venerdì 11 aprile 2025
Per noi che abbiamo la memoria corta
giovedì 10 aprile 2025
Retromarcia
mercoledì 9 aprile 2025
Mancata crudeltà e cognizione di causa
Tutte le sentenze sono commentabili e anche criticabili e quella che ha condannato Filippo Turetta all'ergastolo non fa eccezione. Tuttavia io non credo che abbiano qualche valore, oltre a quello del mero sfogo, i commenti sdegnati vergati frettolosamente in pochi caratteri sui social, commenti dettati esclusivamente dalla reazione emotiva del momento per la mancata attribuzione dell'aggravante della crudeltà. Per alcuni motivi.
Uno di questi è che la sentenza emessa è il risultato di indagini approfondite che sono durate quasi due anni e che hanno preso in esame ogni singolo aspetto della vicenda: dalle perizie all'ascolto dei testimoni, dall'analisi delle riprese video agli esami psicologici della personalità dell'assassino e altro. Commentare tutto questo frettolosamente, e soprattutto senza aver letto per intero le motivazioni, è scorretto proprio a livello metodologico, anche se ovviamente è gratificante a livello emotivo (è risaputo che uno degli effetti "benefici" del vergare frettolosamente commenti indignati è l'allentamento della carica emotiva di cui sopra).
Il punto focale della sollevazione popolare è, come noto, la mancata attribuzione dell'aggravante della crudeltà a Filippo Turetta. Ovviamente io non sono in grado di dire se tale omissione sia corretta oppure no. Non ho cioè strumenti conoscitivi di alcun tipo per dire se l'assassino ha ucciso la sua vittima in modo crudele oppure no. E credo nessuno di noi, non avendo partecipato alle indagini e non avendo letto le centinaia e centinaia di pagine degli atti del processo, li abbia. I giudici però sì, e per loro l'aggravante della crudeltà non sussiste. Sbagliano? Può darsi di sì, ma può darsi anche di no.
La spiegazione dei giudici su questa mancata attribuzione è ben evidenziata qui, ove tra le altre cose si legge:
Analizzando le immagini registrate durante le fasi dell’aggressione, il collegio giudicante ha rilevato una dinamica caotica, fatta di colpi ravvicinati, rapidi e inferti quasi alla cieca. Per i magistrati, pur riconoscendo l’efferatezza complessiva dell’azione, queste modalità non sarebbero frutto di una decisione lucida o cosciente da parte dell’imputato, ma piuttosto l’esito di un comportamento concitato, dettato dal panico e dalla mancanza di padronanza del gesto omicida. Nella carte si legge infatti che Turetta "non aveva la competenza e l'esperienza per infliggere sulla vittima colpi più efficaci, idonei a provocare la morte della ragazza in modo più rapido e pulito", cosi ha continuato a colpire fino a quando si è reso conto che Giulia "‘non c'era più'".
In altre parole, per i giudici l'aggravante della crudeltà si definisce dall'intenzionalità di infierire crudelmente sulla vittima anche facendone scempio e causandone sofferenza aggiuntiva a quella necessaria a procurarle la morte. Per i giudici questo elemento non c'era in quanto l'assassino aveva intenzione di portare a termine il crimine il più velocemente possibile.
Un altro elemento da tenere presente per cercare di allargare un po' lo sguardo è che gli stessi giudici è vero che hanno negato l'aggravante della crudeltà, ma hanno escluso tutte le attenuanti generiche che solitamente in questi casi vengono concesse. Più in generale, come scrive Luciano Butti qui:
Quando i giudici applicano la legge, e quindi anche quando riconoscono o escludono le aggravanti o attenuanti di un delitto, non possono decidere “a buon senso”, Devono, invece, verificare se sussistano, o meno, i requisiti che la legge richiede per applicare le varie norme. Nel sistema delle nostre norme penali, l’aggravante della crudeltà presuppone, in un omicidio, che l’assassino abbia utilizzato verso la vittima violenze crudeli “ulteriori” rispetto a quelle necessarie per ucciderla.
Naturalmente le reazioni di pancia che si leggono sui social o al bar non sono totalmente ingiustificate. Le materie che hanno a che fare con la giurisprudenza sono infatti complesse - in generale quasi tutti i temi di cui discutiamo sono complessi, anche se il più delle volte non ce ne rendiamo conto - e necessiterebbero di essere commentati con un minimo di cognizione di causa. Ma pure senza arrivare alla cognizione di causa, occorrerebbe che quando si leggono titoli tendenziosi e fuorvianti come "75 coltellate ma per i giudici l'aggravante della crudeltà non c'è" (i giornali sono perfidi in questo), prima di prendere in mano frettolosamente il nostro smartphone e allentare la pressione emotiva scrivendo di getto sciocchezze, contassimo almeno fino a dieci. Durante il conteggio potremmo farci qualche domanda, tipo: perché questo titolo? Cosa significa? Come si spiega? Perché per i giudici non c'è questa aggravante?
