La domanda non è inutile, visto che c'è già qualche timido tentativo di legittimare l'oblio per legge. Non avete capito di cosa si sta parlando? Non preoccupatevi, all'inizio neppure io. La faccio breve.
Una deputata leghista, tale Carolina Lussana, ha presentato un disegno di legge (qui in pdf) che si potrebbe tranquillamente inquadrare come una sorta di bavaglio-bis. Voi sapete che è in discussione in Parlamento, manca solo l'ultimo passaggio in Senato, il famoso/famigerato decreto sulle intercettazioni, quello che tra le altre cose determinerà la fine della cronaca giudiziaria. Questo nuovo progetto, qualora diventasse legge, rappresenterebbe il completamento dell'opera, nel senso che la morte della cronaca giudiziaria impedirà di sapere tutte le notizie sulle inchieste in corso, quello della Lussana metterà la definitiva pietra tombale pure su quelle passate e chiuse.
Questo disegno, infatti, si prefigge lo scopo di eliminare da internet i riferimenti alle vicende giudiziarie, già chiuse e passate in giudicato, di qualsiasi persona. In pratica una sorta di cancellazione della memoria, come se l'Italia non avesse già poca memoria storica. Insomma, la rete ha la memoria troppo lunga, bisogna accorciargliela, meglio che certe cose non rimangano.
Da un certo punto di vista, alcuni aspetti di questa proposta non sarebbero neppure tutti da buttare - penso ad esempio ad un privato cittadino che ha avuto nel suo passato guai con la giustizia e magari ha chiuso le sue pendenze -, ma questo discorso si ferma in presenza di chi, a qualsiasi titolo, ha prerogative pubbliche: politici, imprenditori, amministratori pubblici, manager d'azienda. Se qualcuno di questi signori, a cui spesso viene affidata la gestione e l'amministrazione della cosa pubblica, ha avuto pendenze con la giustizia, non è giusto che si sappia? Non è giusto che le sue vicende rimangano "in memoria", per così dire? Io penso di sì.
In più, pensandoci bene, tutto il progetto fa acqua pure se riferito a un privato cittadino. Se una persona qualsiasi ha avuto ad esempio una condanna definitiva per pedofilia, non è giusto che questa cosa rimanga? Io penso proprio di sì. Bene, la legge in questione, se non ho inteso male, vorrebbe eliminare tutto questo, vorrebbe legittimare per legge la dimenticanza e cancellare il passato scomodo di ognuno (e in Parlamento, guarda caso, esempi non mancano); quel passato, invece, che nella stragrande maggioranza dei casi è bene che resti a galla. Sempre. E per fare questo cosa si colpisce? Internet, è ovvio, quel maledetto strumento che col passare del tempo (e delle leggi) sta diventando sempre di più un lusso, e la cui sopravvivenza deve vedersela con tutta la lunga serie di tentativi politici di ingabbiamento perseguiti con tenacia in questi ultimi tempi.
martedì 30 giugno 2009
Noi (Tanzi) e loro (Madoff)
Ho già parlato in un precedente post della vicenda Madoff, e di come l'Italia e il suo sistema penale e giudiziario - entrambi ridotti ormai allo sfascio - escano con le ossa rotte da questo raffronto, e quindi non ci tornerò sopra un'altra volta.
Mi limito a riportare un breve estratto di un articolo di Carlo Federico Grosso, pubblicato questa mattina su La Stampa (la versione integrale è qui).
Non penso ci sia molto da aggiungere.
Un risultato deludente. Tanto più deludente se si considera che, dati i tempi dei giudizi di appello e di cassazione, è ragionevole pensare che i delitti contestati risulteranno in ogni caso prescritti prima della sentenza definitiva. Se si valuta che negli Stati Uniti Madoff, raggiunto, come era naturale, da custodia cautelare, ha affrontato il processo agli arresti domiciliari, e si appresta a passare in carcere quanto gli rimane da vivere, mentre in Italia, dopo una breve custodia, lo stesso Tanzi è stato subito scarcerato ed eviterà sicuramente il carcere quand’anche taluna delle pene alle quali fosse definitivamente condannato non dovesse risultare prescritta, la differenza fra la giustizia americana e quella italiana appare, anche sotto questo profilo, enorme. Le vicende parallele della giustizia americana e di quella italiana in materia di criminalità economica dovrebbero pertanto indurre a riflettere chi ha responsabilità di governo: non è tollerabile che in Italia criminali economici e colletti bianchi, sotto la copertura di una giustizia penale complessivamente malfunzionante, siano, comunque sostanzialmente certi della loro impunità, qualunque delitto abbiano commesso. Non a caso il giudice americano che ha condannato Madoff, a commento della sua decisione, ha dichiarato che le sentenze, al di là delle conseguenze che cagionano al condannato, hanno un importante «valore simbolico», in quanto costituiscono un «monito importante» per quanti vorrebbero allo stesso modo delinquere. È ciò che noi chiamiamo «efficacia preventiva» della pena, un principio mai così negletto come di questi tempi.
Mi limito a riportare un breve estratto di un articolo di Carlo Federico Grosso, pubblicato questa mattina su La Stampa (la versione integrale è qui).
Non penso ci sia molto da aggiungere.
Un risultato deludente. Tanto più deludente se si considera che, dati i tempi dei giudizi di appello e di cassazione, è ragionevole pensare che i delitti contestati risulteranno in ogni caso prescritti prima della sentenza definitiva. Se si valuta che negli Stati Uniti Madoff, raggiunto, come era naturale, da custodia cautelare, ha affrontato il processo agli arresti domiciliari, e si appresta a passare in carcere quanto gli rimane da vivere, mentre in Italia, dopo una breve custodia, lo stesso Tanzi è stato subito scarcerato ed eviterà sicuramente il carcere quand’anche taluna delle pene alle quali fosse definitivamente condannato non dovesse risultare prescritta, la differenza fra la giustizia americana e quella italiana appare, anche sotto questo profilo, enorme. Le vicende parallele della giustizia americana e di quella italiana in materia di criminalità economica dovrebbero pertanto indurre a riflettere chi ha responsabilità di governo: non è tollerabile che in Italia criminali economici e colletti bianchi, sotto la copertura di una giustizia penale complessivamente malfunzionante, siano, comunque sostanzialmente certi della loro impunità, qualunque delitto abbiano commesso. Non a caso il giudice americano che ha condannato Madoff, a commento della sua decisione, ha dichiarato che le sentenze, al di là delle conseguenze che cagionano al condannato, hanno un importante «valore simbolico», in quanto costituiscono un «monito importante» per quanti vorrebbero allo stesso modo delinquere. È ciò che noi chiamiamo «efficacia preventiva» della pena, un principio mai così negletto come di questi tempi.
Digitale terrestre e rifiuti elettronici, ne parliamo?
