venerdì 28 febbraio 2025

Truppe in avanscoperta

[...] "Entrò nella tuga e rimase in contemplazione del porto. Il vantaggio di un peschereccio nei confronti di una normale barca a vela o a motore era l'altezza, tale da consentirgli di vedere il mare oltre i frangiflutti anche dalla plancia. Per un collezionista di albe era fondamentale. Ma stava lì anche quando gli girava e rigirava in mente qualche verso o espressione, o anche solo quando aveva bisogno di rivolgere lo sguardo all'esterno, la maledizione dei poeti.
Con il passare delle ore dall'alba, il cielo a sud-ovest aveva assunto una tonalità grigio scuro. Era la bassa pressione annunciata che mandava le sue truppe in avanscoperta per saggiare la volontà di difesa dell'anticiclone. Ancora un'ora o due e sarebbe cominciato a piovere, mentre il vento sarebbe girato a sud-ovest." [...]

L'immagine della bassa pressione che manda le sue truppe in avanscoperta, una figura retorica chiamata personificazione (grazie, Luz), mi è piaciuta talmente che ho pensato di fermarla qui. 

Ah, sto leggendo I poeti morti non scrivono gialli, di Björn Larsson.

Verso la fine della fase di accumulo

Da qualche tempo ho cominciato a comprare meno libri e a prenderne di più in prestito in biblioteca. Una tendenza lenta ma progressiva nel tempo. Oggi la quasi totalità delle decine di libri che leggo annualmente viene dalla biblioteca. Ignoro i motivi di questo cambiamento. Ipotizzo che il principale sia, banalmente, che in casa non ho più posto. La libreria della sala trabocca da tempo per i libri accumulati nel corso degli anni, mentre pile più o meno stabili sono posizionate in altri posti della casa: tavoli, ripiani, sedie. Se continuassi a portare altri libri a casa non saprei più dove metterli.

Un altro motivo che mi ha spinto a imboccare la strada del prestito bibliotecario è che nella mia zona ci sono parecchi paesi e paesini e ognuno di questi ha una biblioteca. Quando cerco un libro che mi interessa è perciò estremamente difficile che non sia presente in almeno una di queste. Quindi sì, è finito il tempo dell'accumulo ed è iniziato quello del prendi e restituisci. 

A soffrirne è soprattutto la psicologia dell'accumulo, dal momento che riporre in qualche ordine i libri nella propria libreria, averli sempre sottomano per rileggere magari certi passaggi, certe sottolineature, è un esercizio benefico a livello psicologico, ma pazienza, a qualcosa nella vita bisogna saper rinunciare, specie quando non si può fare diversamente. Potrei aggirare il problema della mancanza di spazio coi libri elettronici o gli audiolibri, ma no, grazie, per me il libro è solo quello di cui senti il profumo della carta stampata e il suono del fruscio delle pagine che vengono girate.

giovedì 27 febbraio 2025

Il Trump che è in me

A me non disturba tanto il video osceno di Trump su Gaza, dal momento che Trump ormai lo conosciamo - è un uomo che ha fatto del cinismo e della subordinazione dell'essere umano al mercato i due pilastri su cui fondare l'esistenza. A me sorprendono e disturbano i tanti che in quel video non vedono niente di male. 

Sto pensando ai vari Toti, Sechi, Salvini. Quest'ultimo, ad esempio, appena una settimana fa diceva che per l'idea di deportare tutti i palestinesi e trasformare Gaza in un polo turistico il presidente americano meriterebbe il Nobel per la pace. Questi politici e questi giornalisti hanno un seguito che probabilmente, anzi sicuramente, pensa a sua volta che in quel video non ci sia niente di male. Questo è ciò che deve inquietare. 

Parafrasando il grande Giorgio Gaber: "A me non spaventa Trump in sé, spaventa il Trump che è in me."

domenica 23 febbraio 2025

L'inverno di Bird


Finito. Interessante e profondo. Non gli davo granché quando sono partito - le spystory non sono mai state il mio genere preferito -. Invece Louise Doughty è riuscita a imbastire una storia molto interessante, a tratti velata di malinconia, costruendo personaggi credibili e dotati di una loro profondità, umanità e complessità. 

