È nel pieno diritto dei salesiani negare l'utilizzo del Teatro Grande Valdocco di Torino a Luciano Canfora, Alessandro Barbero, Angelo D'Orsi, Elena Basile e altri relatori per l'evento intitolato "Democrazia in tempo di guerra. Disciplinare la cultura e la scienza, censurare l’informazione". Certo, farlo all'improvviso, a pochissimi giorni dall'evento dopo settimane di preparazione, autorizza più di una perplessità, ma tant'è.
Quello che però avrei evitato sono le un po' ridicole e vuote circonlocuzioni retoriche con cui giustificare la repentina cancellazione, cose tipo: "Il teatro deve essere utilizzato in coerenza con la vocazione formativa, educativa e pastorale propria dell’istituto" (?). E ancora: "Il teatro è inserito in un contesto educativo la cui tradizione pone al centro la crescita integrale dei giovani, la promozione di ambienti sereni e accoglienti e la valorizzazione di percorsi culturali fondati sull’incontro diretto, sul dialogo personale e sulla responsabilità educativa" (?).
Ecco, senza nascondersi dietro pretestuose e fumose perifrasi, i salesiani avrebbero fatto più bella figura a dire: "Guardate, i personaggi in questione sono inquadrati e schedati nell'immaginario collettivo come intellettuali filo-russi e noi con loro non vogliamo avere niente a che fare".
Avrebbero messo in chiaro subito le cose, sgomberato il campo da illazioni sui reali motivi dell'improvvisa e unilaterale cancellazione dell'evento, e soprattutto ci avrebbero fatto più bella figura.
Infatti, oltre a considerare l'inurbanità legata al (mancato) tempismo, nel leggere le loro contorte e risibili motivazioni mi sono immediatamente chiesta se si rendevano conto fino a che punto si rendevano ridicoli.
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