Mi ha fatto un certo effetto, questa mattina, leggere della tragica disavventura capitata allo sfortunato speleosub mantovano Mauro Campini. Il primo pensiero che mi viene in mente (e, penso, non solo a me) quando capitano cose di questo tipo, è che un pò se la sia cercata.
Tuttavia mi rendo conto che il mio è un giudizio dettato da chi vede la cosa dal di fuori, da chi non c'è dentro; so benissimo infatti che alle passioni non si comanda. Ognuno segue quello che ha dentro. C'è chi è appassionato di libri, chi di astronomia, chi di musica, e così via. E anche questa è una passione, al pari di altre. Tuttavia mi riesce sempre difficile comprendere (appunto perché non ci sono dentro) cosa spinge a dedicarsi a un hobby così pericoloso come la speleologia subacquea (la grotta dove è successa la disgrazia è questa), il free climbing, o cose di questo tipo.
Spesso, in queste circostanze, salta fuori il fatalismo, cose tipo "si vede che doveva succedere", "era destino" e simili. Boh, non so, di solito non credo al "destino", al "si vede che doveva succedere". Sono più portato a pensare che ognuno se lo costruisca da sé il proprio destino, con quello che fa, da come agisce. Però potrei anche sbagliarmi.
Aggiornamento 16,55
Cristina Freghieri (che ringrazio per avermi concesso di pubblicare la foto che vedete in alto) mi ha inviato un'e-mail attraverso la quale mi prega di precisare che la descrizione delle problematiche relative alle immersioni in grotta, riportate nella pagina del suo sito che ho linkato sopra, sono di carattere esclusivamente generale, e non hanno nessuna attinenza con la tragica vicenda di cui ho parlato nel mio articolo. A maggior ragione in questo momento, in cui ancora non sono note le cause che hanno provocato questa tragedia.
martedì 31 ottobre 2006
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