Sono rimasto piacevolmente sorpreso e le pagine sono praticamente volate. Una bella scoperta, questa autrice.

sabato 22 febbraio 2025

La terribile minaccia (inesistente)

Diceva ieri Macron che per difenderci dalla futura minaccia russa una volta raggiunto un cessate il fuoco l'Ue dovrà investire nell'imminente futuro 250 miliardi di euro l'anno per i prossimi 5-10 anni e organizzarsi per dispiegare 300mila soldati in più. Tutto questo per garantirsi l'autosufficienza difensiva dopo la fine del supporto americano annunciata da Trump. La storia della terribile minaccia russa che incomberebbe alle nostre porte ci viene somministrata con una certa regolarità fin dall'inizio della guerra, quando qualcuno evidentemente in preda ai fumi dell'alcol ipotizzava che le mire espansionistiche di Putin sarebbero potute arrivare fino a Lisbona.

Tutto questo nonostante lo stesso presidente russo abbia più volte ammesso di non avere il potenziale militare per poter fare una cosa simile e nonostante lo stesso ex segretario generale della Nato Stoltenberg abbia più volte dichiarato di non vedere "alcun pericolo di un attacco imminente contro qualsiasi alleato Nato [...] Questa idea che ci sia una sorta di conto alla rovescia verso la prossima guerra è sbagliata." 

Si può ipotizzare che la bufala della minaccia russa sia effettivamente una bufala anche da alcuni dati oggettivi: in tre anni di guerra la temibile Russia che dovrebbe nel prossimo futuro arrivare a Lisbona non è riuscita neppure a prendersi l'intero Donbass, mentre il territorio ucraino conquistato non arriva al 20% del totale. In più, la Russia è un paese che ha un Pil equivalente a quello della Corea del sud, che investe in armamenti un decimo di quanto investe la Nato e che ha una popolazione totale che è poco più del doppio di quella italiana e meno di un quarto della popolazione europea, mentre l'intero Paese versa attualmente in una crisi demografica spaventosa. Tutto ciò su un territorio che è per estensione il più grande del pianeta e che possiede infinite quantità di materie prime. 

Ecco, secondo Macron (e altri) un Paese del genere avrebbe qualche interesse nel prossimo futuro a occupare l'Europa, quando invece mi sembra molto più plausibile che quella della Russia sia una guerra esistenziale combattuta in chiave di difesa dall'espansionismo della Nato. 

Quindi, ricapitolando, nei prossimi anni l'Europa (Italia compresa) dovrà investire un fiume di miliardi di euro nella difesa da una minaccia che definire irrealistica è già stare larghi. Soldi che, ovviamente, verranno tolti al sociale (sanità, istruzione, lavoro ecc.), come documentava già il Rapporto Arming Europe di un anno fa, in cui si legge:

L’aumento della spesa militare da parte dei Paesi europei non è in alcun modo “coperto” dalla crescita economica, ma, avvertono gli autori, è in netto contrasto con l’economia europea caratterizzata da stagnazione e spinte inflattive. In poche parole, il rapporto Arming Europe evidenzia che la corsa agli armamenti dell’Europa non è giustificata sulla base di esigenze di sicurezza, ma potrebbe destabilizzare ulteriormente l’ordine internazionale. L’aumento della spesa militare è avvenuto, infatti, tagliando voci di spesa pubblica necessarie non solo allo sviluppo della società e del benessere, ma fondamentali anche per la sicurezza. Più precisamente nell’ultimo decennio nei Paesi europei che aderiscono alla NATO la spesa pubblica è aumentata del 20%, a fronte di un aumento della spesa militare del 46%: più del doppio. E questo a scapito dell’istruzione, i cui fondi sono aumentati solo del 12%; della protezione ambientale, il cui aumento si arresta al 10%, e della sanità, per la quale in dieci anni ci si aspetterebbe un aumento maggiore del 34%.

A questo punto, forse è un po' più chiaro da dove potrebbe arrivare la vera minaccia per l'Europa.

venerdì 21 febbraio 2025

Dopo 30 anni


Mi chiedo come sia possibile che dopo trent'anni dall'infausto avvento del berlusconismo ancora la destra riproponga ossessivamente la bufala dei giudici di sinistra. Soprattutto è sconfortante il fatto che abbia ancora largo credito, che tanti ci credano, cioè siano realmente convinti che certi giudici (non quelli che assolvono Salvini, ovviamente, ché quelli sono bravi) emettono sentenze non in base alle risultanze processuali e alla legge ma in base a contrapposizioni politiche. Per rendersene conto basta leggere ciò che scrive la gente comune sui social.