C'è un nesso tra il veloce avvento della nuova tecnologia del digitale terrestre e i rifiuti elettronici? Probabilmente sì, il problema è che nessuno ne parla. Occorre però, per inquadrare bene il problema, una breve premessa.
I televisori, i pc, tutti i piccoli e grandi elettrodomestici, al termine del loro ciclo di vita diventano rifiuti elettronici e, allo stesso modo dei normali rifiuti, vanno eliminati. Non è infrequente, purtroppo, imbattersi nel bruttissimo spettacolo costituito da televisori, pc, stampanti, o altri elettrodomestici abbandonati alla meglio a fianco dei normali cassonetti delle nostre città nella speranza che gli spazzini li raccolgano. Questo è il modo peggiore e più sbagliato di sbarazzarsi di questi apparecchi, che come è noto contengono al loro interno moltissime parti altamente inquinanti.
Anche se probabilmente non tutti lo sanno, esiste una direttiva europea, recentemente recepita anche qui in Italia, che disciplina la raccolta e lo smaltimento differenziato di questi tipi di prodotti. Si tratta della cosiddetta direttiva RAEE. Questo sistema di raccolta differenziata è stato introdotta in Italia il 1 gennaio 2008 in recepimento a una direttiva UE che risale addirittura al 2002. Il problema, però, è che l'applicazione di questa direttiva è stata, nel silenzio generale, ulteriormente prorogata al 31 dicembre di quest'anno.
Apparentemente, lo slittamento di un anno potrebbe non sembrare così grave, ma c'è da tenere conto, e mi riallaccio a quanto scrivevo all'inizio, che ci troviamo nel periodo di maggiore espansione del digitale terrestre. Voi sapete che questa tecnologia obbliga gli utenti ad acquistare un decoder, oppure un nuovo apparecchio televisivo già predisposto per il digitale terrestre. Quanti saranno quindi gli utenti, magari in possesso di un apparecchio già vecchiotto, che decideranno di acquistarne uno nuovo? Ma, soprattutto, come si sbarazzeranno del vecchio?
Questa domanda se l'è posta l'associazione perilbenecomune.org, che in questo articolo pubblicato sul suo sito ha messo in luce parecchi aspetti poco noti (e molto scomodi) sul pericoloso binomio digitale terrestre/rifiuti elettronici. L'accusa principale che viene rivolta a tutto il progetto, e al governo, è quella di aver fatto una grande campagna in favore del digitale terrestre senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze e degli effetti che questo può avere sull'ambiente.
Ovviamente si tratta di previsioni, ma non è difficile ipotizzare che potrebbero essere tutt'altro che campate per aria, complice anche l'atteggiamento piuttosto irresponsabile tenuto dal governo finora.
Ci sarebbero anche da mettere in evidenza, per quelli magari che non si sono mai posti il problema, le conseguenze disastrose che i rifiuti tecnologici del mondo occidentale stanno provocando da anni in vaste zone del sud del mondo, a tutti gli effetti trasformate in gigantesche discariche a cielo aperto di questi veleni. Alcuni anni fa, ricordo, pubblicai un articolo in proposito sul mio sito internet. Se volete darci un'occhiata lo trovate qui.
Io comunque mi farei un promemoria, ho l'impressione che in futuro sentiremo parlare ancora di questo problema.
I televisori, i pc, tutti i piccoli e grandi elettrodomestici, al termine del loro ciclo di vita diventano rifiuti elettronici e, allo stesso modo dei normali rifiuti, vanno eliminati. Non è infrequente, purtroppo, imbattersi nel bruttissimo spettacolo costituito da televisori, pc, stampanti, o altri elettrodomestici abbandonati alla meglio a fianco dei normali cassonetti delle nostre città nella speranza che gli spazzini li raccolgano. Questo è il modo peggiore e più sbagliato di sbarazzarsi di questi apparecchi, che come è noto contengono al loro interno moltissime parti altamente inquinanti.
Anche se probabilmente non tutti lo sanno, esiste una direttiva europea, recentemente recepita anche qui in Italia, che disciplina la raccolta e lo smaltimento differenziato di questi tipi di prodotti. Si tratta della cosiddetta direttiva RAEE. Questo sistema di raccolta differenziata è stato introdotta in Italia il 1 gennaio 2008 in recepimento a una direttiva UE che risale addirittura al 2002. Il problema, però, è che l'applicazione di questa direttiva è stata, nel silenzio generale, ulteriormente prorogata al 31 dicembre di quest'anno.
Apparentemente, lo slittamento di un anno potrebbe non sembrare così grave, ma c'è da tenere conto, e mi riallaccio a quanto scrivevo all'inizio, che ci troviamo nel periodo di maggiore espansione del digitale terrestre. Voi sapete che questa tecnologia obbliga gli utenti ad acquistare un decoder, oppure un nuovo apparecchio televisivo già predisposto per il digitale terrestre. Quanti saranno quindi gli utenti, magari in possesso di un apparecchio già vecchiotto, che decideranno di acquistarne uno nuovo? Ma, soprattutto, come si sbarazzeranno del vecchio?
Questa domanda se l'è posta l'associazione perilbenecomune.org, che in questo articolo pubblicato sul suo sito ha messo in luce parecchi aspetti poco noti (e molto scomodi) sul pericoloso binomio digitale terrestre/rifiuti elettronici. L'accusa principale che viene rivolta a tutto il progetto, e al governo, è quella di aver fatto una grande campagna in favore del digitale terrestre senza preoccuparsi minimamente delle conseguenze e degli effetti che questo può avere sull'ambiente.
A prescindere dall'effettiva utilità collettiva di questa tecnologia[*], è intuibile come si potesse gestire diversamente l'avvio del digitale, permettendo a chi comprava un televisore nuovo di disfarsi con facilità del vecchio apparecchio riportandolo al venditore come rottamazione (e con un piccolo sconto). Bastava prevedere dei container fuori dai centri, almeno quelli della grande distribuzione, in cui riporre gli apparecchi di cui si è pianificata l'obsolescenza con decisione di Stato. Niente di tutto questo: senza nessuna pianificazione, l'ennesima scelta discrezionale dei nostri governi ha rimandato sine die la necessaria assunzione di responsabilità; se non si interviene per tempo, milioni di vecchi televisori e vecchi registratori andranno con ogni probabilità a fare danni in discariche non attrezzate, rilasciando in ambiente la pletora di sostanze chimiche di cui sono composte al loro interno.
Ovviamente si tratta di previsioni, ma non è difficile ipotizzare che potrebbero essere tutt'altro che campate per aria, complice anche l'atteggiamento piuttosto irresponsabile tenuto dal governo finora.
Ci sarebbero anche da mettere in evidenza, per quelli magari che non si sono mai posti il problema, le conseguenze disastrose che i rifiuti tecnologici del mondo occidentale stanno provocando da anni in vaste zone del sud del mondo, a tutti gli effetti trasformate in gigantesche discariche a cielo aperto di questi veleni. Alcuni anni fa, ricordo, pubblicai un articolo in proposito sul mio sito internet. Se volete darci un'occhiata lo trovate qui.
