domenica 21 marzo 2021

Valutazioni scolastiche (numeriche)

Leggo su Homo deus. Breve storia del futuro che il sistema di valutare gli studenti con precisi valori numerici è relativamente recente e nasce coi sistemi educativi di massa dell'età industriale. Fino ad allora, questo sistema di misurazione numerica del profitto scolastico (accostare i termini "profitto" e "scolastico" dà i brividi, se ci pensate) era sostanzialmente sconosciuto.

Scrive Yual Noah Harari (neretto mio): "Uno studente universitario ai tempi di Shakespeare lasciava Oxford con solo due possibili risultati: con laurea, o senza. Nessuno pensava di dare a uno studente un giudizio finale di 90 e a un altro 108. Sono stati i sistemi educativi di massa dell'età industriale a cominciare a usare questi parametri precisi su base uniforme. Dopo che le fabbriche e i ministeri hanno adottato sistemi di valutazione in termini numerici, le scuole si sono adeguate. Hanno cominciato a misurare il valore in base a questo o quel numero medio, mentre il valore del preside e degli insegnanti era stabilito secondo il valore complessivo della scuola. Una volta che i funzionari hanno adottato questa unità di misura la realtà ne è uscita trasformata.
In origine le scuole dovevano occuparsi principalmente di aprire la mente degli studenti e di educarli, e i giudizi erano un semplice strumento di misurazione dei risultati conseguiti. Ma in modo abbastanza naturale le scuole hanno cominciato a focalizzarsi sull'ottenimento di giudizi elevati."

Questo breve passo mi ha immediatamente riportato alla mente l'insistenza con cui Umberto Galimberti, nei suoi libri e nelle sue conferenze, insiste con un certo allarme sul fatto che la scuola, oggi, è impostata quasi esclusivamente su criteri di efficienza e produttività, esattamente come un'azienda o qualsiasi altro ramo della società, e la sua funzione è ormai limitata alla mera trasmissione di contenuti dall'insegnante all'allievo. La funzione educativa e quella di insegnare a pensare ("aprire la mente"), funzioni primarie in origine, sono sostanzialmente andate perdute. E i risultati della mancanza della seconda, mi pare siano oggi sotto gli occhi di tutti.

14 commenti:

Maurizio Antonelli ha detto...

Condivido in pieno la seconda parte. La scuola è diventata istruzione di troppi tecnicismi.

Una volta che ho ascoltato Umberto Galimberti dal vivo (lì parlava di computer ed informatica, ma penso si possa tranquillamente generalizzare), lui affermava che la scuola deve tornare ad insegnare a riflettere. Ripuntare sull'accaduto (storia) e su riflessioni logiche e culturali.

Il tecnicismo, poi, lo studente veramente interessato lo impara benissimo da sé.


Sulla prima parte, però, penso che oggi una quantificazione dello studio vada fatta. Per vari motivi: meritocrazia, futuri concorsi, ecc. ecc.

Ettore Fobo ha detto...

"Homo Deus" è un gran libro. Mi ha davvero aperto gli occhi sul futuro. Sulla scuola ho grandi perplessità. Consiglio il libro di Ivan Illich "Descolarizzare la società".

Andrea Sacchini ha detto...

Sì, una quantificazione dello studio magari va fatta, ma forse in maniera meno... "totalizzante". Ma io, che sono un profano, non esprimo giudizi in merito e mi limito ad ascoltare le opinioni di chi ne sa più di me.
Ho riportato il brano del libro perché mi ha colpito sapere che in passato l'ossessione per la misurazione maniacale del rendimento non era così accentuata come lo è oggi.

Andrea Sacchini ha detto...

Anche i due precedenti di Harari (Sapiens, da animali a dèi e 21 lezioni per il XXI secolo) sono eccezionali. Li ho trovati illuminanti.
Grazie per il consiglio del libro, proverò a cercarlo.

Franco Battaglia ha detto...

Adesso leggo e sento che non ci sono più voti, ma giudizi più o meno sensati, comunque non più numeri. D'altro canto, alla mia epoca, si teneva di più a sapere "la data precisa" di inizio della Rivoluzione Francese piuttosto del "perché" iniziò..

Andrea Sacchini ha detto...

Fino a sei/sette anni fa, quando le mie figlie facevano le superiori, c'erano ancora in i numeri. Non so se è cambiato qualcosa negli ultimi anni.

Andrea ha detto...

Quanto sarebbe utile una riforma della scuola, seria, anche coraggiosa. Io per esempio, che sono stato un liceale, valorizzerei molto di piu' i percorsi tecnici e professionali, con dei veri e propri percorsi duali e apprendistati sulla falsariga svizzera e tedesca. Tutti i genitori/studenti/insegnanti vogliono il Liceo perché lo si vede come una garanzia di una vita felice dal punto di vista professionale, personale e di ascesa sociale.... bah...

Andrea Sacchini ha detto...

Mah, non so. Io sono dell'idea che fino a 18 anni la scuola debba formare l'uomo, poi il "tecnico". Per non correre il rischio, semplificando brutalmente, di creare dei tecnici bravissimi ma pessimi uomini.

fulvio ha detto...

Ciao Andrea condivido il tuo pensiero che poi è il mio, il compito primario della scuola deve essere la formazione culturale e civica la manodopera competente verrà dopo.
Ciao fulvio

Andrea Sacchini ha detto...

Ciao Fulvio.

Sara ha detto...

E aver fatto tutti quei tipi di "liceo scientifico" senza latino, senza filosofia?! Che idiozia!

Maurizio Antonelli ha detto...

Infatti è incomprensibile. Le scuole tecniche già esistevano.

Massimo Dinelli ha detto...

Va be'... Si fa presto a dire insegnare a pensare e aprire la mente. Ma oggi siamo nell'era dell'istruzione di massa, in cui tutti vanno a scuola.
È perciò normale che si "quantifichi". Ai tempi di Shakespeare pochissimi avevano accesso all'istruzione ed inoltre coloro che proseguivano erano sicuramente capaci. Di cosa parliamo?!

Andrea Sacchini ha detto...

Non vedo il motivo per cui, pur essendo nell'era dell'istruzione di massa, la scuola debba abdicare alla funzione educativa e all'altra, altrettanto importante, di insegnare a pensare o di sviluppare senso critico.

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