Qui entrano in gioco, credo, almeno due fattori: il generalizzato analfabetismo giuridico e il fatto che il funzionamento della giustizia è basato su meccanismi difficili, complessi, di cui le persone comuni non hanno contezza e non conoscono. Ed è giusto che non li conoscano, allo stesso modo in cui non tutti possono avere competenze di fisica, di economia, di virologia, di agronomia o quello che volete voi. 

Ieri Gianrico Carofiglio ha spiegato la vicenda di Delmastro dal punto di vista tecnico-giuridico e i motivi per cui è stato condannato, ed è comprensibile che questi tecnicismi alla gente non importino e preferiscano la spiegazione più gratificante dei giudici comunisti. È più semplice, più immediata, e soprattutto evita di mettere in gioco la propria comfort zone ideologica che protegge dall'ansia, esorcizza le paure e lenisce la fatica di documentarsi e cercare di capire.

Ma una democrazia senza cultura, come argomenta Carofiglio nel suo intervento, è una democrazia monca, di pessima o nulla qualità. Anzi, non è neppure una democrazia.

giovedì 20 febbraio 2025

Bird of sorrow

Ieri sera, mentre guardavo una puntata di Tin Star, in una scena particolarmente drammatica e dolorosa è comparsa una canzone che non avevo mai sentito ma che mi ha colpito per la sua intensità. Ho fatto una ricerca in tempo reale con Google e l'ho trovata: Bird of sorrow, di Glen Hansard.

Capita spesso che le serie tv inseriscano nelle loro colonne sonore piccoli gioielli generalmente poco conosciuti. Questo è uno di quei gioielli, che oggi ho già riascoltato più volte. Il testo di questa canzone è molto poetico e struggente e la musica, pur nella sua semplicità, molto evocativa.

Tin Star è una serie tv drammatica che ha come protagonista Tim Roth. Anni fa guardai un'altra serie tv sempre con lui protagonista: Lie to me. Splendida. Questa, rispetto a Lie to me, è un po' più sotto tono, ma merita. Anche per questi piccoli gioielli inseriti nella colonna sonora.

Meccanismi che si ripetono

Sembra di essere tornati ai tempi del covid e delle sue contrapposizioni manichee: sivax vs novax, sì restrizioni vs no restrizioni, sì obbligo vaccinale vs no obbligo vaccinale e via andare. Ognuno granitico sulle proprie convinzioni, ugnuno a rifuggire come la peste la possibilità che un qualche piccolo spicchio di ragione potesse averla anche la controparte. Poi magari non ce l'aveva, eh, ma a livello metodologico rifiutare anche solo l'idea di pensarci almeno su, ragionarci. Niente, muro contro muro. 

Ho preso il tema covid così a caso, ma avrei potuto portare come esempio qualsiasi oggetto del pubblico dibattito nel nostro paese: dall'autonomia differenziata a Sanremo, dalle foibe al ponte sullo stretto ecc.

Sulla vicenda ucraina stesso identico copione. Tutti convinti che la propria idea è quella valida. Non si discute. Chi oggi rimane alfiere dell'idea che tre anni fa sarebbe stato meglio fare ogni sforzo in senso negoziale non concede niente agli alfieri della soluzione belligerante, il rifiuto di pensare che un piccolo spicchio di ragione potevano averla anche i sostenitori della difesa militare sul campo è totale. Stesso discorso a parti inverse. Chi oggi rimane sostenitore della difesa armata dell'Ucraina dall'aggressore russo non concede e non ha mai concesso niente all'idea che forse chi si è battuto fin dall'inizio per una soluzione diplomatica qualche piccolo spicchio di ragione poteva anche averla. Niente da fare, muro contro muro, anche se oggi a me sembra che chi sosteneva questa soluzione non avesse tutti i torti.

C'è poco da fare, siamo fatti così, la nostra visione del mondo è quella giusta e quell'altra e sbagliata. E mi ci metto anch'io, intendiamoci, non è che io sia diverso, anche perché fondamentalmente noi esseri umani a pulsioni di base siamo fatti tutti allo stesso modo. Quindi nessuno ha dubbi, incertezze, ma solo certezze, probabilmente anche perché la certezza è rassicurante, ripara e protegge dalle vulnerabilità. Il dubbio invece uccide.

mercoledì 19 febbraio 2025

Le guerre per la lingua


Terminato ora. Un saggio interessantissimo sul linguaggio, la sua struttura, la sua morfologia, le valenze semantiche e il modo in cui si modifica continuamente nel tempo. Il libro apre con una breve ma densa panoramica sull'origine della nostra lingua e anche di altre per poi avventurarsi su alcuni aspetti di cui molto si dibatte negli ultimi tempi.