Io comunque mi farei un promemoria, ho l'impressione che in futuro sentiremo parlare ancora di questo problema.
lunedì 29 giugno 2009
Il virus Berlusconi
Potevano i criminali informatici farsi scappare l'occasione di utilizzare le recenti vicende del presidente del Consiglio per i loro loschi scopi? Certo che no. Ecco infatti fare capolino una e-mail truffaldina, apparentemente inviata da YouTube, che è già in circolazione da qualche giorno (nella mia casella di posta è arrivata il 25 giugno).
Ecco il testo:
Ovviamente YouTube non c'entra un bel niente in tutto questo, e pure il sito youtorube.com (notate la sottile differenza con youtube.com) al momento risulta irragiungibile.
La tecnica psicologica utilizzata dagli spammer non è nuova, e fa leva sulla curiosità indotta dal presunto video che riprenderebbe il premier Berlusconi a spasso con la famosa escort, quella che pare gli abbia tenuto compagnia a Palazzo Grazioli.
Ovviamente, cliccando sul link indicato nella mail non si scarica certo il famoso codec, ma si viene reindirizzati al sito truffaldino "youtorube" (ora non più accessibile) dove, tramite un ulteriore link, era possibile installare nel pc un bel worm.
La cosa singolare, è che non si tratta della prima volta che l'attuale premier viene "utilizzato" dagli spammer. Già nel 2006, infatti, circolava un'e-mail secondo la quale, pensate un po', Berlusconi era stato ucciso.
Non c'è che dire, questi spammer hanno una bella fantasia.
Ecco il testo:
Hai visto cosa combina il nostro presidente del consiglio Silvio Berlusconi ? Hai seguito la sua vicenda sulle escort ?
Grazie ad un giornalista di LEGGO, abbiamo l'opportunita di vedere il nostro premier mentre gira insieme alla escort
uscita da poco sui giornali..se vuoi vederli, il link e questo : http://youtorube.com/watchv=W3k9pMtrccQ.html
PER VISUALIZZARE IL VIDEO, E' NECESSARIO INSTALLARE IL SEGUENTE CODEC
Ovviamente YouTube non c'entra un bel niente in tutto questo, e pure il sito youtorube.com (notate la sottile differenza con youtube.com) al momento risulta irragiungibile.
La tecnica psicologica utilizzata dagli spammer non è nuova, e fa leva sulla curiosità indotta dal presunto video che riprenderebbe il premier Berlusconi a spasso con la famosa escort, quella che pare gli abbia tenuto compagnia a Palazzo Grazioli.
Ovviamente, cliccando sul link indicato nella mail non si scarica certo il famoso codec, ma si viene reindirizzati al sito truffaldino "youtorube" (ora non più accessibile) dove, tramite un ulteriore link, era possibile installare nel pc un bel worm.
La cosa singolare, è che non si tratta della prima volta che l'attuale premier viene "utilizzato" dagli spammer. Già nel 2006, infatti, circolava un'e-mail secondo la quale, pensate un po', Berlusconi era stato ucciso.
Non c'è che dire, questi spammer hanno una bella fantasia.
Ma il pc cosa c'entra, poverino?
Scusate, ma ogni tanto bisogna anche ridere un po', e quindi ve la riporto esattamente come l'ho trovata sul sito dell'Ansa.
CAVASSO NUOVO (PORDENONE), 29 GIU - Il computer va in til e lui gli spara. E' accaduto a Cavasso Nuovo (Pn), protagonista un pensionato di 68 anni. Evidentemente esasperato dalle 'lentezze' e dalle 'bizze' del suo pc, l'uomo, secondo il racconto dei Carabinieri che e' intervenuta per sequestrare l'arma, ha atteso invano lunghissimi minuti, sperando che la situazione si sbloccasse. Poi, spazientito, ha sparato 5 colpi al pc con la sua calibro 22 regolarmente denunciata. L'arma e' stata sequestrata.
Una domanda: secondo voi che sistema operativo era installato su quel pc? :-)
CAVASSO NUOVO (PORDENONE), 29 GIU - Il computer va in til e lui gli spara. E' accaduto a Cavasso Nuovo (Pn), protagonista un pensionato di 68 anni. Evidentemente esasperato dalle 'lentezze' e dalle 'bizze' del suo pc, l'uomo, secondo il racconto dei Carabinieri che e' intervenuta per sequestrare l'arma, ha atteso invano lunghissimi minuti, sperando che la situazione si sbloccasse. Poi, spazientito, ha sparato 5 colpi al pc con la sua calibro 22 regolarmente denunciata. L'arma e' stata sequestrata.
Una domanda: secondo voi che sistema operativo era installato su quel pc? :-)
Metti una sera a cena (con due giudici della Consulta)
La notizia è passata piuttosto in fretta, quasi senza dare nell'occhio, tanto che a parte Repubblica non mi pare ne abbia parlato nessun altro.
Ora, può darsi benissimo che non meritasse effettivamente molta visibilità; in fondo si è trattato solo di una cena tra vecchi amici. Se però al convitto in questione prendono parte, tra gli altri, il presidente del Consiglio, il ministro della Giustizia e due giudici appartenenti al collegio giudicante che il prossimo ottobre dovrà esprimersi sulla legittimità costituzionale del lodo Alfano, insomma se giudicante e giudicato siedono a cena insieme, forse qualche pensiero può venire.
Ora, può darsi benissimo che non meritasse effettivamente molta visibilità; in fondo si è trattato solo di una cena tra vecchi amici. Se però al convitto in questione prendono parte, tra gli altri, il presidente del Consiglio, il ministro della Giustizia e due giudici appartenenti al collegio giudicante che il prossimo ottobre dovrà esprimersi sulla legittimità costituzionale del lodo Alfano, insomma se giudicante e giudicato siedono a cena insieme, forse qualche pensiero può venire.
Affinità e divergenze tra Italia e Iran
Nei giorni scorsi, mentre me ne stavo beatamente in vacanza, ho seguito, tra le altre, la vicenda della presunta censura da parte del tg1 in merito ai fatti di Palazzo Grazioli. Come sapete, i tiggì in genere non li guardo, tranne a volte quello di Emilio Fede quando sono giù di morale. Se quanto ho letto sui giornali corrisponde a verità, pare che il principale tg della tv di stato abbia deliberatamente scelto, come ha poi ammesso il neo direttore al divampare delle polemiche, di non occuparsi dell'inchiesta barese che vede il premier coinvolto nella famosa storia di escort, ragazze-immagine e compagnia bella.