Ma, è noto, la riflessione e i dubbi nell'epoca della velocità non hanno casa.
martedì 8 aprile 2025
Steve
Leggo che oggi è il compleanno di Steve Howe. È un chitarrista a cui sono molto legato non solo perché è stato il chitarrista degli Yes, ma soprattutto perché è stato il chitarrista degli Asia. Gli Asia nei primi anni ottanta pubblicarono un album omonimo, questo, che da ragazzino ascoltai fino a consumare il nastro magnetico della musicassetta e che, secondo me, è uno degli album più belli di tutta la storia del rock.
Piccola curiosità: l'assolo spagnoleggiante di chitarra acustica all'interno della canzone Innuendo, contenuta nell'ultimo, omonimo album in studio dei Queen, non è suonato da Brian May ma da Steve Howe.
Lunga vita, grande chitarrista.
Qui Innuendo e qui Without you, uno dei pezzi più belli di quel disco.
Vecchitudine
Calmissimo
lunedì 7 aprile 2025
Il senso di Smilla per la neve
La valenza del pregresso
Condivido totalmente lo sfogo di Roberto Mercadini. Solo un appunto. Quando si narra il pregresso di un fatto, qualsiasi fatto, ci sono due possibilità. La prima è che il racconto degli avvenimenti che hanno condotto al fatto in questione abbia finalità di giustificazione. La seconda è che abbia finalità di mera spiegazione, che venga cioè esposto per cercare di fare capire i motivi che l'hanno provocato. C'è differenza tra le due situazioni, anche se è una differenza sottile che spesso si fatica a cogliere.
La nostra (dis)informazione
Fa sempre un po' tenerezza il modo propagandistico e parziale in cui nel nostro paese vengono raccontate le cose, anche se ormai dovremmo esserci abituati. Ulteriore testimonianza di questo andazzo è il modo in cui giornali e media in genere hanno raccontato le due piazze di questo ultimo periodo, quella pro-Europa di Michele Serra e quella pentastellata di sabato scorso contro il riarmo. La prima ha avuto coperture urbi et orbi da parte di tutti i media, i quali hanno dato largo spazio agli interventi di ogni partecipante, compresa quello molto infelice di Vecchioni, il tutto condito da un profluvio di immagini scattate dall'alto a testimonianza dell'enorme partecipazione.
La seconda, pur avendo avuto eguale se non maggiore successo, è stata raccontata parlando solo della influencer napoletana e evitando accuratamente di postare foto dall'alto per evitare il colpo d'occhio. Lo scopo era chiarissimo: dare l'idea che la partecipazione era bassa e che il livello della manifestazione era tarato sulla famosa influencer. Il livello della manifestazione è stato invece molto più elevato, dal momento che tra gli intervenuti c'erano personalità del mondo della cultura e della società civile del livello di Alessandro Barbero, Tomaso Montanari, Marco Travaglio, l'economista Jeffrey Sachs, Mario Tozzi, Barbara Spinelli (figlia di Altiero Spinelli, uno degli estensori del Manifesto di Ventotene), e poi Alex Zanotelli, Massimo Wertmuller e altri.
Tutto questo è stato beatamente ignorato. Per i media la manifestazione è stata all'insegna della tiktoker napoletana. Prendiamo atto, così come prendiamo atto, o almeno dovremmo, che quando stigmatizziamo l'informazione di regime russa o di qualsiasi altra autocrazia, per certi aspetti dovremmo cominciare a guardare alcune analogie con la nostra.
domenica 6 aprile 2025
55
sabato 5 aprile 2025
La piazza che preferisco
venerdì 4 aprile 2025
Compulsività
giovedì 3 aprile 2025
Gravità diverse
Dazi
Nella percezione collettiva la bomba dei dazi lanciata da Trump è una novità, una cosa che non si era mai vista prima. In realtà non è così. A noi sembra una novità perché ci colpiscono direttamente come mai era successo prima, ma tutte le amministrazioni americane del passato, chi più chi meno, hanno avviato guerre commerciali o sono state costrette a rispondere a guerre commerciali avviate da altri ricorrendo a queste gabelle.
