Sto leggendo in questi giorni Cigni selvatici, una specie di mattone di quasi settecento pagine fattomi avere da mio zio Luigi di Rimini, zio che per l'occasione si è speso in abbondanti dosi di elogi riguardo all'opera in questione. Io, in realtà, all'inizio ero piuttosto titubante, ma mi sono dovuto ricredere, il romanzo (in realtà è più un saggio, ma fa niente) è scritto benissimo ed è veramente interessante. Nel capitolo in cui si parla di Mao Zedong, ad esempio, si dice che il noto dittatore, nel 1956, per realizzare il sogno di trasformare la Cina in una potenza economica, si fece venire il pallino dell'acciaio - lo definì il "maresciallo" dell'industria - e ordinò quindi di raddoppiarne la produzione, che passò da 5,35 milioni di tonnellate nel 1957 a 10,7 nel 1958, e per raggiungere questo risultato almeno un centinaio di milioni di contadini venne forzatamente dirottato dalla terra alle industrie siderurgiche. Nelle piazze di ogni paese vennero poi allestite fornaci in cui la gente doveva portare ogni oggetto d'acciaio che avesse in casa: tutto faceva brodo per raggiungere lo scopo. Quei cento milioni di contadini, però, rappresentavano la forza lavoro che produceva la maggior parte delle risorse alimentari del paese, e si possono facilmente immaginare le conseguenze di una tale scellerata decisione.
Altra mania di Mao era la sua antipatia per i passeri, che gli stavano sulle balle perché convinto che si mangiassero il grano. Ogni famiglia, quindi, aveva l'obbligo di sedersi con una certa frequenza all'aperto sbattendo con vigore qualsiasi oggetto metallico di cui fosse in possesso. Mao credeva così che i passeri, in tal modo spaventati, non avrebbero potuto appollaiarsi sui rami e sarebbero morti di stanchezza. Lo so, pure a me viene da ridere, ma questo è. Comunque sono quasi a metà, ancora circa quattrocento pagine e avrò finito. Poi magari vi racconterò altre chicche.
(L'ho buttata sull'ironico, come avrete notato, ma vi assicuro che nella Cina sotto la dittatura di Mao c'era ben poco da ridere.)
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