lunedì 14 settembre 2015

Bergoglio e le tasse

Per come la vedo io, l'uscita odierna di Bergoglio sulle strutture religiose che se fanno profitto devono pagare le tasse (IMU), non è nient'altro che l'ennesimo annuncio che consentirà ai soliti noti di additare papa Ciccio come rivoluzionario. E per cosa? Per niente, perché svanito l'effetto mediatico contingente tutto continuerà esattamente come prima, con le strutture religiose che continueranno allegramente a lucrare senza pagare tasse.
Non è una novità, il recente passato è costellato di uscite papali considerate rivoluzionarie che di rivoluzionario avevano solo l'annuncio. È successo con le presunte aperture verso i gay ("chi sono io per giudicare?"), oppure con le reiterate invocazioni affinché i divorziati risposati possano avvicinarsi ai sacramenti, e si potrebbe continuare. Ma, se si vanno a vedere gli effetti sortiti dalle sue rivoluzionarie prese di posizione, si vede subito che i divorziati sono ancora lì con le pive nel sacco, che i gay sono ancora considerati nella migliore delle ipotesi gente da scansare con fastidio e nella peggiore malati da curare. E anche qui si potrebbe continuare.
Però va bene così. In fondo Bergoglio è stato messo lì per cercare di risollevare un po' le sorti di una chiesa cattolica precipitata ai minimi storici di gradimento dopo il disastroso pontificato di Ratzinger, e tutto sommato papa Ciccio sta facendo bene il suo lavoro. In fondo basta poco: un po' di annunci a effetto e il risultato è garantito.

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