Bell'articolo di Scalfarotto su Il Post di ieri. Tema: la famosa/famigerata "stepchild adoption". Su questo tema ognuno avrà le proprie convinzioni, come è giusto che sia, ma sono sicuro che molti si siano formati la loro legittima opinione bypassando il succo della questione, e il succo della questione è semplice: guardare cosa succede altrove.
Se infatti ogni tanto tirassimo fuori la testa dalla sabbia e guardassimo cosa accade fuori dal nostro piccolo orticello, ci accorgeremmo che ciò che da noi è ancora considerato pietra dello scandalo, tema scabrosissimo usato addirittura da qualcuno come leva per far cadere governi, appena un po' più in là del nostro ristretto orizzonte è la normalità. Certo, una normalità a cui si è arrivati in momenti e con metodi diversi, ma ormai accettata come consuetudine sociale.
Il matrimonio tra persone omosessuali, ad esempio, in Danimarca è legge da 25 anni. Cioè, mentre da noi si cominciava appena ad accennare qualche timida discussione in parlamento (e, tra l'altro, dopo cinque lustri non si è ancora approdati a niente), là diventava legge dello stato. E così la questione delle adozioni.
E mentre il resto del mondo va avanti, noi siamo ancora qua con le zavorre ideologiche degli Alfano, degli Adinolfi, dei Salvini, dei Bagnasco e compagnia bella.
Poverini, un po' li capisco, e li compatisco pure, d'altra parte se uno è già limitato intellettualmente di suo e ha sul groppone un retaggio ideologico che chiude ancora di più una apertura mentale che fa concorrenza a quella di un'ameba, non se ne esce. Certo, si potrebbe provare a spiegare a un Adinolfi che ciò che lui dipinge come il male assoluto è la normalità appena passi il confine; si potrebbe pure spiegargli che ogni studio fatto finora dimostra che la crescita equilibrata di un bambino dipende dalla qualità dei rapporti affettivi e non dalla genitorialità biologica o dal sesso di chi instaura i suddetti rapporti, ma non servirebbe a niente, perché di fronte all'ottusità ideologica neppure il più evidente empirismo può alcunché.
E quindi siamo ancora qui, dopo 25 anni, a litigare su temi che in paesi più civili e aperti del nostro (cioè quasi tutti) sono stati già abbondantemente affrontati, discussi e digeriti.
Come del resto è sempre stato.
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