Immediatamente, pur coi dovuti distinguo, mi è venuto in mente quanto sta succedendo in Iran. Pure là la censura di stato impone di non parlare di quello che sta accadendo, e pure là, come qui, internet è l'unico mezzo che permette il libero circolare delle informazioni e lo scavalcamento del tg1 e di altri telegiornali o presunti tali. Minzolini, nel video in cui spiega le ragioni per cui ha scelto il blackout totale sulle vicende di Bari, si giustifica dicendo che si tratta di gossip, di fantasie, di chiacchiericcio che non merita la prima pagina perché sono ben altre le notizie che la meritano. Può darsi che abbia ragione, certo, ma alcuni fatti sono da tenere in considerazione.
Innanzitutto, è giusto che un direttore di telegiornale si arroghi il diritto di decidere cosa è una notizia e cosa non lo è? Io penso che la notizia, specie se ha le ripercussioni e le implicazioni del cosiddetto Bari-gate, vada data; saranno semmai gli utenti a decidere se sia una notizia oppure no. E poi, sinceramente, non mi pare che ci siano molti dubbi in proposito. Non si spiegherebbe altrimenti la presa di posizione dei giornalisti e dei vari comitati di redazione di tutti i tg della Rai, che in un documento comune hanno denunciato e condannato unanimemente la disinformazione diffusa dal principale tiggì della tv pubblica di stato.
A questo va naturalmente aggiunto che della vicenda Berlusconi-D'Addario si stanno occupando incessantemente, come scrivevo prima, praticamente tutte le testate del mondo. Siamo arrivati al punto, insomma, che un italiano che volesse avere notizie dettagliate sulla vicenda dovrebbe recarsi... all'estero. Oppure usare internet.
Molti potrebbero pensare che le vicende private del cavaliere non devono interessare gli italiani, che lui in fondo è libero di andare a letto con gli pare e, se gli va, pure di pagare per farlo. Questo ragionamento apparentemente non fa una piega, ma se le cose stanno così, coerenza vorrebbe che almeno evitasse di presentarsi al Family Day.
E poi non so se ricordate, ma qualche tempo fa, nel pieno della bufera, venne fuori che l'ingresso a Palazzo Grazioli non era minimamente sorvegliato; chiunque, in pratica, poteva entrare o uscire senza essere sottoposto al benché minimo controllo dagli apparati di sicurezza. E probabilmente è anche a causa di questo lassismo che la famosa D'Addario ha potuto - dice lei - documentare la notte di sesso col premier con tanto di registrazione audio e foto scattate alla camera da letto.
E se l'ha fatto lei senza problemi, quante persone possono ipoteticamente aver fatto filmini o foto utilizzando un semplice telefonino? E siamo quindi ancora così sicuri che la faccenda, come afferma Minzolini, debba essere catalogata come semplice gossip o chiacchiericcio e che debba riguardare esclusivamente la vita privata del premier? Qualcuno qualche dubbio comincia ad averlo.
Immediatamente, pur coi dovuti distinguo, mi è venuto in mente quanto sta succedendo in Iran. Pure là la censura di stato impone di non parlare di quello che sta accadendo, e pure là, come qui, internet è l'unico mezzo che permette il libero circolare delle informazioni e lo scavalcamento del tg1 e di altri telegiornali o presunti tali. Minzolini, nel video in cui spiega le ragioni per cui ha scelto il blackout totale sulle vicende di Bari, si giustifica dicendo che si tratta di gossip, di fantasie, di chiacchiericcio che non merita la prima pagina perché sono ben altre le notizie che la meritano. Può darsi che abbia ragione, certo, ma alcuni fatti sono da tenere in considerazione.
Innanzitutto, è giusto che un direttore di telegiornale si arroghi il diritto di decidere cosa è una notizia e cosa non lo è? Io penso che la notizia, specie se ha le ripercussioni e le implicazioni del cosiddetto Bari-gate, vada data; saranno semmai gli utenti a decidere se sia una notizia oppure no. E poi, sinceramente, non mi pare che ci siano molti dubbi in proposito. Non si spiegherebbe altrimenti la presa di posizione dei giornalisti e dei vari comitati di redazione di tutti i tg della Rai, che in un documento comune hanno denunciato e condannato unanimemente la disinformazione diffusa dal principale tiggì della tv pubblica di stato.
"Siamo tutti Tg1, siamo tutti, noi giornalisti della Rai, contro le scelte editoriali di chi occulta le notizie e rende agli italiani un pessimo servizio pubblico radiotelevisivo".
[...]
"...è ora che egli 'comprenda', sottolineano i rappresentanti sindacali dei giornalisti, qual è il compito del direttore di una testata del servizio pubblico, tenuta a raccontare e rappresentare, con tutti i punti di vista, i fatti che hanno rilevanza nella vita del Paese. Un impegno che mai può venir meno e mai può permettersi di tacere notizie o impedire una loro corretta e completa lettura".
A questo va naturalmente aggiunto che della vicenda Berlusconi-D'Addario si stanno occupando incessantemente, come scrivevo prima, praticamente tutte le testate del mondo. Siamo arrivati al punto, insomma, che un italiano che volesse avere notizie dettagliate sulla vicenda dovrebbe recarsi... all'estero. Oppure usare internet.
Molti potrebbero pensare che le vicende private del cavaliere non devono interessare gli italiani, che lui in fondo è libero di andare a letto con gli pare e, se gli va, pure di pagare per farlo. Questo ragionamento apparentemente non fa una piega, ma se le cose stanno così, coerenza vorrebbe che almeno evitasse di presentarsi al Family Day.
E poi non so se ricordate, ma qualche tempo fa, nel pieno della bufera, venne fuori che l'ingresso a Palazzo Grazioli non era minimamente sorvegliato; chiunque, in pratica, poteva entrare o uscire senza essere sottoposto al benché minimo controllo dagli apparati di sicurezza. E probabilmente è anche a causa di questo lassismo che la famosa D'Addario ha potuto - dice lei - documentare la notte di sesso col premier con tanto di registrazione audio e foto scattate alla camera da letto.
E se l'ha fatto lei senza problemi, quante persone possono ipoteticamente aver fatto filmini o foto utilizzando un semplice telefonino? E siamo quindi ancora così sicuri che la faccenda, come afferma Minzolini, debba essere catalogata come semplice gossip o chiacchiericcio e che debba riguardare esclusivamente la vita privata del premier? Qualcuno qualche dubbio comincia ad averlo.
domenica 28 giugno 2009
[libri] Baudolino - Italiano, lezioni semiserie [/libri]
In questi giorni ho finito di leggere un paio di libri: Baudolino, di Umberto Eco, e Italiano, lezioni semiserie, di Beppe Severgnini. Riporto qui di seguito alcune impressioni.
Il libro di Eco (immagine qui a fianco) l'avevo iniziato un bel po' di tempo fa e ho terminato di leggerlo il giorno prima di partire per le vacanze. Non so se esista un tempo "accettabile" per leggere un libro, né so, eventualmente, quale parametro adottare per definire tale termine. Se esiste, io l'ho sicuramente oltrepassato.
