martedì 2 gennaio 2007

I blog visti (male) dal Corriere

Che i blog non fossero visti di buon occhio dalla stampa cosiddetta "ufficiale" era cosa già nota (una personale interpretazione di questo fenomeno la diede a suo tempo Massimo Mantellini in questo articolo pubblicato sul suo blog). Una ulteriore conferma ce la dà il Corriere della Sera in questo articolo - pubblicato il 30 dicembre 2006 anche sulla prima pagina della versione cartacea - intitolato "I blog, Bush e i complottisti: ecco tutto il peggio del 2006".

L'articolo in questione è in pratica un lungo elenco di quelli che secondo l'autore, tale Lévy Bernard Henri, sono stati i fatti più rilevanti accaduti nel 2006. "E' stato l'anno che questo", "è stato l'anno che quello" e così via, a elencare aneddoti, situazioni e fatti del 2006.

Siccome però, leggendo il titolo, tra le cose peggiori il giornalista mette anche i blog, scorro velocemente il testo alla ricerca del paragrafo che ne parla, così, giusto per capire le motivazioni che l'hanno portato a elaborare questa affermazione; e anche perché, capirete, un pò mi sento tirato in causa. Eccolo, lo riporto pari pari:

[...] È stato l' anno in cui si è confermato che la vera disinformazione non è più nella mancanza, o nella scarsa informazione, e nemmeno nella censura ma, al contrario, nell' inondazione, nel flusso ininterrotto di notizie e commenti, nello tsunami di reti televisive, di schermi, di nuovi supporti, di blog. È stato l' anno dei blog, appunto. Cioè di un planetario guardarsi l' ombelico. È stato l' anno in cui si è capito che i giornali potevano sparire perché tutti erano giornalisti, ciascuno aveva il suo punto di vista, e tutti i punti di vista avevano egual valore. [...]

Ecco qua. Vediamo quindi di analizzare un pò in dettaglio quello che dice l'illustre giornalista (sempre che io, povero blogger di quarta categoria ne sia in grado). Secondo lui, se ho capito bene il senso delle prime due righe, la vera disinformazione non sta né nella mancanza di informazione, né nella sua scarsità; e nemmeno nella censura. Interessante concetto questo: significherebbe quindi (sempre se non ho capito male, si intende) che dovremmo prendere come una benedizione una eventuale scarsità di notizie se non addirittura una totale mancanza.

Non so se avete presente il film Good Morning Vietnam, quello con Robin Williams nei panni di un "sovversivo" dj radiofonico che aveva il compito di intrattenere le truppe americane di stanza in zona durante le operazioni militari. Se ricordate, le notizie diffuse dalla stazione radio americana locale, prima di essere annunciate dovevano essere verificate e approvate dai responsabili militari della stazione radio, e venivano diffuse solo quelle "belle" che potevano avere un effetto rassicurante sulle truppe. Erano quindi accuratamente cestinate quelle riguardanti bombardamenti, attentati dinamitardi ai danni dell'esercito americano e via di questo passo. Veniva insomma reclamizzato un (falso) clima rassicurante per tenere alto il morale delle truppe e per nascondere quale era la reale situazione esistente.

Secondo il nostro autore, quindi, questa (che non si può chiamare in altro modo se non censura bella e buona) non sarebbe la vera disinformazione, no: la vera disinformazione sarebbe quella che lui definisce un 'surplus' di informazioni, troppe notizie. Sarebbe interessante chiedere in proposito un parere a chi tuttora in certi paesi si trova in galera per aver scritto quello che pensava su un blog o su un giornale. Insomma, mi sembra normale che l'esponenziale crescita del fenomeno blog abbia come conseguenza inevitabile un fiume in piena di informazioni a volte ripetute e difficilmente arginabili, e d'altra parte non si può pretendere che ognuno ogni giorno esca con una notizia originale. Le cose che circolano sono più o meno quelle, che vengono riprese e diffuse dal passa parola in rete; quello che semmai ciascuno ci mette di suo è l'interpretazione personale del fatto e il modo in cui lo espone.

[...] "E' stato l'anno in cui si è capito che i giornali potevano sparire perché tutti erano giornalisti, ciascuno aveva il suo punto di vista, e tutti i punti di vista avevano egual valore". [...]

