lunedì 19 febbraio 2024

Limitazioni e identificazioni

Magari dico una stupidaggine, ma credo che su questo punto Piantedosi abbia ragione: essere identificati non è di per sé una limitazione della libertà personale, altrimenti lo sarebbe anche il normale controllo dei documenti quando si viene fermati per strada. 

Si può (e si deve) invece discutere sulla valenza di quelle identificazioni, ossia sul loro scopo più o meno recondito. Qui, forse, materiale per dibattere ce n'è.

6 commenti:

  1. Quando ti ferma la polizia e ti chiede i documenti glieli dai. E non stai portando fiori a nessuno. Stai andando semplicemente per fatti tuoi.

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    1. Vero, ma secondo me tecnicamente non c'è differenza, è comunque sempre un'identificazione. La differenza, sempre secondo me, sta sull'ipotetico diverso significato delle due situazioni.

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  2. A me pure mi ha notato la DIGOS; più volte, durante il mio passato da manifestante contro la seconda guerra in Iraq e i vari governi B.
    Sicuramente mi hanno identificato. Ma vi assicuro che la cosa è finita lì. Non c'è mai stato nessun risvolto.
    Probabilmente il mio nome compare in qualche documento seppellito nei loro uffici e/o nel collegato database elettronico. Ma tendo a non dargli alcuna importanza.

    DIGOS e servizi vari devono fare il loro mestiere. Se un cittadino si espone in qualche maniera, penso sia giusto che raccolgano informazioni.
    Noi non sappiamo come si svolge il loro lavoro. Ma immagino che in caso di atti terroristici, rapimenti, disordini organizzati e reati vari, per loro avere raccolto in passato più materiale possibile può essere utile alla risoluzione dei casi.

    Quindi tenderei a non parlarne. E' un controllo di routine che è stato fatto, senza aver emesso accusa alcuna.

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    1. Concordo, Maurizio. Poi, certo, in alcuni casi può nascere il sospetto o l'idea che alcuni tipi di controlli abbiano una valenza, come dire... intimidatoria. Penso ad esempio all'identificazione immediata del signore che alla prima della Scala inneggiò all'antifascismo. Poi sicuramente non è così, ma l'idea viene.

      In ogni caso, tornando a ciò che ha detto Piantendosi, credo che in punta di diritto un'identificazione non sia una limitazione della libertà personale, la quale invece si realizza semmai in casi di fermi, di tradotta in caserma per essere ascoltati ecc.

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    2. Il signore alla Scala, in un momento ed in un luogo di quegli spessori, ha avuto a dir poco un comportamento anomalo. Forse ai limiti del reato di "disturbo a qualcosa che non so legalmente come possa essere identificato".

      Che vogliano registrare l'accaduto penso sia normale.

      Come sopra: a ognuno il suo mestiere. La DIGOS o le forze dell'ordine, poi, non emettono sentenze. Per quello ci sono altre figure.

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    3. Che io sappia, storicamente nei teatri intemperanze di vario tipo del pubblico ci sono sempre state, anche in corso di rappresentazioni di spettacoli. Penso a fischi, urla, rimostranze per la scarsa qualità degli spettacoli ecc., e non credo che queste cose abbiano mai configurato una qualche fattispecie di reato. A maggior ragione credo che neppure quella singola e isolata frase del signore alla Scala, al di là dell'anomalia, sia stata un qualcosa di così grave da provocare l'immediato intervento della Digos. Poi non so, eh, è solo una mia impressione.

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