E' il primo libro che ho preso in mano di Eco, ed è pure il primo romanzo che ho letto ambientato nel medioevo, e devo dire che la lettura, se si esclude il finale, non è stata in generale molto stimolante, anzi, a tratti si è rivelata pure faticosa. L'ho infatti abbandonato e poi ripreso parecchie volte e tutte le volte mi ripromettevo di abbandonarlo di nuovo per sempre. Non so, sarà stato il miscuglio iniziale di latino, latino volgare mischiato al genovese e ad altri idiomi a farmi questo scherzo. E pensare che in fondo le avventure narrate dal protagonista hanno, a tratti, suscitato anche ilarità, vere e proprie risate: gli aneddoti, le situazioni, i paradossi, tutto ha concorso a rendere il romanzo (in alcune sue parti) anche divertente.
Se si tolgono però queste parti, tutto il resto l'ho trovato abbastanza pesante. Anche perché la molteplicità delle avventure e delle situazioni narrate dal protagonista al suo interlocutore (Niceta), spesso non sono concatenate le une con le altre, non hanno un filo logico, o almeno io non l'ho trovato.
Italiano, lezioni semiserie, invece, l'ho divorato in due giorni. Si tratta di un godibilissimo libro di Beppe Severgnini, scrittore e noto giornalista del Corriere della Sera, che si è divertito a elencare i maggiori "crimini" che abitualmente vengono commessi dai "malavitosi della sintassi" ai danni della lingua italiana: l'errato uso delle declinazioni verbali, i terribili (e temibili) congiuntivi, la prolissità, l'uso irragionevole e inutile degli inglesismi nella lingua italiana. In più, una serie di nozioni sull'uso corretto della punteggiatura, degli articoli, delle parentesi; il tutto trattato con arguzia, sarcasmo e una giusta dose di ironia.
Insomma, un libro adatto a chi ha poca dimestichezza con l'italiano, certamente, ma anche e soprattutto - ahimè, mi ci metto anch'io - a chi ha sempre pensato di scrivere in maniera decente.
Il libro di Eco (immagine qui a fianco) l'avevo iniziato un bel po' di tempo fa e ho terminato di leggerlo il giorno prima di partire per le vacanze. Non so se esista un tempo "accettabile" per leggere un libro, né so, eventualmente, quale parametro adottare per definire tale termine. Se esiste, io l'ho sicuramente oltrepassato.
E' il primo libro che ho preso in mano di Eco, ed è pure il primo romanzo che ho letto ambientato nel medioevo, e devo dire che la lettura, se si esclude il finale, non è stata in generale molto stimolante, anzi, a tratti si è rivelata pure faticosa. L'ho infatti abbandonato e poi ripreso parecchie volte e tutte le volte mi ripromettevo di abbandonarlo di nuovo per sempre. Non so, sarà stato il miscuglio iniziale di latino, latino volgare mischiato al genovese e ad altri idiomi a farmi questo scherzo. E pensare che in fondo le avventure narrate dal protagonista hanno, a tratti, suscitato anche ilarità, vere e proprie risate: gli aneddoti, le situazioni, i paradossi, tutto ha concorso a rendere il romanzo (in alcune sue parti) anche divertente.
Se si tolgono però queste parti, tutto il resto l'ho trovato abbastanza pesante. Anche perché la molteplicità delle avventure e delle situazioni narrate dal protagonista al suo interlocutore (Niceta), spesso non sono concatenate le une con le altre, non hanno un filo logico, o almeno io non l'ho trovato.
Italiano, lezioni semiserie, invece, l'ho divorato in due giorni. Si tratta di un godibilissimo libro di Beppe Severgnini, scrittore e noto giornalista del Corriere della Sera, che si è divertito a elencare i maggiori "crimini" che abitualmente vengono commessi dai "malavitosi della sintassi" ai danni della lingua italiana: l'errato uso delle declinazioni verbali, i terribili (e temibili) congiuntivi, la prolissità, l'uso irragionevole e inutile degli inglesismi nella lingua italiana. In più, una serie di nozioni sull'uso corretto della punteggiatura, degli articoli, delle parentesi; il tutto trattato con arguzia, sarcasmo e una giusta dose di ironia.
Insomma, un libro adatto a chi ha poca dimestichezza con l'italiano, certamente, ma anche e soprattutto - ahimè, mi ci metto anch'io - a chi ha sempre pensato di scrivere in maniera decente.
Fine della vacanza, si torna online
Messo così, il titolo, sembra quasi che mi dispiaccia tornare a scrivere nel mio blog. In realtà non mi dispiace affatto; anzi, cominciavo già ad avvertire i primi sintomi di astinenza da pc... :-)
Sulla vacanza vera e propria non è che ci sia molto da dire. Il tempo non sempre è stato dei migliori, purtroppo, ma non ci ha comunque impedito di fare delle tonificanti camminate tra i boschi percorrendo i sentieri delle Dolomiti. Appena avrò un attimo di tempo metterò online qualche foto. La vera novità rispetto agli anni passati, semmai, è stata l'aver fatto la prima vacanza da separati. No, non fraintendete, non separati nel senso che probabilmente avete inteso voi, ma nel senso che quest'anno Francesca, mia figlia più piccola, ha preferito, invece di venire con noi in Trentino, trascorrere la stessa settimana a S.Agata Feltria, al campeggio organizzato dalla scuola.
Naturalmente, anche se me ne stavo in totale relax, ho seguito, leggendo i giornali, gli avvenimenti della settimana. Niente di particolarmente rilevante, mi pare. Tra le cose che mi hanno colpito c'è il ruolo, direi sorprendente, che sta avendo Twitter, i social network e internet in generale nell'aggirare la censura imposta dal regime iraniano. Laddove i giornalisti vengono cacciati e la tv oscurata, c'è internet a garantire in qualche modo la libera circolazione delle notizie e delle informazioni, comprese quelle bloccate dal governo. Una lezione straordinaria per quei paesi (e quei governanti) che ancora pensano di ricorrere alla censura per bloccare il libero flusso delle informazioni.
Qua da noi, ho notato, tiene naturalmente banco il nostro premier e le sue fantastiche esternazioni con le quali ci allieta le giornate. Me ne sono segnate un paio.
Questa perla, partorita venerdì durante l'ultima comparsata in Abruzzo, si commenta da sola. Da notare che il famoso 75%, strombazzato appena alcune settimane fa (e che tale non era neanche allora), si è ridotto a un più ragionevole, anche se tutto da verificare, 61.
La seconda esternazione degna di nota, che vi vado a riproporre qui sotto (il neretto è mio), l'ho letta ieri mattina su Repubblica cartacea, acquistata all'edicola di Pozza di Fassa subito prima di mettermi in macchina per il rientro a casa. Questa uscita è interessante (si fa per dire) perché questa volta, obiettivo degli strali del premier, sono le varie organizzazioni di statistiche e studi economici internazionali e nazionali, rei, secondo lui, di diffondere, tanto per cambiare, sfiducia e pessimismo (chissà se a Draghi fischiavano le orecchie...).
