mercoledì 19 febbraio 2025

Le guerre per la lingua


Terminato ora. Un saggio interessantissimo sul linguaggio, la sua struttura, la sua morfologia, le valenze semantiche e il modo in cui si modifica continuamente nel tempo. Il libro apre con una breve ma densa panoramica sull'origine della nostra lingua e anche di altre per poi avventurarsi su alcuni aspetti di cui molto si dibatte negli ultimi tempi.

Uno riguardo il progressivo aumento di termini inglesi all'interno della lingua italiana, fenomeno che nel corso degli ultimi tempi ha dato il via a numerose crociate ideologiche a supporto della purezza dell'italiano, dimenticando o ignorando che il concetto di purezza applicato a una lingua fa ridere. Contrariamente a quanto mi aspettavo, l'autore non ha alcuna pregiudiziale riguardo a questo tema, e con argomentazioni solide e di buon senso ne difende la presenza e l'utilizzo, adducendo tra le tante la motivazione che la lingua non è qualcosa di statico, di granitico, ma cambia e si evolve anche grazie all'acquisizione di lemmi stranieri, alcuni dei quali vengono poi "italianizzati" e inseriti nei nostri vocabolari. In generale, tutte le lingue, inglese compreso, acquisiscono continuamente termini stranieri che poi vengono fatti propri e ne diventano parte.

Un altro tema interessantissimo riguarda l'idea che la lingua italiana sia maschilista/sessista, in particolare per la presenza di alcune forme strutturali come il famoso/famigerato maschile sovraesteso. Qui l'autore si lancia in una convincente serie di argomentazioni con cui dimostra che dire "Giovanni e Laura sono andati a mangiare un gelato" non si può definire maschile sovraesteso, ma è semplicemente una formula per non marcare il genere. Ciò che comunemente viene indicato come maschile sovraesteso è in realtà una struttura grammaticale che si è originata in tempi antichi per ragioni economico-strutturali che niente avevano a che fare con l'ideologia. Accusare la lingua di essere sessista è un non senso perché non è essa in sé a esserlo, ma semmai il sessismo sta nelle intenzioni e nei modi in cui viene usata.

Vabbe', non mi dilungo oltre. Queste poche righe solo per invogliare chi è interessato a questi temi a provare a leggerlo. Tra l'altro si tratta di un saggio piuttosto agile (poco più di 120 pagine) che può essere letto anche da chi ha poca dimestichezza coi libri.

lunedì 17 febbraio 2025

Aggressività


Uno dei capitoli più interessanti di La scimmia nuda, dell'etologo britannico Desmond Morris, riguarda la conflittualità, ossia la principale forma di interazione tra gli essere umani e tra gli animali (anche noi siamo animali, ma per non irritare i tanti convinti che noi siamo qualcosa di diverso e più "elevato" mantengo la distinzione).

È inutile che stiamo a raccontarci illusoriamente che l'essere umano in fondo è buono e bendisposto verso i suoi simili. L'uomo è per istinto, un istinto nato per ragioni evolutive, principalmente aggressivo e conflittuale, aggressività che poi si trasforma anche negli orrori delle guerre. Per una sorta di ironico paradosso i massacri delle guerre sono generati dall'impulso ad aiutare i nostri simili, dove per simili si intendono gli appartenenti al medesimo gruppo.

In realtà, quindi, l'uomo per natura non è né buono né cattivo, ma può essere l'una o l'altra cosa a seconda dell'ambiente in cui si trova.

Per il 99% della nostra storia evolutiva siamo vissuti in contesti sociali dove gli esseri umani formavano gruppi di 50-100 individui. Le grandi aggregazioni umane sono cominciate a esistere a partire più o meno dal neolitico, tra i 10 e i 12.000 anni fa, quando nacquero l'agricoltura e l'allevamento. Ma 10.000 anni sono un battito di ciglia rispetto ai milioni di anni in cui i nostri antenati hanno vissuto in gruppi di poche decine di persone che combattevano altri gruppi per il territorio e la caccia, e l'istinto maturato in milioni di anni non si cancella in 10.000.

Ricordo una bellissima lezione di Dario Fabbri in cui si spiegava che gli istinti da cui nascono i grandi genocidi della storia e le risse tra genitori in tribuna a una partita di calcetto sono i medesimi e vengono tutti da lì.

sabato 15 febbraio 2025

Svarioni

L'equiparazione fatta da Mattarella tra la Russia e il Terzo Reich mi lascia parecchio perplesso, nel senso che mi pare improponibile proprio dal punto di vista storico. In primo luogo perché noi italiani dal '39 al '43 siamo stati alleati della Germania nazista. In secondo luogo perché il contributo dell'Unione Sovietica alla sconfitta di Hitler e del Nazismo in Europa è stato decisivo e determinante. In terzo luogo perché se è vero, come è vero, che la Russia ha invaso l'Ucraina, è altrettanto vero che diversi paesi europei hanno ripetutamente invaso la Russia negli ultimi 200 anni: tre volte l'abbiamo invasa noi italiani (guerra di Crimea, intervento nella guerra civile durante la Rivoluzione d'ottobre, invasione della Federazione russa al fianco di Hitler durante la Seconda guerra mondiale); due volte gli inglesi; una volta gli americani; svariate volte i tedeschi.