Uno riguardo il progressivo aumento di termini inglesi all'interno della lingua italiana, fenomeno che nel corso degli ultimi tempi ha dato il via a numerose crociate ideologiche a supporto della purezza dell'italiano, dimenticando o ignorando che il concetto di purezza applicato a una lingua fa ridere. Contrariamente a quanto mi aspettavo, l'autore non ha alcuna pregiudiziale riguardo a questo tema, e con argomentazioni solide e di buon senso ne difende la presenza e l'utilizzo, adducendo tra le tante la motivazione che la lingua non è qualcosa di statico, di granitico, ma cambia e si evolve anche grazie all'acquisizione di lemmi stranieri, alcuni dei quali vengono poi "italianizzati" e inseriti nei nostri vocabolari. In generale, tutte le lingue, inglese compreso, acquisiscono continuamente termini stranieri che poi vengono fatti propri e ne diventano parte.

Un altro tema interessantissimo riguarda l'idea che la lingua italiana sia maschilista/sessista, in particolare per la presenza di alcune forme strutturali come il famoso/famigerato maschile sovraesteso. Qui l'autore si lancia in una convincente serie di argomentazioni con cui dimostra che dire "Giovanni e Laura sono andati a mangiare un gelato" non si può definire maschile sovraesteso, ma è semplicemente una formula per non marcare il genere. Ciò che comunemente viene indicato come maschile sovraesteso è in realtà una struttura grammaticale che si è originata in tempi antichi per ragioni economico-strutturali che niente avevano a che fare con l'ideologia. Accusare la lingua di essere sessista è un non senso perché non è essa in sé a esserlo, ma semmai il sessismo sta nelle intenzioni e nei modi in cui viene usata.

Vabbe', non mi dilungo oltre. Queste poche righe solo per invogliare chi è interessato a questi temi a provare a leggerlo. Tra l'altro si tratta di un saggio piuttosto agile (poco più di 120 pagine) che può essere letto anche da chi ha poca dimestichezza coi libri.

lunedì 17 febbraio 2025

Aggressività


Uno dei capitoli più interessanti di La scimmia nuda, dell'etologo britannico Desmond Morris, riguarda la conflittualità, ossia la principale forma di interazione tra gli essere umani e tra gli animali (anche noi siamo animali, ma per non irritare i tanti convinti che noi siamo qualcosa di diverso e più "elevato" mantengo la distinzione).

È inutile che stiamo a raccontarci illusoriamente che l'essere umano in fondo è buono e bendisposto verso i suoi simili. L'uomo è per istinto, un istinto nato per ragioni evolutive, principalmente aggressivo e conflittuale, aggressività che poi si trasforma anche negli orrori delle guerre. Per una sorta di ironico paradosso i massacri delle guerre sono generati dall'impulso ad aiutare i nostri simili, dove per simili si intendono gli appartenenti al medesimo gruppo.

In realtà, quindi, l'uomo per natura non è né buono né cattivo, ma può essere l'una o l'altra cosa a seconda dell'ambiente in cui si trova.

Per il 99% della nostra storia evolutiva siamo vissuti in contesti sociali dove gli esseri umani formavano gruppi di 50-100 individui. Le grandi aggregazioni umane sono cominciate a esistere a partire più o meno dal neolitico, tra i 10 e i 12.000 anni fa, quando nacquero l'agricoltura e l'allevamento. Ma 10.000 anni sono un battito di ciglia rispetto ai milioni di anni in cui i nostri antenati hanno vissuto in gruppi di poche decine di persone che combattevano altri gruppi per il territorio e la caccia, e l'istinto maturato in milioni di anni non si cancella in 10.000.