Li impose Lyndon Johnson nel 1963 sulla fecola di patate, il brandy e i furgoni europei in risposta a quelli imposti dall'Europa sui propri polli; li impose Clinton nel 1993 sul cashmere scozzese e i formaggi francesi e italiani in risposta a quelli europei sulle banane importate dal Sudamerica; li ha imposti Biden (dazi del 100%) sull'importazione di auto dalla Cina e così via.
Niente di nuovo sotto il sole, quindi. Il problema è che i dazi raramente hanno prodotto i benefici che chi li imponeva si aspettava. Anzi, quasi mai. L'esempio più eclatante sono i danni all'economia americana prodotti dai dazi che nel 2018, nella sua amministrazione precedente, Trump impose sull'importazione delle lavatrici, una misura che provocò un aumento del prezzo degli elettrodomestici per il bucato del 34% e fece salire l'inflazione al 21%. Nel 2018, quindi, Trump avviò una guerra commerciale che perdette.
Adesso ci riprova "col ghigno e l'ignoranza del primo della classe", mi verrebbe da dire citando Guccini, e l'impressione è che, dilettantisticamente, Trump abbia lanciato una bomba senza avere la minima contezza degli effetti reali. Un po' come se dicesse: Io provo e vedo cosa resta in piedi. Da ciò che prospettano gli analisti, in piedi resterà ben poco.
mercoledì 2 aprile 2025
Quattro ipotesi sull'origine del linguaggio
Perché la nostra specie parla? Perché, a differenza di tutte le altre specie che popolano il pianeta, la nostra è l'unica in cui i suoi appartenenti comunicano tra loro non solo attraverso la gestualità ma attraverso il linguaggio parlato? Non si sa. Non a caso questo stupendo saggio di Lorenzo Pinna si intitola Quattro ipotesi sull'origine del linguaggio. Appunto perché tutto ciò che gli studiosi hanno in mano oggi, nonostante il tema sia studiato da secoli, sono ipotesi.
Ciò di cui si ha certezza è che il linguaggio umano è il risultato di un complesso intreccio di evoluzione biologica e culturale che l'ha reso non solo un potente mezzo di comunicazione ma anche uno strumento di rappresentazione, controllo e manipolazione della realtà, ma le sue origini rimangono ancora oggi senza spiegazione.
L'ipotesi più interessante è quella della casualità: noi possediamo un apparato fonatorio che possiamo controllare grazie a una mutazione genetica completamente casuale. Una mutazione che si sarebbe innescata 300.000 anni fa, agli albori della nostra specie, rimanendo poi inutilizzata per quasi 200.000 anni, finché fu "scoperta" dai nostri lontani antenati circa 100.000 anni fa, periodo in cui si ipotizza sia nato il linguaggio più o meno nella forma in cui lo conosciamo oggi.
Un'altra ipotesi molto interessante è che il linguaggio articolato sia lo sviluppo di primitive espressioni vocali che i nostri antichissimi antenati utilizzavano per segnalare pericoli o presenza di cibo. Espressioni vocali utilizzate ancora oggi da molti nostri "cugini" primati come alcune specie di scimmie, le quali emettono suoni vocali specifici per segnalare agli altri appartenenti al gruppo la presenza di predatori. Alcuni di questi nostri "cugini", come i cercopitechi, sono in grado addirittura di usare espressioni fonetiche diverse per ogni tipo di pericolo che incombe (un leone piuttosto che un serpente) e di farsi capire.
Linguaggio a parte, il libro è un interessantissimo viaggio nella nostra storia evolutiva e una esplorazione delle radici profonde che ci legano ai nostri antenati e al mondo della natura. Vale la pena leggerlo anche solo per questo.
martedì 1 aprile 2025
Il male
Come gli orchestrali
Mi viene in mente una vecchia canzone di Battiato che a un certo punto dice: "Gli orchestrali sono uguali in tutto il mondo, simili ai segnali orario delle radio". Dagli orchestrali ai politici è un attimo.
Come succede sempre anche da noi, in particolare quando di mezzo c'è un politico di destra, il ritornello è sempre quello: è una sentenza politica emessa da un giudice (generalmente comunista) in ossequio a un complotto organizzato per sovvertire per via giudiziaria il volere del popolo. Cambiano le latitudini ma la sostanza rimane quella e la Le Pen non fa eccezione.
Naturalmente l'uscita dalla partita della signora francese non impedirà la vittoria del Rassemblement National alle elezioni del 2027, e il giovane Bardella è già pronto a raccogliere il testimone.
Per noi che abbiamo la memoria corta
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