venerdì 11 aprile 2025

Per noi che abbiamo la memoria corta


Tutti i romanzi pubblicati nella collana Il giallo Mondadori hanno nelle prime pagine uno specchietto riassuntivo contenente l'elenco dei personaggi principali della storia e la loro funzione. È un accorgimento che tutte le case editrici dovrebbero adottare, eviterebbe ai lettori di una certe età come lo scrivente di doverli appuntare a matita su un foglietto a parte o su una pagina bianca del libro.

Quando ero giovane e la mia memoria a breve termine saltava ancora i fossi per il lungo non avevo ovviamente necessità di ricorrere a questo espediente, ma ora sì, specialmente quando affronto romanzi di una certa complessità e una certa varietà di personaggi. Quando ho cominciato a rendermi conto della difficoltà di ricordare i personaggi in romanzi complessi un po' mi sono preoccupato, poi ho scoperto indagando qua e là che è invece un inconveniente abbastanza diffuso una volta che si entra nella seconda metà del nostro percorso su queste lande terrene. Quindi va bene così.

giovedì 10 aprile 2025

Retromarcia

Qui il Post illustra in maniera abbastanza chiara i motivi che hanno indotto Trump a fare retromarcia sui dazi, motivi che sostanzialmente si collegano a una possibile recessione dell'economia e all'arrivo di una più che probabile crisi finanziaria della stessa portata di quella del 2008 di Lehman Brothers. Ciò che più stupisce da quanto si legge è la totale improvvisazione e sottovalutazione degli effetti da parte di Trump. 

Nonostante fosse stato avvertito da alcuni suoi collaboratori dei rischi a cui si sarebbe andati incontro imponendo i dazi in quella maniera scriteriata, lui è andato dritto, finché al terzo giorno di crollo dei mercati qualcuno lo ha preso da una parte e gli ha detto: Guarda, o torniamo indietro o qui crolla tutto.

La prima potenza economica e non solo del mondo è andata in mano a uno squilibrato col garbo, l'educazione e il senso dello stato di un esagitato della curva nord e con la preparazione economica simile a quella di un Borghi qualsiasi. È incredibile questa cosa.

mercoledì 9 aprile 2025

Mancata crudeltà e cognizione di causa

Tutte le sentenze sono commentabili e anche criticabili e quella che ha condannato Filippo Turetta all'ergastolo non fa eccezione. Tuttavia io non credo che abbiano qualche valore, oltre a quello del mero sfogo, i commenti sdegnati vergati frettolosamente in pochi caratteri sui social, commenti dettati esclusivamente dalla reazione emotiva del momento per la mancata attribuzione dell'aggravante della crudeltà. Per alcuni motivi.

Uno di questi è che la sentenza emessa è il risultato di indagini approfondite che sono durate quasi due anni e che hanno preso in esame ogni singolo aspetto della vicenda: dalle perizie all'ascolto dei testimoni, dall'analisi delle riprese video agli esami psicologici della personalità dell'assassino e altro. Commentare tutto questo frettolosamente, e soprattutto senza aver letto per intero le motivazioni, è scorretto proprio a livello metodologico, anche se ovviamente è gratificante a livello emotivo (è risaputo che uno degli effetti "benefici" del vergare frettolosamente commenti indignati è l'allentamento della carica emotiva di cui sopra).

Il punto focale della sollevazione popolare è, come noto, la mancata attribuzione dell'aggravante della crudeltà a Filippo Turetta. Ovviamente io non sono in grado di dire se tale omissione sia corretta oppure no. Non ho cioè strumenti conoscitivi di alcun tipo per dire se l'assassino ha ucciso la sua vittima in modo crudele oppure no. E credo nessuno di noi, non avendo partecipato alle indagini e non avendo letto le centinaia e centinaia di pagine degli atti del processo, li abbia. I giudici però sì, e per loro l'aggravante della crudeltà non sussiste. Sbagliano? Può darsi di sì, ma può darsi anche di no. 