Senza dimenticare il tributo pagato dall'Unione Sovietica, 25 milioni di morti, per liberare l'Europa dal Nazismo.

Mattarella queste cose non le sa? Certo che le sa, ci mancherebbe. Così come è certo che Mattarella non improvvisa mai i suoi discorsi e le sue lezioni e ogni volta che dice qualcosa sa perfettamente l'impatto e le reazioni che ciò che dice provocherà. Ecco perché questa uscita mi lascia perplesso e mi impedisce, questa volta, di aggregarmi al coro di solidarietà nei suoi confronti dopo gli attacchi del Cremlino.

martedì 11 febbraio 2025

Ammissioni

Il presidente del Consiglio di un governo minimamente serio si presenterebbe in televisione, magari da Vespa, ché lì non si corrono grossi rischi, e direbbe: Abbiamo messo in campo la sceneggiata dei centri per migranti in Albania quando sapevamo fin dall'inizio che sarebbero stati un buco nell'acqua. Sono costati un vagone di soldi pubblici che magari si sarebbero potuti spendere in maniera più proficua e per indorare la pillola vi abbiamo raccontato che tutta la sceneggiata avrebbe costituito un deterrente alle partenze.

(Come se un disperato che parte dalla Nigeria, attraversa il deserto - se riesce ad attraversarlo -, viene preso a legnate per uno o due anni in un lager libico e se sopravvive prova ad attraversare il Mediterraneo su una bagnarola di cartone, avesse timore di finire qualche giorno in Albania.)

Ecco - proseguirebbe il presidente del Consiglio di cui sopra - siccome non possiamo più nascondere il fallimento per non scavarci ancora di più la fossa del ridicolo da soli, sono costretto ad ammettere che il progetto è fallito. Mi spiace.

Naturalmente, aspettarsi una pubblica ammissione del genere da parte del presidente del Consiglio di questo governo è pura utopia. Si fa giusto per immaginare per un attimo di essere un paese normale guidato da un governo normale.

domenica 9 febbraio 2025

Per sempre

 


Una volta lo facevo regolarmente, ma da tempo raramente scrivo impressioni e commenti sui libri che leggo, per lo più per mancanza di voglia. Faccio un'eccezione per questo romanzo perché mi è piaciuto tantissimo e anche perché mi ha consentito di scoprire Richard Ford, uno scrittore che, colpevolmente, non conoscevo. 

Il libro narra la storia di Frank Bascombe e Paul Bascombe, rispettivamente padre e figlio. A 47 anni Paul scopre di essere malato di una forma piuttosto aggressiva di SLA che lo porterà velocemente alla fine. Ciò investirà suo padre del compito più ingrato e straziante che un genitore può trovarsi obbligato ad adempiere: assistere e accompagnare il proprio figlio alla morte. 

La descrizione del rapporto strettissimo che si instaura tra i due, col padre costretto a seguire il figlio nell'esecuzione dei più banali compiti della vita quotidiana, è caratterizzato da tentativi più o meno riusciti di comprendersi a vicenda (i due sono di indole e carattere diversissimi), ma anche da scambi e riflessioni sulla fragilità della vita, sulla morte, sulla natura dei rapporti umani, il tutto reso con la prosa vivace, a tratti spiazzante per intuizioni ed espedienti narrativi, dell'autore.

Uno dei romanzi più belli letti finora quest'anno.

giovedì 6 febbraio 2025

Trattare con l'orco

È passata velocemente, fin troppo, la notizia che Zelensky alla fine ha rotto gli indugi e si è detto pronto a sedersi a un tavolo con Putin

Non mi pare una notizia di poco conto, anzi mi sembra di una notevole rilevanza. Zelensky, e in generale la Nato, hanno ripetuto fin dal primo giorno di invasione e fino all'ossessione che con Putin non si tratta, non si negozia, non si parla. Contro la Russia si fa la guerra. Poi magari si parla, si fanno affari e si banchetta allegramente col piu grande criminale di guerra della storia recente, Netanyahu, ma non con Putin, in ossequio al nostro ormai leggendario doppio standard per il quale siamo famosi nel globo.

E guerra si è fatta, grazie all'aiuto del fiume di denaro e di armi che dal febbraio 2022 sono stati dati dall'Occidente all'Ucraina. Il problema è che l'Ucraina questa guerra l'ha persa, e l'ha persa malamente, come del resto riconosceva implicitamente lo stesso Zelensky nel novembre scorso, quando ammetteva che l'unica via per salvare il salvabile era negoziare. E come già vaticinavano i tanti che invocavano da subito la via del negoziato perché avevano capito che l'entità dei rapporti di forza non giocava in favore dell'Ucraina.

Adesso Zelensky, di fronte al disastro, chiede di sedersi a un tavolo con l'orco e nessuno dalle parti della Nato fiata. Una interessante analisi sugli altri motivi che hanno indotto Zelensky a prendere questa decisione la fa Matteo Saudino qui.

Le guerre per la lingua

Terminato ora. Un saggio interessantissimo sul linguaggio, la sua struttura, la sua morfologia, le valenze semantiche e il modo in cui si mo...