Questa affermazione, velata da una sottile ironia, rappresenta un'eventualità che se si verificasse non sarebbe sicuramente deleteria. Certo, ai giornalisti professionisti, con tanto di iscrizione all'Albo, capisco che un pò possa scocciare che arrivi uno che in 5 minuti attiva un blog in cui pubblicare articoli spesso e volentieri più pregevoli dei loro, oppure che possa utilizzare la rete per mettere in condivisione i propri pensieri e le proprie idee senza dover sottostare a filtri imposti da editori e direttori, oppure - ancora - scrivere e pubblicare i propri libri online senza il bisogno di andare a mendicare un accordo di distribuzione da un editore. Sono effettivamente cose, capisco, che danno fastidio a chi vede nella libera espressione in rete una sorta di minaccia.

Quindi, per concludere, non so se l'esplosione del fenomeno blog sia una delle cose peggiori capitate nel 2006. Io vedo il tutto come un'ottima opportunità, che se da un lato non dà sicuramente significative soddisfazioni economiche, dall'altro ne dà sicuramente moltissime sul piano della soddisfazione personale.

Ma questo ho paura che Lévy Bernard Henri, mi perdonerà, non potrà mai capirlo.

6 commenti:

  1. tu scherzi, ma uno dei migliori sistemi di disinformatsija consiste nel moltiplicare le "notizie" in modo che nessuno riesca più a distinguere quelle vere dalle false.
    Un quotidiano fonda la sua autorevolezza sul fatto che chi lo legge si fida di chi ci scrive su, esattamente come un blog. La piccola differenza è che tu hai cento quotidiani e centomila blog, e non puoi certo leggerli tutti e centomila per selezionare i cento che valgono.

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  2. Mah,

    se fossi stato in te non avrei commentato l'articolo del Corriere. Fai troppa pubblicita' a gente che non merita il tuo tempo.
    Per l'autore dell'articolo del corriere forse i veri giornalisti sono quelli tipo il famoso
    Panerai
    che scrivono str****te e fanno pubblicita' occulta.

    Altro che 2007 nato sotto buoni auspici. Qui non e' cambiato un c***o.

    Ciao

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  3. Concordo. E infatti sono convinto che, col passare del tempo, chi avrà preso seriamente e con passione questa cosa e riescirà a costruirsi una qualche "fama" di autorevolezza e fiducia, riuscirà in qualche modo ad "emergere" (se così si può dire), gli altri lasceranno più o meno il tempo che trovano.

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  4. Provo questo giochino, immagino un romanzo od un saggio da cui si possa leggere un estratto con queste parole:

    "Erano giornalisti: ciascuno aveva il suo punto di vista, e tutti i punti di vista avevano egual valore"

    L'unica licenza poetica che mi sono concesso è stata quella di trasformare la prima e in una maiuscola ( e sotituire una virgola con due punti), ed il periodo è di senso pienamente compiuto (ed anche ben scritto direi). Come dire, c'è chi guarda la pagliuzza...

    I giornaisti d'assalto e d'inchiesta, quelli che operano "sul campo", in Italia quasi non esistono più: per la gran parte i giornalisti nostrani leggono i dispacci d'agenzia e poi li commentano, poco più e poco meno di quello che fanno gratuitamente (e concordo a volte anche meglio) molti blogghisti.

    Anzi, oso di più: è proprio la facilità del lavoro del giornalista d'oggi che consente ad ogni blogghista di apparire anch'egli un giornalista decente. E forse questa consapevolezza rende nervosi tanti professisonisti iscritti all'Albo. Colpa loro peraltro, non nostra.

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  5. > "...I giornaisti d'assalto e d'inchiesta, quelli che operano "sul campo", in Italia quasi non esistono più..."

    Beh, se per 'giornalisti d'assalto' intendi i rompiscatole che stanno addosso al vip di turno per rubargli uno scatto che andrà a finire su novella 2000, direi che di quelli possiamo fare anche a meno. Il discorso cambia invece per i giornalisti d'inchieste scomode, tipo la Gabanelli di Report, per esempio. Ce ne fossero di quelli, il mondo sarebbe senz'altro migliore.

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  6. In effetti intendevo quelli che vanno a caccia sul campo di notizie vere (quelle alla Novella 2000 non le calcolo), ce ne sono un paio giusto a Repubblica, non ne conosco molti. Di quelli alla Watergate del WP per intenderci; beh, non necessariamente di quella portata ma almeno nello stesso stile. Oppure "'d'assalto" in senso politico, che facessero domande vere e pretendessero con forza delle risposte vere a quelle domande, quale che sia il colore del politico di turno, senza compiacenza.

    Non voglio generalizzare, ci sono certamennte bravissimi giornalisti, ma ce ne sono tanti, tanti e forse troppi che fanno di fatto gli editorialisti, ed alcuni nemmeno sono tanto bravi. Invece la parte insostituibile del giornalismo, quella della ricerca e della verifica delle fonti, resterà insostituibile blog o non blog.

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