Expo è finito così com'era iniziato: squilli di trombe, musica, coriandoli, luci, cerimonie, il tutto contornato dai soliti discorsi pomposi, pieni di ridondanti perifrasi ma totalmente vuoti di significato. Va bene, eh, va bene tutto. È stato un bel carrozzone, un bel business, una bella passerella per politicanti di ogni risma e tutto quello che volete. Però lasciamo stare la cosiddetta Carta di Milano o qualsiasi carta d'intenti vogliate voi; non prendiamoci in giro tentando di attribuire a tutto il carrozzone una valenza potenzialmente lenitrice delle afflizioni alimentari che gravano su buona parte della popolazione mondiale.
Expo è stato solo un carrozzone mediatico-economico. Punto. Non produrrà nessuno effetto concreto "nel combattere la denutrizione, la malnutrizione e lo spreco", né sarà incentivo a "un equo accesso alle risorse naturali", e neppure garantirà una "gestione sostenibile dei processi produttivi".
Si tratta solo di buone intenzioni, come quelle che a parole ci sentiamo propinare ogni giorno in ogni salsa da ogni comiziante politico-televisivo. Ne abbiamo già a sufficienza, grazie.
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