La spiegazione dei giudici su questa mancata attribuzione è ben evidenziata qui, ove tra le altre cose si legge:

Analizzando le immagini registrate durante le fasi dell’aggressione, il collegio giudicante ha rilevato una dinamica caotica, fatta di colpi ravvicinati, rapidi e inferti quasi alla cieca. Per i magistrati, pur riconoscendo l’efferatezza complessiva dell’azione, queste modalità non sarebbero frutto di una decisione lucida o cosciente da parte dell’imputato, ma piuttosto l’esito di un comportamento concitato, dettato dal panico e dalla mancanza di padronanza del gesto omicida. Nella carte si legge infatti che Turetta "non aveva la competenza e l'esperienza per infliggere sulla vittima colpi più efficaci, idonei a provocare la morte della ragazza in modo più rapido e pulito", cosi ha continuato a colpire fino a quando si è reso conto che Giulia "‘non c'era più'".

In altre parole, per i giudici l'aggravante della crudeltà si definisce dall'intenzionalità di infierire crudelmente sulla vittima anche facendone scempio e causandone sofferenza aggiuntiva a quella necessaria a procurarle la morte. Per i giudici questo elemento non c'era in quanto l'assassino aveva intenzione di portare a termine il crimine il più velocemente possibile.

Un altro elemento da tenere presente per cercare di allargare un po' lo sguardo è che gli stessi giudici è vero che hanno negato l'aggravante della crudeltà, ma hanno escluso tutte le attenuanti generiche che solitamente in questi casi vengono concesse. Più in generale, come scrive Luciano Butti qui:

Quando i giudici applicano la legge, e quindi anche quando riconoscono o escludono le aggravanti o attenuanti di un delitto, non possono decidere “a buon senso”, Devono, invece, verificare se sussistano, o meno, i requisiti che la legge richiede per applicare le varie norme. Nel sistema delle nostre norme penali, l’aggravante della crudeltà presuppone, in un omicidio, che l’assassino abbia utilizzato verso la vittima violenze crudeli “ulteriori” rispetto a quelle necessarie per ucciderla.

Naturalmente le reazioni di pancia che si leggono sui social o al bar non sono totalmente ingiustificate. Le materie che hanno a che fare con la giurisprudenza sono infatti complesse - in generale quasi tutti i temi di cui discutiamo sono complessi, anche se il più delle volte non ce ne rendiamo conto - e necessiterebbero di essere commentati con un minimo di cognizione di causa. Ma pure senza arrivare alla cognizione di causa, occorrerebbe che quando si leggono titoli tendenziosi e fuorvianti come "75 coltellate ma per i giudici l'aggravante della crudeltà non c'è" (i giornali sono perfidi in questo), prima di prendere in mano frettolosamente il nostro smartphone e allentare la pressione emotiva scrivendo di getto sciocchezze, contassimo almeno fino a dieci. Durante il conteggio potremmo farci qualche domanda, tipo: perché questo titolo? Cosa significa? Come si spiega? Perché per i giudici non c'è questa aggravante? 

Ma, è noto, la riflessione e i dubbi nell'epoca della velocità non hanno casa.

martedì 8 aprile 2025

Steve

Leggo che oggi è il compleanno di Steve Howe. È un chitarrista a cui sono molto legato non solo perché è stato il chitarrista degli Yes, ma soprattutto perché è stato il chitarrista degli Asia. Gli Asia nei primi anni ottanta pubblicarono un album omonimo, questo, che da ragazzino ascoltai fino a consumare il nastro magnetico della musicassetta e che, secondo me, è uno degli album più belli di tutta la storia del rock.

Piccola curiosità: l'assolo spagnoleggiante di chitarra acustica all'interno della canzone Innuendo, contenuta nell'ultimo, omonimo album in studio dei Queen, non è suonato da Brian May ma da Steve Howe.

Lunga vita, grande chitarrista.

Qui Innuendo e qui Without you, uno dei pezzi più belli di quel disco.