Naturalmente, come al solito, abbiamo capito male noi e tutti i quotidiani che han riportato le sue parole (qui video e audio di Repubblica), tanto è vero che nella serata di ieri è arrivata la precisazione del premier in persona, il quale, esattamente come tutte le altre volte, ha specificato di non aver mai detto le parole "chiudere la bocca". Quest'uomo è una barzelletta, se non ci fosse bisognerebbe inventarlo.
Ricordate il recente rapporto sulla corruzione percepita, stilato dall'ong Trasparency International, che vedeva l'Italia al 55° posto su 180 paesi presi in esame? Bene, a confermare quei dati è arrivata l'altro ieri la relazione annuale della Corte dei Conti, che ha stimato in qualcosa come 50/60 miliardi di euro annui (sì, avete letto bene) la "tassa occulta" a carico degli italiani riconducibile a questo motivo. Dice il procuratore generale della Corte dei Conti:
Se a questo si aggiunge un'evasione fiscale che se fosse recuperata consentirebbe di incamerare, sempre secondo la Corte dei Conti, 100 miliardi di euro l'anno, si capisce bene come siamo messi. Quando poi si leggono notizie come questa, difficile pensare che i vari allarmi che con una certa frequenza vengono lanciati siano campati per aria.
E' morto Michael Jackson. La notizia mi lascia sostanzialmente indifferente, anche se forse non era difficile prevedere che non sarebbe campato ancora a lungo. D'altra parte uno che vende 700 milioni di dischi e se ne va con 500 milioni di dollari di debiti, qualcosa che non va deve averlo per forza. Adesso è iniziato il penoso tira e molla: omicidio? Cocktail letale di farmaci? C'è lo zampino del suo medico personale? Bah...
Dicono fosse un bravo ballerino: non mi esprimo, non sono in grado di giudicare. Neppure musicalmente mi ha mai entusiasmato, in quanto la sua musica non rappresentava certo uno dei miei generi preferiti. Unica eccezione è quel Thriller del 1982, da molti definito uno dei migliori album della storia della musica, che lo consacrò definitivamente una star a livello mondiale. Non so se sia effettivamente uno dei migliori album del mondo; in caso lo sia, comunque, gran parte del merito va sicuramente alle collaborazioni che ha potuto vantare Jackson per la sua realizzazione, che vanno dai Toto, a Paul McCartney ed Eddie Van Halen. Questa qui sotto è Beat It, tratta appunto da quel disco. In questo pezzo la chitarra ritmica è suonata da Steve Lukather, mentre l'assolo è di Van Halen. Non so se senza l'apporto di questi musicisti la riuscita sarebbe stata la medesima.
Buona domenica.
Sulla vacanza vera e propria non è che ci sia molto da dire. Il tempo non sempre è stato dei migliori, purtroppo, ma non ci ha comunque impedito di fare delle tonificanti camminate tra i boschi percorrendo i sentieri delle Dolomiti. Appena avrò un attimo di tempo metterò online qualche foto. La vera novità rispetto agli anni passati, semmai, è stata l'aver fatto la prima vacanza da separati. No, non fraintendete, non separati nel senso che probabilmente avete inteso voi, ma nel senso che quest'anno Francesca, mia figlia più piccola, ha preferito, invece di venire con noi in Trentino, trascorrere la stessa settimana a S.Agata Feltria, al campeggio organizzato dalla scuola.
Naturalmente, anche se me ne stavo in totale relax, ho seguito, leggendo i giornali, gli avvenimenti della settimana. Niente di particolarmente rilevante, mi pare. Tra le cose che mi hanno colpito c'è il ruolo, direi sorprendente, che sta avendo Twitter, i social network e internet in generale nell'aggirare la censura imposta dal regime iraniano. Laddove i giornalisti vengono cacciati e la tv oscurata, c'è internet a garantire in qualche modo la libera circolazione delle notizie e delle informazioni, comprese quelle bloccate dal governo. Una lezione straordinaria per quei paesi (e quei governanti) che ancora pensano di ricorrere alla censura per bloccare il libero flusso delle informazioni.
Qua da noi, ho notato, tiene naturalmente banco il nostro premier e le sue fantastiche esternazioni con le quali ci allieta le giornate. Me ne sono segnate un paio.
«Sono fatto così e non cambio. D'altronde ho la mia età. Se mi vogliono sono così. E gli italiani mi vogliono, ho il 61%. Mi vogliono perché sentono che sono buono, generoso, sincero, leale» (fonte)
Questa perla, partorita venerdì durante l'ultima comparsata in Abruzzo, si commenta da sola. Da notare che il famoso 75%, strombazzato appena alcune settimane fa (e che tale non era neanche allora), si è ridotto a un più ragionevole, anche se tutto da verificare, 61.
La seconda esternazione degna di nota, che vi vado a riproporre qui sotto (il neretto è mio), l'ho letta ieri mattina su Repubblica cartacea, acquistata all'edicola di Pozza di Fassa subito prima di mettermi in macchina per il rientro a casa. Questa uscita è interessante (si fa per dire) perché questa volta, obiettivo degli strali del premier, sono le varie organizzazioni di statistiche e studi economici internazionali e nazionali, rei, secondo lui, di diffondere, tanto per cambiare, sfiducia e pessimismo (chissà se a Draghi fischiavano le orecchie...).
"bisogna far sì che prima di tutto il governo, e in secondo luogo tutte le organizzazioni internazionali contribuiscano a rilanciare la fiducia.
[...]
Un giorno sì e uno no escono e dicono che il deficit è al 5%, meno consumi del 5%, crisi di qui, crisi di là, la crisi ci sarà per fino al 2010, la crisi si chiuderà nel 2011... Un disastro: dovremmo veramente chiudere la bocca a tutti questi signori che parlano, magari perchè di cose che i loro uffici studi gli dicono possono verificarsi, ma che così facendo distruggono la fiducia dei cittadini dell'Europa e del mondo" (fonte)
Naturalmente, come al solito, abbiamo capito male noi e tutti i quotidiani che han riportato le sue parole (qui video e audio di Repubblica), tanto è vero che nella serata di ieri è arrivata la precisazione del premier in persona, il quale, esattamente come tutte le altre volte, ha specificato di non aver mai detto le parole "chiudere la bocca". Quest'uomo è una barzelletta, se non ci fosse bisognerebbe inventarlo.
