Gli editoriali odierni di Feltri (ritornato al Giornale) e Belpietro (ancora su Libero), hanno un comune denominatore: quello di apostrofare neanche tanto velatamente come gonzi i 27.000.000 di elettori che hanno rifiutato il ritorno al nucleare di Berlusconi.
Feltri lo dice esplicitamente, affermando che i votanti sono stati "infinocchiati" da chi ha cavalcato la vicenda Fukushima. Belpietro la prende un po' più alla larga, parlando di risultato dettato più "dall'irrazionalità che dal ragionamento".
Ora, nessuno mette in dubbio che quello che è successo in Giappone abbia avuto un certo peso nel raggiungimento (e superamento) del quorum referendario, e nessuno mette in dubbio che molti elettori siano stati influenzati da quel disastro. Ma accanto a questi, ci sono elettori che si sono interessati al problema in modo più approfondito, documentandosi con l'aiuto di internet o ascoltando gli esperti.
Elettori che hanno messo la croce sul "sì" perché conoscono l'imponderabilità dei costi del nucleare (compresi quelli della futura dismissione delle centrali, di cui non parla mai nessuno), l'incognita del rapporto costi/benefici, il problema (tuttora insoluto) delle scorie, i rischi che si corrono a imbarcarsi in questo titanico progetto infrastrutturale in un paese in cui la corruzione la fa da padrona e in cui gli imprenditori guardano al massimo profitto col minimo investimento possibile.
Non è, quindi, cari Feltri e Belpietro, solo un problema di "paura". E non potete liquidare la questione semplicemente affermando che a causa della suddetta paura ci siamo fatti "infinocchiare". Anzi, molti di quelli che hanno votato "sì", compreso il sottoscritto, probabilmente pensano che quello della sicurezza sia paradossalmente il problema minore rispetto a tutti gli altri.
Insomma, se volete prendere per fesso qualcuno, liberissimi. Fate attenzione, però, che tra quei fessi non ci sia chi se ne accorge.
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