Vecchitudine

Mi sono imbattuto casualmente in alcuni video di Jackson Browne, un cantautore americano che da giovane amavo tantissimo, e sono rimasto sorpreso nel vederlo così invecchiato. Poi ho pensato che un conoscente di gioventù che mi vedesse oggi, dopo 40 anni, direbbe la stessa cosa. Non viene spontaneo mettersi nei panni di qualcuno che non ci vede da 40 anni, tendiamo sempre a guardare quanto sono invecchiati gli altri.
Comunque Jackson Browne da giovane era così.

Calmissimo

In questa epoca dominata dal trumpismo, in cui tutto crolla sia economicamente che eticamente, spuntano fuori da ogni dove consigli su come difenderci e sopravvivere. Su come difenderci da una guerra atomica sappiamo già tutto, edotti magistralmente in questo da alti esponenti europei che reclamizzano borsette col kit di base per sopravvivere tre giorni a una guerra nucleare e da giornali come Repubblica, i quali pubblicano articoli intitolati "Il fascino del bunker anti-atomico", dove si magnificano le meraviglie di un cubicolo di cemento armato di quattro metri per quattro impermeabile alle radiazioni e sepolto in giardino. Secondo Repubblica milioni di italiani sarebbero rapiti dal fascino di tale soluzione.

Poi, in caso si sopravviva all'atomica, ci sono i consigli su come sopravvivere finanziariamente al terremoto innescato dai dazi di Trump. La Stampa, ad esempio, stamattina pubblica un dossier dal titolo "Come difendere i nostri risparmi", in cui si indica come soluzione quella di stare calmi e aspettare, evitando di vendere subito, perché mediamente in un anno i mercati recuperano le perdite. Ottimo anche il consiglio di acquistare i Btp a 5 anni, oppure oro, ché lì non si sbaglia mai. Mentre leggo penso che io sono calmissimo, dal momento che in vita mia non ho mai fatto investimenti finanziari per il semplice motivo che, essendo da sempre un semplice dipendente privato, soldi da investire non ne ho mai avuti e ho sempre vissuto più o meno all'insegna del tanti presi, tanti spesi.

Quindi, da questo punto di vista, mentre fuori tutto crolla io sono calmissimo.

lunedì 7 aprile 2025

Il senso di Smilla per la neve


Ho finito ieri questo celeberrimo libro uscito parecchi anni fa - io su molte cose, non solo i libri, arrivo sempre tardi. Molto brevemente, la prima parte l'ho trovata entusiasmante, un giallo magistrale. Da metà in poi, quando la protagonista si imbarca sulla nave diretta in Groenlandia per scoprire il legame tra la spedizione di molti anni prima e la morte del bambino, qualcosa si rompe e sembra quasi di leggere un altro libro. 

Intendiamoci, rimane sempre un grande giallo con bellissime e interessantissime incursioni nella cultura groenlandese (andrebbe letto anche solo per questo), ma a mio avviso nella seconda parte un po' della magia della prima va persa, l'ho trovata meno avvincente, più confusa, con una serie di dialoghi di cui a volte è difficile trovare il senso. 

Peccato.

Nel complesso, comunque, un grande giallo.

La valenza del pregresso


Condivido totalmente lo sfogo di Roberto Mercadini. Solo un appunto. Quando si narra il pregresso di un fatto, qualsiasi fatto, ci sono due possibilità. La prima è che il racconto degli avvenimenti che hanno condotto al fatto in questione abbia finalità di giustificazione. La seconda è che abbia finalità di mera spiegazione, che venga cioè esposto per cercare di fare capire i motivi che l'hanno provocato. C'è differenza tra le due situazioni, anche se è una differenza sottile che spesso si fatica a cogliere.

Il caso della guerra russo-ucraina è emblematico in questo senso. È infatti pacifico che la Russia ha invaso l'Ucraina violando il diritto internazionale. Allo stesso modo è pacifico che sono molteplici e complesse le vicende che hanno portato al tragico epilogo dell'invasione. Il punto dirimente sta nelle finalità con cui vengono utilizzate queste vicende. Se vengono portate a mo' di giustificazione è sbagliato; se vengono portate per cercare di capire (non giustificare) il contesto in cui è maturata l'invasione, ben vengano.