Ricordo una bellissima lezione di Dario Fabbri in cui si spiegava che gli istinti da cui nascono i grandi genocidi della storia e le risse tra genitori in tribuna a una partita di calcetto sono i medesimi e vengono tutti da lì.

sabato 15 febbraio 2025

Svarioni

L'equiparazione fatta da Mattarella tra la Russia e il Terzo Reich mi lascia parecchio perplesso, nel senso che mi pare improponibile proprio dal punto di vista storico. In primo luogo perché noi italiani dal '39 al '43 siamo stati alleati della Germania nazista. In secondo luogo perché il contributo dell'Unione Sovietica alla sconfitta di Hitler e del Nazismo in Europa è stato decisivo e determinante. In terzo luogo perché se è vero, come è vero, che la Russia ha invaso l'Ucraina, è altrettanto vero che diversi paesi europei hanno ripetutamente invaso la Russia negli ultimi 200 anni: tre volte l'abbiamo invasa noi italiani (guerra di Crimea, intervento nella guerra civile durante la Rivoluzione d'ottobre, invasione della Federazione russa al fianco di Hitler durante la Seconda guerra mondiale); due volte gli inglesi; una volta gli americani; svariate volte i tedeschi.

Senza dimenticare il tributo pagato dall'Unione Sovietica, 25 milioni di morti, per liberare l'Europa dal Nazismo.

Mattarella queste cose non le sa? Certo che le sa, ci mancherebbe. Così come è certo che Mattarella non improvvisa mai i suoi discorsi e le sue lezioni e ogni volta che dice qualcosa sa perfettamente l'impatto e le reazioni che ciò che dice provocherà. Ecco perché questa uscita mi lascia perplesso e mi impedisce, questa volta, di aggregarmi al coro di solidarietà nei suoi confronti dopo gli attacchi del Cremlino.

martedì 11 febbraio 2025

Ammissioni

Il presidente del Consiglio di un governo minimamente serio si presenterebbe in televisione, magari da Vespa, ché lì non si corrono grossi rischi, e direbbe: Abbiamo messo in campo la sceneggiata dei centri per migranti in Albania quando sapevamo fin dall'inizio che sarebbero stati un buco nell'acqua. Sono costati un vagone di soldi pubblici che magari si sarebbero potuti spendere in maniera più proficua e per indorare la pillola vi abbiamo raccontato che tutta la sceneggiata avrebbe costituito un deterrente alle partenze.

(Come se un disperato che parte dalla Nigeria, attraversa il deserto - se riesce ad attraversarlo -, viene preso a legnate per uno o due anni in un lager libico e se sopravvive prova ad attraversare il Mediterraneo su una bagnarola di cartone, avesse timore di finire qualche giorno in Albania.)

Ecco - proseguirebbe il presidente del Consiglio di cui sopra - siccome non possiamo più nascondere il fallimento per non scavarci ancora di più la fossa del ridicolo da soli, sono costretto ad ammettere che il progetto è fallito. Mi spiace.

Naturalmente, aspettarsi una pubblica ammissione del genere da parte del presidente del Consiglio di questo governo è pura utopia. Si fa giusto per immaginare per un attimo di essere un paese normale guidato da un governo normale.

domenica 9 febbraio 2025

Per sempre

 


Una volta lo facevo regolarmente, ma da tempo raramente scrivo impressioni e commenti sui libri che leggo, per lo più per mancanza di voglia. Faccio un'eccezione per questo romanzo perché mi è piaciuto tantissimo e anche perché mi ha consentito di scoprire Richard Ford, uno scrittore che, colpevolmente, non conoscevo. 

Il libro narra la storia di Frank Bascombe e Paul Bascombe, rispettivamente padre e figlio. A 47 anni Paul scopre di essere malato di una forma piuttosto aggressiva di SLA che lo porterà velocemente alla fine. Ciò investirà suo padre del compito più ingrato e straziante che un genitore può trovarsi obbligato ad adempiere: assistere e accompagnare il proprio figlio alla morte. 

La descrizione del rapporto strettissimo che si instaura tra i due, col padre costretto a seguire il figlio nell'esecuzione dei più banali compiti della vita quotidiana, è caratterizzato da tentativi più o meno riusciti di comprendersi a vicenda (i due sono di indole e carattere diversissimi), ma anche da scambi e riflessioni sulla fragilità della vita, sulla morte, sulla natura dei rapporti umani, il tutto reso con la prosa vivace, a tratti spiazzante per intuizioni ed espedienti narrativi, dell'autore.