Ricordate il recente rapporto sulla corruzione percepita, stilato dall'ong Trasparency International, che vedeva l'Italia al 55° posto su 180 paesi presi in esame? Bene, a confermare quei dati è arrivata l'altro ieri la relazione annuale della Corte dei Conti, che ha stimato in qualcosa come 50/60 miliardi di euro annui (sì, avete letto bene) la "tassa occulta" a carico degli italiani riconducibile a questo motivo. Dice il procuratore generale della Corte dei Conti:
«Il fenomeno della corruzione all'interno della P.A. é talmente rilevante e gravido di conseguenze in tempi di crisi come quelli attuali da far più che ragionevolmente temere che il suo impatto sociale possa incidere sullo sviluppo economico del Paese anche oltre le stime effettuate dal servizio Anticorruzione e Trasparenza del ministero della Funzione pubblica, nella misura prossima a 50/60 miliardi di euro all'anno costituenti una vera e propria tassa immorale ed occulta pagata con i soldi prelevati dalle tasche dei cittadini».
Se a questo si aggiunge un'evasione fiscale che se fosse recuperata consentirebbe di incamerare, sempre secondo la Corte dei Conti, 100 miliardi di euro l'anno, si capisce bene come siamo messi. Quando poi si leggono notizie come questa, difficile pensare che i vari allarmi che con una certa frequenza vengono lanciati siano campati per aria.
E' morto Michael Jackson. La notizia mi lascia sostanzialmente indifferente, anche se forse non era difficile prevedere che non sarebbe campato ancora a lungo. D'altra parte uno che vende 700 milioni di dischi e se ne va con 500 milioni di dollari di debiti, qualcosa che non va deve averlo per forza. Adesso è iniziato il penoso tira e molla: omicidio? Cocktail letale di farmaci? C'è lo zampino del suo medico personale? Bah...
Dicono fosse un bravo ballerino: non mi esprimo, non sono in grado di giudicare. Neppure musicalmente mi ha mai entusiasmato, in quanto la sua musica non rappresentava certo uno dei miei generi preferiti. Unica eccezione è quel Thriller del 1982, da molti definito uno dei migliori album della storia della musica, che lo consacrò definitivamente una star a livello mondiale. Non so se sia effettivamente uno dei migliori album del mondo; in caso lo sia, comunque, gran parte del merito va sicuramente alle collaborazioni che ha potuto vantare Jackson per la sua realizzazione, che vanno dai Toto, a Paul McCartney ed Eddie Van Halen. Questa qui sotto è Beat It, tratta appunto da quel disco. In questo pezzo la chitarra ritmica è suonata da Steve Lukather, mentre l'assolo è di Van Halen. Non so se senza l'apporto di questi musicisti la riuscita sarebbe stata la medesima.
Buona domenica.
sabato 20 giugno 2009
Chiuso per ferie
I blogger vanno in ferie? Non lo so. Io sicuramente sì. Da oggi fino a domenica prossima, infatti, come faccio ormai da parecchi anni, mi trasferirò qui, armi e bagagli, per godermi con la mia famiglia una settimana lontano dal pc (ce la farò?), dal lavoro, dalla routine quotidiana. Solo passeggiate, libri, chitarra e la mia fida fotocamera.
Ciao a tutti.
venerdì 19 giugno 2009
Ma la crisi non era in via di superamento?
Mentre l'informazione continua, volente o nolente, a rimanere ostaggio delle vicende gossippare del nostro arzillo presidente del consiglio, può capitare che passino in secondo piano altre notizie, che magari saranno sicuramente meno interessanti dal punto di vista morboso-mediatico, ma che fanno a pugni coi recenti annunci che vogliono la crisi economica in via di rallentamento, se non addirittura già quasi risolta.
Ora, si sa, raccontare balle non è una prerogativa esclusiva di un partito o di una formazione politica in particolare, ma è un atteggiamento sostanzialmente bipartisan. I dati sull'occupazione, pubblicati oggi dal Sole24Ore, dicono ad esempio che nei primi 3 mesi di quest'anno 204.000 persone in Italia hanno perso il lavoro, principalmente tra quelle socialmente più "deboli", ossia precari e piccoli imprenditori. Ed è interessante (si fa per dire) notare come questo calo di occupazione si stia verificando principalmente nelle ricche regioni del nord.
Da notare, che appena ieri la signora Marcegaglia ha rivolto per la terza volta in pochi giorni un accorato appello al governo perché esca dall'ignavia e metta finalmente in campo qualcosa di concreto, se non si vuole correre il rischio di essere ancora qui, tra 5 anni, a piangerci addosso.
Noemi, villa Certosa e Bari-gate permettendo, ovviamente.
Ora, si sa, raccontare balle non è una prerogativa esclusiva di un partito o di una formazione politica in particolare, ma è un atteggiamento sostanzialmente bipartisan. I dati sull'occupazione, pubblicati oggi dal Sole24Ore, dicono ad esempio che nei primi 3 mesi di quest'anno 204.000 persone in Italia hanno perso il lavoro, principalmente tra quelle socialmente più "deboli", ossia precari e piccoli imprenditori. Ed è interessante (si fa per dire) notare come questo calo di occupazione si stia verificando principalmente nelle ricche regioni del nord.
Il tasso di disoccupazione è salito al 7,9% dal 7,1% del primo trimestre 2008. Nel Nord il tasso di disoccupazione passa dal 4 al 5,1%, al Centro si porta al 7,6% dal 6,1 di un anno prima, mentre nel Mezzogiorno il rapporto tra persone in cerca di occupazione e occupati è pari al 13,2%, uno 0,2% in più rispetto al primo trimestre 2008. A far scendere il numero degli occupati è la perdita del lavoro da parte dei precari e dei piccoli imprenditori.
Da notare, che appena ieri la signora Marcegaglia ha rivolto per la terza volta in pochi giorni un accorato appello al governo perché esca dall'ignavia e metta finalmente in campo qualcosa di concreto, se non si vuole correre il rischio di essere ancora qui, tra 5 anni, a piangerci addosso.
Noemi, villa Certosa e Bari-gate permettendo, ovviamente.
Scusate, si può parlar d'altro?
Diciamo la verità, non se ne può più. Berlusconi, Berlusconi e ancora Berlusconi. Prima Mills, poi Noemi, poi villa Certosa, poi i voli di stato per scarrozzare veline e menestrelli, adesso l'inchiesta di Bari: ma si può cominciare a parlare d'altro? Lo so, voi direte: il premier è un personaggio pubblico, è il presidente del consiglio, e quindi ciò che combina, fosse pure nella sua vita privata, è anche affare pubblico. Certo, è vero, sono perfettamente d'accordo, e d'altra pure io l'ho sostenuto e ribadito più di una volta. Ma adesso, forse, è necessario che i media facciano una scelta: o ci danno un taglio, oppure gettano alle ortiche tutto il resto e parlano solo di questo.
E il motivo è molto semplice: il premier è fatto così, ha un suo modo di intendere e vivere la vita e poco ci si può fare. Il problema, semmai, è appurare se questo suo modo di intendere la vita sia compatibile o no col ruolo che ricopre. A me, di primo acchito, parrebbe di no. Certo, la politica ormai è noto a tutti a cosa è ridotta, e non certo da adesso (ricordate Guccini che già nel '66 cantava "una politica che è solo far carriera"?), e tuttavia è impensabile pretendere o aspettarsi un cambiamento finché chi dovrebbe essere da esempio e fare da viatico a questo cambiamento continua a tenere questi atteggiamenti.