Non c'è niente da fare, riuscire a cogliere questa differenza è difficile.

La nostra (dis)informazione

Fa sempre un po' tenerezza il modo propagandistico e parziale in cui nel nostro paese vengono raccontate le cose, anche se ormai dovremmo esserci abituati. Ulteriore testimonianza di questo andazzo è il modo in cui giornali e media in genere hanno raccontato le due piazze di questo ultimo periodo, quella pro-Europa di Michele Serra e quella pentastellata di sabato scorso contro il riarmo. La prima ha avuto coperture urbi et orbi da parte di tutti i media, i quali hanno dato largo spazio agli interventi di ogni partecipante, compresa quello molto infelice di Vecchioni, il tutto condito da un profluvio di immagini scattate dall'alto a testimonianza dell'enorme partecipazione. 

La seconda, pur avendo avuto eguale se non maggiore successo, è stata raccontata parlando solo della influencer napoletana e evitando accuratamente di postare foto dall'alto per evitare il colpo d'occhio. Lo scopo era chiarissimo: dare l'idea che la partecipazione era bassa e che il livello della manifestazione era tarato sulla famosa influencer. Il livello della manifestazione è stato invece molto più elevato, dal momento che tra gli intervenuti c'erano personalità del mondo della cultura e della società civile del livello di Alessandro Barbero, Tomaso Montanari, Marco Travaglio, l'economista Jeffrey Sachs, Mario Tozzi, Barbara Spinelli (figlia di Altiero Spinelli, uno degli estensori del Manifesto di Ventotene), e poi Alex Zanotelli, Massimo Wertmuller e altri.

Tutto questo è stato beatamente ignorato. Per i media la manifestazione è stata all'insegna della tiktoker napoletana. Prendiamo atto, così come prendiamo atto, o almeno dovremmo, che quando stigmatizziamo l'informazione di regime russa o di qualsiasi altra autocrazia, per certi aspetti dovremmo cominciare a guardare alcune analogie con la nostra.

domenica 6 aprile 2025

55

Tra gli auguri che mi sono arrivati ci sono anche quelli di Vodafone, Mediaset Infinity e l'intelligenza artificiale Meta di whatsapp. Quest'ultima in seguito a mia segnalazione, se no figurati se lei lo sapeva. Per quanto riguarda Infinity, boh, mai saputo di essermi registrato lì. Vodafone, invece, mi porta la fibra a casa e lì qualcosa mi pareva di avere firmato, all'epoca.
Per quanto riguarda i 55 anni, gli acciacchi tipici di quell'età li ho tutti tranne due: il mal di schiena, di cui non ho mai sofferto, e la vista. Sono cieco come una talpa più o meno da quando facevo le elementari però non ho ancora avuto bisogno di occhiali da lettura, faccio tutto con gli stessi occhiali da vista e questa cosa stupisce un po' anche il mio oculista.
Poi fra un anno vedremo.

sabato 5 aprile 2025

La piazza che preferisco

Rispetto alla piazza pro-Europa (qualunque cosa volesse dire) organizzata da Michele Serra qualche settimana fa, preferisco la piazza contro il riarmo e a favore dello stato sociale organizzata dai pentastellati oggi a Roma. Per alcuni motivi.

Il primo è che non ne ha parlato e non ne parla nessuno. La piazza pro-Europa è stata raccontata e reclamizzata per giorni e giorni su giornali, siti, televisioni; sulla piazza contro il riarmo di oggi non si trova una riga da nessuna parte e io ho sempre avuto un debole per le iniziative che si tenta di occultare, specie se si tratta di iniziative che rispecchiano la volontà della stragrande maggioranza delle persone (tutti i sondaggi collocano la contrarietà generale al riarmo su percentuali altissime).