Uno dei romanzi più belli letti finora quest'anno.

giovedì 6 febbraio 2025

Trattare con l'orco

È passata velocemente, fin troppo, la notizia che Zelensky alla fine ha rotto gli indugi e si è detto pronto a sedersi a un tavolo con Putin

Non mi pare una notizia di poco conto, anzi mi sembra di una notevole rilevanza. Zelensky, e in generale la Nato, hanno ripetuto fin dal primo giorno di invasione e fino all'ossessione che con Putin non si tratta, non si negozia, non si parla. Contro la Russia si fa la guerra. Poi magari si parla, si fanno affari e si banchetta allegramente col piu grande criminale di guerra della storia recente, Netanyahu, ma non con Putin, in ossequio al nostro ormai leggendario doppio standard per il quale siamo famosi nel globo.

E guerra si è fatta, grazie all'aiuto del fiume di denaro e di armi che dal febbraio 2022 sono stati dati dall'Occidente all'Ucraina. Il problema è che l'Ucraina questa guerra l'ha persa, e l'ha persa malamente, come del resto riconosceva implicitamente lo stesso Zelensky nel novembre scorso, quando ammetteva che l'unica via per salvare il salvabile era negoziare. E come già vaticinavano i tanti che invocavano da subito la via del negoziato perché avevano capito che l'entità dei rapporti di forza non giocava in favore dell'Ucraina.

Adesso Zelensky, di fronte al disastro, chiede di sedersi a un tavolo con l'orco e nessuno dalle parti della Nato fiata. Una interessante analisi sugli altri motivi che hanno indotto Zelensky a prendere questa decisione la fa Matteo Saudino qui.

martedì 4 febbraio 2025

Guantanamo

Mi pare che sia stata abbastanza sottovalutata l'intenzione di Trump di trasformare Guantanamo in un immenso carcere in cui rinchiudere 30.000 migranti. È stata sottovalutata la valenza simbolica di tale annuncio, sia per ciò che rappresenta Guantanamo e sia per l'intenzione di rinchiudere persone che non si sono macchiate di alcun reato (e se anche avessero commesso reati non spetterebbe a Trump rinchiuderle in un carcere), persone con la sola colpa di non avere documenti in regola.
Ormai le più deplorevoli e orrende nefandezze che si propone di attuare il pericoloso squilibrato che ha preso possesso della Casa Bianca passano senza colpo ferire, senza che ci siano grossi sussulti di indignazione. Tutto disumanamente normale.

sabato 1 febbraio 2025

Tra Fedez, Chiara Ferragni, Dino Campana e Sibilla Aleramo

Se si tiene conto che Fahrenheit 451, di Ray Bradbury, che sto leggendo in questi giorni, è stato scritto più di settant'anni fa, si può notare come certi meccanismi di controllo sociale (dài alla gente di che sollazzarsi con sciocchezze innocue ed eviterà di rompere le balle) siano noti dalla notte dei tempi, e oggi utilizzati come mai era successo in passato grazie anche alla pervasività delle reti sociali.

Cosa c'entra Bradbury con Fedez e Chiara Ferragni? Soprattutto, cosa c'entrano loro con Dino Campana e Sibilla Aleramo? I Ferragnez c'entrano con Bradbury perché credo che il gossip si possa in parte annoverare tra le sciocchezze innocue, diciamo pure armi di distrazione di massa, di cui sopra. I Ferragnez c'entrano invece con Dino Campana e Sibilla Aleramo perché le due coppie hanno vissuto, pur in epoche molto distanti, storie di infedeltà sentimentale molto simili e in entrambi i casi il chiacchiericcio e il gossip l'hanno fatto da padroni.

Qual è la differenza? La valenza culturale del gossip. Che gossip e chiacchiericcio abbiano da sempre una importante valenza sociologica per gli esseri umani è più o meno cosa nota. Uno dei più noti antropologi evoluzionisti contemporanei, Roberto Dumbar, ha scritto parecchio sull'importanza del gossip come collante sociale, ad esempio. Ma è la valenza culturale, ossia ciò che il gossip lascia a chi lo segue, che è molto diversa. Ed è molto diversa perché il lascito culturale di un rapper e una influencer non può essere lo stesso di quello lasciato da una delle più grandi scrittrici e uno dei maggiori poeti del secolo scorso.

Alcune interessanti riflessioni in questo senso le fa Luca Sommi qui.

Pizzul

Bruno Pizzul lo ricordo perché è stato un compagno della mia infanzia. Non ho mai seguito il calcio, né quand'ero bambino né ora, non mi...