Leggo su Repubblica la vicenda tragica e triste di Ali Farzat, vignettista e ostinato oppositore al regime siriano di Assad. Un commando lo ha pestato e gli ha spezzato le mani. Il gesto dello spezzare le mani non è semplicemente un gesto di gratuita ferocia fine a se stesso. E' un gesto che mira a distruggere psicologicamente, oltre che fisicamente.
I regimi hanno da sempre avuto, storicamente, una paura boia di tutto ciò che è arte, che è bellezza, che è espressione delle proprie idee attraverso una forma artistica, perché l'arte consente di entrare in contatto con la gente e di diffondere le proprie idee travalicando le censure che i regimi sono soliti attuare. Ecco il significato, terribile, dello spezzare le mani.
Questa vicenda mi ha colpito perché mi ha riportato alla mente una molto simile accaduta molti anni fa in Cile. In questo caso, la vittima di questo crudele trattamento si chiamava Vìctor Jara. Vìctor Jara è stato un musicista e un notissimo cantautore cileno, autore di bellissime ballate, alcune delle quali sono state riprese nel corso degli anni da molti artisti di primo piano a livello internazionale.
Jara fu ucciso, dopo cinque giorni di torture, il 16 settembre 1973, assieme ad altri oppositori politici, nello stadio di Santiago del Cile, trasformato in un immenso campo di concentramento a cielo aperto dopo il colpo di stato militare con cui Pinochet, cinque giorni prima, aveva preso il potere destituendo Salvador Allende, il presidente democraticamente eletto (Allende morirà il giorno stesso del golpe militare all'interno del palazzo presidenziale che stava tentando di difendere).
Jara era un musicista, un chitarrista, e anche nel suo caso le fratture alle dita che gli sono state inferte nei giorni delle torture avevano allora lo stesso significato che hanno oggi quelle ad Ali Farzat. E' per certi versi sconvolgente constatare come nonostante passino i decenni, certe brutture non passano purtroppo mai di moda.
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