lunedì 5 dicembre 2016
Il giorno dopo
Alla fine, almeno secondo la visione d'insieme di chi scrive, è andata come era giusto che andasse, nonostante pure da queste parti l'epilogo che ha avuto il referendum costituzionale non sia mai stato dato per certo, anzi. Come è già stato da più parti evidenziato, Matteo Renzi può incolpare di questa disfatta solo se stesso, nessun altro. Ha voluto tutto, ha perso tutto. Avrebbe potuto accontentarsi di essere un Presidente del Consiglio alla guida un governo per una legislatura, ma, sotto i fumi dell'euforia generati da quel 40% preso alle europee del 2014, ha voluto strafare, andandosi a imbarcare in una revisione della Costituzione che nessuno voleva né gli ha mai chiesto. Una revisione costituzionale sbagliata nel metodo e nel merito, come in queste pagine si è a più riprese evidenziato. La prudenza, come è noto, non è mai stata la qualità per la quale sarà ricordato, se sarà ricordato, perché sarebbe bastato che ne avesse utilizzata anche solo una piccola parte per riuscire a interpretare certi segnali già più che palesi quando il progetto era appena in nuce, e pure prima. Sarebbe bastato che avesse dato retta a tutte le rilevazioni demoscopiche che racchiudevano in una piccolissima percentuale degli interpellati chi intendesse come urgente e non più rinviabile una revisione della Costituzione, mentre la stragrande maggioranza indicava come molto più urgenti la lotta alla precarietà, alla crisi economica, e poi il lavoro, i diritti e tutto quanto il resto.
L'errore più grande che Renzi abbia fatto, come gli hanno più volte rinfacciato sia Napolitano che Mattarella, e come del resto ha alla fine ammesso l'interessato, è stata la personalizzazione di questa revisione costituzionale, il subordinare la sua permanenza in politica all'esito di una massiccia e pericolosa riforma della Carta, riforma che niente dovrebbe avere a che fare con le beghe contingenti del governo di turno. Non è affatto scontato che se Renzi si fosse avventurato in questo progetto con un atteggiamento più umile e più improntato alla prudenza, alla ponderatezza e alla cautela non sarebbe riuscito a portarlo in porto. Ma così non è stato. La prudenza, come detto, è stato accantonata in favore dell'impulsività tipica di chi piazza tutta la posta in palio su un numero alla roulette.
E quel numero non è uscito.
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Ciao, Andrea.
RispondiEliminaConcordo. Renzi è stato vittima della propria tracotanza. D'altra parte, ha sempre avuto un fastidioso atteggiamento da bullo: basta guardare tutte le smorfie che fa col volto, i suoi gesti, il modo di camminare, ecc. Insomma, sembra un bullo delle scuole medie. Solo che anche un bullo arrogante, quando esagera, può trovare qualcuno che, ormai esasperato, gli dà una bella randellata sulla testa.
L'ottimismo, l'attivismo perenne, l'entusiasmo, l'atteggiamento guascone possono eventualmente premiare se la situazione economica è buona; ma quando le cose vanno male, quando le favole che vengono raccontate non trovano riscontro nella realtà, se ne pagano le conseguenze. E Renzi le ha pagate.
Sono d'accordo. Credo anche che, tra le altre cose, la gente ne abbia abbastanza di più o meno autoproclamati salvatori della patria, di uomini della provvidenza. C'è da sperare, quindi, che il suo successore, chiunque sia, faccia tesoro di questa lezione.
RispondiEliminaCiao, Romina ;)