giovedì 24 luglio 2025

Muhammad

Ieri il quotidiano inglese Daily Express ha pubblicato questa foto. Non è un'immagine generata con l'intelligenza artificiale, è semmai un'immagine generata dalla cattiveria e dalla spietatezza degli esseri umani. L'autore dell'articolo a corredo di questa immagine (e altre) si chiama Giles Sheldrick. Il bambino scheletrico nell'immagine si chiama Muhammad Zakariya Ayyoub al-Matouq, pesa sei chili (come un bambino di tre mesi) mentre prima del blocco delle forniture alimentari delle organizzazioni umanitarie voluto da Netanyahu ne pesava nove. Vive (si fa per dire) in una tenda assieme a sua madre. È un bambino di Gaza che sta morendo di fame. I dati sui bambini nella stessa situazione di Muhammad parlano di circa 900.000 piccoli, 70.000 dei quali in gravissimo stato di denutrizione, al punto che se anche si ricominciasse a nutrirli la loro sorte sarebbe comunque segnata.

Dopo i bombardamenti di case, quartieri, ospedali, scuole, università, campi profughi, l'ultima arma usata da Netanyahu per sterminare i palestinesi è la fame. 

Tutto questo mentre la donna/madre/cristiana tace, Salvini riceve il premio Italia-Israele per le sue "posizioni coraggiose" e Tajani afferma, senza alcuna vergogna, che nei confronti di Israele più che mandare una lettera di protesta non si può fare. Blocco delle armi? Sanzioni? Interruzione dei rapporti? Queste cose non si possono fare? Nei confronti di Netanyahu, evidentemente no.

6 commenti:

  1. Finché noi (Italia) saremo colonia americana, non potremo mai decidere e fare qualcosa di concretamente positivo per i palestinesi. Non abbiamo sovranità.
    Ciao Andrea

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    1. Dovremmo avere uno scatto di orgoglio e mettere l'umanità davanti alle convenienze politiche, ma non credo avremo mai la capacità di farlo.
      Ciao, Anna Maria.

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  2. Questa foto dovrebbe spezzare il cuore a chiunque abbia ancora un briciolo di umanità, e invece resta lì, inchiodata tra l’indifferenza dei benpensanti e il silenzio complice delle istituzioni. Muhammad non è una statistica. Non è un errore della Storia. È un bambino di sei chili, e l’unico crimine che ha commesso è nascere nel posto sbagliato, sotto il cielo sbagliato, nel tempo sbagliato.
    Ma diciamolo con onestà: è da almeno vent’anni che vediamo foto di bambini denutriti. In Etiopia, in Sudan, in Somalia, in Yemen. Bambini con la testa troppo grande per il corpo, le costole in fila come una gabbia vuota, lo sguardo perso nel nulla. Lo scheletro con gli occhi gonfi, la pelle incollata alle ossa, la madre curva accanto, che non piange nemmeno più. Eppure nulla è cambiato. Le mostriamo, queste immagini, le commentiamo, poi giriamo pagina. Ogni volta ci ripetiamo: “Mai più”. Ma poi, è sempre di nuovo.
    Ricordiamo Alan Kurdi, tre anni, la maglietta rossa e il pantaloncino blu, faccia nella sabbia. Ricordiamo Omran Daqneesh, coperto di sangue e polvere, seduto su una sedia d’ambulanza ad Aleppo, che non piange. Ricordiamo la carestia in Biafra, negli anni ’60, quando il mondo iniziò per la prima volta a vedere la fame in faccia: quei bambini sembravano sopravvissuti a un campo di concentramento, e invece stavano solo morendo sotto il nostro sguardo. Ricordiamo i neonati lasciati a morire nelle incubatrici a Baghdad nel 1991, le sanzioni ONU che tagliarono le medicine e uccisero migliaia di bambini iracheni “per necessità geopolitica”. E andiamo ancora indietro: nel Ghetto di Varsavia i bambini passavano cibo di contrabbando tra le fessure dei muri, mentre fuori la città viveva, mangiava, festeggiava. A Phnom Penh i Khmer Rossi facevano saltare in aria le scuole con i bambini dentro. In Argentina, durante la dittatura, i neonati delle donne torturate venivano strappati via e dati ai carnefici. In Ruanda, nel ’94, i machete non risparmiavano nemmeno i neonati. Che cosa ci ha insegnato tutto questo?
    Nulla.
    Perché oggi, nel 2025, stiamo ancora qui a guardare morire di fame un bambino come Muhammad. Non nel passato, non in un documentario, ma adesso. Mentre scrolliamo sul telefono. Mentre beviamo il caffè. Mentre i nostri ministri ricevono premi da chi impone l’assedio alimentare.
    Non è solo la fame l’arma finale. È l’anestesia morale. È quella frase sussurrata in un salotto borghese: “Eh, ma il contesto è complesso”.
    No, il contesto non è complesso. È vigliacco. È il frutto marcio di chi misura la dignità umana in base alla geografia o alla religione.
    Chi tace, acconsente. Chi riceve premi da chi affama bambini è complice. Chi crede che non ci riguardi ha già venduto la propria anima per un po’ di quiete interiore.
    A Muhammad non serve la nostra pietà. Serve la nostra voce, la nostra rabbia, il nostro coraggio.
    E se non possiamo salvare lui, almeno salviamo la nostra capacità di vergognarci.
    Perché senza quella, non ci resta più niente.
    L’umanità muore prima nei cuori, poi nei corpi.

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  3. Sono stanco, Andrea.
    Stanco di indignarmi, stanco di vedere, stanco di non poter fare nulla.
    Sto morendo anch’io, lentamente, con Muhammad e con tutti gli altri bambini di cui nessuno parla più dopo che la foto passa di moda. Ogni volta che vedo questi occhi scavati, queste madri che non hanno più lacrime, sento che si spezza qualcosa dentro di me che non si ricompone più.
    Non è solo rabbia. È stanchezza dell’anima. È quella sensazione di vivere in un mondo dove il dolore dei più deboli non vale nulla. Dove l’infanzia può essere usata come carne da fame, come punizione strategica. Non riesco più a leggere questi articoli senza vergognarmi di far parte della stessa specie.
    Non riesco più a guardare mio figlio senza pensare che altrove c’è un padre che non può nemmeno dargli un pezzo di pane. Non è più questione di politica, né di religione, né di geopolitica. È questione di umanità.
    Che ci sta lasciando uno a uno, in silenzio.
    E io, lo sento, sto morendo con loro.

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    1. Anche io sono stanco, Andrea, e ogni volta che scrivo post come questo (sul genocidio a Gaza ci scrivo da due anni) mi chiedo che senso abbia continuare a farlo, visto che non serve a niente e un post su un blog non ha il potere di cambiare alcunché. Forse dovrei smettere e scrivere solo di libri, musica e racconti delle mie camminate in montagna, magari avrebbe più senso.

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    2. Insieme a te, caro Andrea, anch'io posso chiedermi che utilità abbia continuare a scriverne. Ciononostante, tanto i tuoi post quanto i commenti dell'altro Andrea per me restano preziosi, e di essi vi ringrazio.
      Buona giornata, buon week-end.

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