Il secondo motivo è che concordo con chi dice che spendere un fiume di miliardi a debito, un debito che dovranno ripagare i nostri figli e i nostri nipoti, per riarmare in maniera disordinata e caotica gli eserciti dei singoli stati europei, mentre si taglia ovunque lo stato sociale, non ha alcun senso né alcuna utilità pratica. Un riarmo, tra l'altro, che è organizzato in vista di una difesa da una minaccia, quella russa, a detta di tantissimi analisti inesistente. 

Il terzo motivo è che mi sento vicino a chi si definisce pacifista, un termine che ha sempre avuto una valenza nobile ma che nel corso degli anni è stato progressivamente fatto oggetto di dileggio e utilizzato distorcendone il significato per marchiare e categorizzare surrettiziamente le persone o i movimenti. L'esempio più lampante, solo per restare a oggi, è l'equazione pacifista = putiniano, una semplificazione stupida e completamente priva di senso che qualifica intellettualmente chiunque vi faccia ricorso, e purtroppo sono in tanti.

Più in generale, mi sento vicino alla piazza di oggi perché non è equivoca, non dà adito ad ambivalenze né a molteplici interpretazioni spesso confliggenti tra loro come è stata la piazza di Serra. È una piazza che dice chiaramente no a questa sorta di isterismo bellicista collettivo totalmente privo di senso, e a me basta questo per esserle solidale.

venerdì 4 aprile 2025

Compulsività

Stamattina nel tavolino accanto al mio è arrivato un signore con in mano la tazzina di caffè e un paio di quotidiani. Ha bevuto il caffè, ha allontanato la tazzina e steso i due quotidiani sul tavolino. Poi ha cominciato a "leggerli", nel senso che si è soffermato un attimo sui titoli di prima pagina e poi ha cominciato a sfogliarli velocemente buttando un occhio solo ai titoli di ogni articolo. Vabbe', ho pensato, magari ha fretta ed è per questo che li sfoglia velocemente. Poi però ho pensato che se qualcuno ha fretta non si porta il caffè al tavolo con due quotidiani, lo beve al banco e poi se ne va per la sua strada. Invece no, lui è venuto al tavolino con caffè e due giornali. Anche io ero al tavolino con un paio di quotidiani, ma li sfogliavo tranquillamente soffermandomi a leggere gli articoli che dal titolo immaginavo potessero interessarmi. Non mi limitavo al titolo, leggevo il pezzo.

Riflettevo sul fatto che quel signore sfogliava i quotidiani con la stessa modalità con cui si consultano i social. Sui social fai lo scrolling, i quotidiani li sfogli. Sui social leggi al volo il flusso ininterrotto di ciò che passa, i quotidiani li sfogli compulsivamente leggendo solo i titoli. Cambia il mezzo, ma la sostanza è uguale. In entrambi i casi non si approfondisce, quindi non si capisce o si capisce limitatamente a ciò che si può dedurre da un titolo. Non è la stessa cosa.

Probabilmente la tecnolgia ci ha ormai definitivamente immersi nella civiltà della velocità, una dimensione che antropologicamente non ci appartiene perché il nostro cervello è regolato sulla lentezza, non sulla velocità. Non possono stare insieme approfondimento e velocità, approfondimento e superficialità, e lo sa benissimo chiunque abbia ad esempio a che fare con gli studi. Se si vuole apprendere si deve leggere, rileggere, capire ciò che si legge e poi interiorizzarlo, e non lo si può fare velocemente o superficialmente altrimenti alla fine non rimane niente. Invece oggi tutto deve essere immediato, veloce, domande e risposte a ritmo continuo altrimenti si è fuori dal gioco. Quante volte, ad esempio, tardando a rispondere a una mail arriva la telefonata in cui viene chiesto perché non si è ancora risposto? 

