calcio si è invece ritirato a vita privata, senza concedere più niente a nessuno. Una vita schiva: non una comparsata in tv, non una dichiarazione, un'intervista, niente di niente, tanto che molti in tutto questo tempo si sono sicuramente chiesti cos'abbia fatto in questi anni. Fino ad oggi, giorno del suo mezzo secolo di vita, trascorso tra i terremotati di Amatrice. E qui non so, boh, la perplessità si fa strada poco a poco come quelle nebbioline che avanzano lentamente in certe mattine di certi autunni su certi campi. Per carità, l'avrà sicuramente fatto con la migliore delle intenzioni, senza secondi fini - d'altra parte quali secondi fini potrebbe mai avere? - ma quell'impressione, pure se lontana, pure se piccola, pure a tratti appena percettibile e appena intelligibile, insomma quell'impressione di perplessità si prova. Sarà probabilmente perché chi, come lo scrivente, comincia a essere relativamente in là con l'età, ha ormai raggiunto un livello piuttosto elevato di "incarognimento", generatosi in tutti gli anni in cui risme di squallidissimi personaggi hanno marciato su ogni tragedia d'Italia guidati solo dal lume dello sciacallaggio mediatico-politico - l'ultimo caso noto è quello del tipo che alla sera, dopo il pellegrinaggio strumentale tra la sofferenza e il dolore, si è presentato in uno studio televisivo con un paio di doposci ai piedi. Ecco perché, probabilmente, si vedono certe azioni, magari animate dalle migliori intenzioni, sotto la luce della perplessità.
Un giorno, chissà, agli squallidi personaggi di cui sopra magari chiederemo conto anche di questo.
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