La velocità è sinonimo di superficialità, un binomio non esattamente molto indicato per vivere in una società complessa.

giovedì 3 aprile 2025

Gravità diverse

Non riesco a comprendere chi tende a ridimensionare la gravità dei femminicidi mettendo a confronto i numeri di questi con quelli dei morti sul lavoro (nel 2024 i femminicidi sono stati 34, i deceduti sul lavoro 1094). Si tratta a mio parere di due drammi che non possono essere messi a confronto per le loro differenti peculiarità e che non possono quindi essere inseriti in gerarchie di gravità basandosi sui numeri.

Ok, se accettiamo di restare sul piano dei numeri è pacifico che le morti sul lavoro sono maggiori dei femminicidi, ma è il modo in cui i due drammi vengono percepiti che è profondamente diverso. I femminicidi destano molta più riprovazione sociale e provocano maggiore risalto mediatico perché le vittime vengono uccise volontariamente da uomini cresciuti come bestie, con tutto ciò che ne consegue in termini di reazioni emotive. I morti sul lavoro suscitano minore riprovazione sociale, o comunque molto più fuggevole, perché manca il dolo diretto, diciamo così, quindi per loro natura si tende a inserirli in una sorta di alone di ineluttabilità che ne limita l'impatto emotivo. 

Ecco perché a mio avviso non ha senso stilare classifiche di gravità. Sono due drammi della società contemporanea che bisognerebbe impegnarsi a sradicare, e magari c'è anche chi prova a farlo. Purtroppo, sembra, senza grossi successi.

Dazi

Nella percezione collettiva la bomba dei dazi lanciata da Trump è una novità, una cosa che non si era mai vista prima. In realtà non è così. A noi sembra una novità perché ci colpiscono direttamente come mai era successo prima, ma tutte le amministrazioni americane del passato, chi più chi meno, hanno avviato guerre commerciali o sono state costrette a rispondere a guerre commerciali avviate da altri ricorrendo a queste gabelle. 

Li impose Lyndon Johnson nel 1963 sulla fecola di patate, il brandy e i furgoni europei in risposta a quelli imposti dall'Europa sui propri polli; li impose Clinton nel 1993 sul cashmere scozzese e i formaggi francesi e italiani in risposta a quelli europei sulle banane importate dal Sudamerica; li ha imposti Biden (dazi del 100%) sull'importazione di auto dalla Cina e così via.

Niente di nuovo sotto il sole, quindi. Il problema è che i dazi raramente hanno prodotto i benefici che chi li imponeva si aspettava. Anzi, quasi mai. L'esempio più eclatante sono i danni all'economia americana prodotti dai dazi che nel 2018, nella sua amministrazione precedente, Trump impose sull'importazione delle lavatrici, una misura che provocò un aumento del prezzo degli elettrodomestici per il bucato del 34% e fece salire l'inflazione al 21%. Nel 2018, quindi, Trump avviò una guerra commerciale che perdette

Adesso ci riprova "col ghigno e l'ignoranza del primo della classe", mi verrebbe da dire citando Guccini, e l'impressione è che, dilettantisticamente, Trump abbia lanciato una bomba senza avere la minima contezza degli effetti reali. Un po' come se dicesse: Io provo e vedo cosa resta in piedi. Da ciò che prospettano gli analisti, in piedi resterà ben poco.

mercoledì 2 aprile 2025

Quattro ipotesi sull'origine del linguaggio

Perché la nostra specie parla? Perché, a differenza di tutte le altre specie che popolano il pianeta, la nostra è l'unica in cui i suoi appartenenti comunicano tra loro non solo attraverso la gestualità ma attraverso il linguaggio parlato? Non si sa. Non a caso questo stupendo saggio di Lorenzo Pinna si intitola Quattro ipotesi sull'origine del linguaggio. Appunto perché tutto ciò che gli studiosi hanno in mano oggi, nonostante il tema sia studiato da secoli, sono ipotesi.

Ciò di cui si ha certezza è che il linguaggio umano è il risultato di un complesso intreccio di evoluzione biologica e culturale che l'ha reso non solo un potente mezzo di comunicazione ma anche uno strumento di rappresentazione, controllo e manipolazione della realtà, ma le sue origini rimangono ancora oggi senza spiegazione.

L'ipotesi più interessante è quella della casualità: noi possediamo un apparato fonatorio che possiamo controllare grazie a una mutazione genetica completamente casuale. Una mutazione che si sarebbe innescata 300.000 anni fa, agli albori della nostra specie, rimanendo poi inutilizzata per quasi 200.000 anni, finché fu "scoperta" dai nostri lontani antenati circa 100.000 anni fa, periodo in cui si ipotizza sia nato il linguaggio più o meno nella forma in cui lo conosciamo oggi.

Un'altra ipotesi molto interessante è che il linguaggio articolato sia lo sviluppo di primitive espressioni vocali che i nostri antichissimi antenati utilizzavano per segnalare pericoli o presenza di cibo. Espressioni vocali utilizzate ancora oggi da molti nostri "cugini" primati come alcune specie di scimmie, le quali emettono suoni vocali specifici per segnalare agli altri appartenenti al gruppo la presenza di predatori. Alcuni di questi nostri "cugini", come i cercopitechi, sono in grado addirittura di usare espressioni fonetiche diverse per ogni tipo di pericolo che incombe (un leone piuttosto che un serpente) e di farsi capire.

Linguaggio a parte, il libro è un interessantissimo viaggio nella nostra storia evolutiva e una esplorazione delle radici profonde che ci legano ai nostri antenati e al mondo della natura. Vale la pena leggerlo anche solo per questo.

martedì 1 aprile 2025

Il male


È dall’inizio dell’invasione nella Striscia di Gaza che Israele prende sistematicamente di mira operatori sanitari e personale civile che opera all’interno della Striscia, violando moltissime norme del diritto internazionale. Secondo una recente stima dell’OCHA dall’ottobre del 2023 sono stati uccisi nella Striscia di Gaza circa 400 fra medici, infermieri, insegnanti e operatori umanitari, di cui almeno 76 dipendenti di organizzazioni non governative.
 

Mentre leggevo questo articolo del Post sull'ultima atrocità compiuta da Israele, cioè il massacro deliberato di un gruppo di operatori umanitari che stavano operando nel sud della Striscia, pensavo che l'esercito israeliano e Netanyahu sono il male. Se volessimo, oggi, indicare qualcosa o qualcuno che rappresentino il male nella sua accezione più ampia, dovremmo indicare questi due soggetti.

Perché se si uccidono deliberatamente - tecnicamente si tratta di una esecuzione - delle persone e si occultano i loro corpi in una fossa comune coi bulldozer, e per di più le vittime erano operatori umanitari che correvano a soccorrere feriti, chi si rende colpevole di questo orrore può solo essere definito il male.

E pure noi, la nostra Europa e il nostro Occidente coi suoi silenzi conniventi siamo parte di questo male. Se mai l'occidente ha avuto una qualche forma di superiorità morale (in realtà sappiamo bene che non l'ha mai avuta) rispetto al resto del mondo, dopo il 28 ottobre 2023 l'ha persa.

Come gli orchestrali

Mi viene in mente una vecchia canzone di Battiato che a un certo punto dice: "Gli orchestrali sono uguali in tutto il mondo, simili ai segnali orario delle radio". Dagli orchestrali ai politici è un attimo. 

Come succede sempre anche da noi, in particolare quando di mezzo c'è un politico di destra, il ritornello è sempre quello: è una sentenza politica emessa da un giudice (generalmente comunista) in ossequio a un complotto organizzato per sovvertire per via giudiziaria il volere del popolo. Cambiano le latitudini ma la sostanza rimane quella e la Le Pen non fa eccezione.

Naturalmente l'uscita dalla partita della signora francese non impedirà la vittoria del Rassemblement National alle elezioni del 2027, e il giovane Bardella è già pronto a raccogliere il testimone.


Per noi che abbiamo la memoria corta

Tutti i romanzi pubblicati nella collana Il giallo Mondadori hanno nelle prime pagine uno specchietto riassuntivo contenente l'elenco d...