E allora la stampa, la critica, gli organismi che ancora sono liberi, hanno certamente il dovere di martellare, di far notare a quante più persone possibili queste incongruenze. Tuttavia penso che ci sia un limite oltre il quale i nobili intenti sbandierati dalla cosiddetta stampa libera e non asservita diventano qualcos'altro, che così, su due piedi, non saprei neppure bene come definire. Ecco, istintivamente, in alcuni momenti, mi viene da pensare che questo limite sia stato superato.
Poi però, in altri momenti, penso che i media, perlomeno quelli capaci ancora di fare un giornalismo degno di questo nome, dovrebbero andarci giù ancora più duro, mettere in piazza tutto, senza sconti, pure a costo di stancare l'opinione pubblica e di essere additati come eversori dai destinatari delle loro attenzioni. Perché se un premier come quello che ci ritroviamo può continuare tranquillamente a svolgere questa funzione, laddove in qualsiasi altro paese del mondo sarebbe da tempo a fare il nonno e a occuparsi del giardino, il ringraziamento va a tutto il complesso dei media (principalmente stampa e tv) che negli ultimi 20 anni hanno contribuito a inculcare l'idea che in fondo la politica è fatta così, che la moralità, il pubblico decoro e il buon esempio sono concetti sui quali è lecito soprassedere.
E il risultato è appunto quello che quando la stampa - prassi normale in tutti i paesi del mondo - parla o cerca di far notare queste cose, ecco l'eversione, il complotto. Un complotto al quale ormai cominciano a non credere neppure i soggetti storicamente più vicini al cavaliere. Ieri, ad esempio, Giuliano Ferrara, direttore di uno dei quotidiani da sempre più vicini al premier, ha pubblicato un articolo per certi versi rivoluzionario, del quale riporto un breve estratto qui sotto.
Ora, lasciando perdere le striscianti e malcelate sviolinate di cui è infarcito l'estratto che ho riportato qui sopra, che tra l'altro in larga parte non condivido, è indubbio che Ferrara, del quale tutto si può dire tranne appunto che non sia un berluscones doc, ha perfettamente colto nel segno. E lo ha fatto individuando il mandante pricipale del presunto complotto ai danni di Berlusconi in... Berlusconi stesso.
Esattamente quello che, pur in altri termini e toni, stanno dicendo da tempo quei pochi giornali che ancora, seppur tra mille difficoltà, fanno giornalismo con la G maiuscola. O quasi.
E il motivo è molto semplice: il premier è fatto così, ha un suo modo di intendere e vivere la vita e poco ci si può fare. Il problema, semmai, è appurare se questo suo modo di intendere la vita sia compatibile o no col ruolo che ricopre. A me, di primo acchito, parrebbe di no. Certo, la politica ormai è noto a tutti a cosa è ridotta, e non certo da adesso (ricordate Guccini che già nel '66 cantava "una politica che è solo far carriera"?), e tuttavia è impensabile pretendere o aspettarsi un cambiamento finché chi dovrebbe essere da esempio e fare da viatico a questo cambiamento continua a tenere questi atteggiamenti.
E allora la stampa, la critica, gli organismi che ancora sono liberi, hanno certamente il dovere di martellare, di far notare a quante più persone possibili queste incongruenze. Tuttavia penso che ci sia un limite oltre il quale i nobili intenti sbandierati dalla cosiddetta stampa libera e non asservita diventano qualcos'altro, che così, su due piedi, non saprei neppure bene come definire. Ecco, istintivamente, in alcuni momenti, mi viene da pensare che questo limite sia stato superato.
Poi però, in altri momenti, penso che i media, perlomeno quelli capaci ancora di fare un giornalismo degno di questo nome, dovrebbero andarci giù ancora più duro, mettere in piazza tutto, senza sconti, pure a costo di stancare l'opinione pubblica e di essere additati come eversori dai destinatari delle loro attenzioni. Perché se un premier come quello che ci ritroviamo può continuare tranquillamente a svolgere questa funzione, laddove in qualsiasi altro paese del mondo sarebbe da tempo a fare il nonno e a occuparsi del giardino, il ringraziamento va a tutto il complesso dei media (principalmente stampa e tv) che negli ultimi 20 anni hanno contribuito a inculcare l'idea che in fondo la politica è fatta così, che la moralità, il pubblico decoro e il buon esempio sono concetti sui quali è lecito soprassedere.
E il risultato è appunto quello che quando la stampa - prassi normale in tutti i paesi del mondo - parla o cerca di far notare queste cose, ecco l'eversione, il complotto. Un complotto al quale ormai cominciano a non credere neppure i soggetti storicamente più vicini al cavaliere. Ieri, ad esempio, Giuliano Ferrara, direttore di uno dei quotidiani da sempre più vicini al premier, ha pubblicato un articolo per certi versi rivoluzionario, del quale riporto un breve estratto qui sotto.
Il presidente del Consiglio dei ministri, per quanto sfolgoranti siano le sue doti anomale di leader di un’Italia politica sburocratizzata, inventiva, orgogliosa, liberale, giocosa e un po’ pazza, non può comportarsi come un deputato di provincia preso con le mani nel vasetto della marmellata. Se non vuole stendere un velo di penosa incompetenza sull’insieme del suo lavoro di uomo di stato, per molti aspetti ottimo, Berlusconi deve liberarsi della molta stupidità e inesperienza politico-istituzionale che lo circonda, e deve decidersi: o accetta di naufragare in un lieto fine fatto di feste e belle ragazze oppure si mette in testa di ridare, senza perdere più un solo colpo, il senso e la dignità di una grande avventura politica all’insieme della sua opera e delle sue funzioni. Il premier non si fa rappresentare da dichiarazioni slabbrate, non naviga per settimane tra mezze bugie che alimentano sospetti anche e soprattutto sugli aspetti più candidi del suo comportamento, non si dà per accessibile al primo che passa: un capo di governo parla al paese, agisce sulle cose che contano, evita di farsi intrappolare nello scandalismo, parla un linguaggio di verità capace di indurre il grosso della nazione, o quella parte di essa che non ha portato il cervello all’ammasso dell’antiberlusconismo più fazioso, a voltare pagina e stroncare le provocazioni.
Ora, lasciando perdere le striscianti e malcelate sviolinate di cui è infarcito l'estratto che ho riportato qui sopra, che tra l'altro in larga parte non condivido, è indubbio che Ferrara, del quale tutto si può dire tranne appunto che non sia un berluscones doc, ha perfettamente colto nel segno. E lo ha fatto individuando il mandante pricipale del presunto complotto ai danni di Berlusconi in... Berlusconi stesso.
Esattamente quello che, pur in altri termini e toni, stanno dicendo da tempo quei pochi giornali che ancora, seppur tra mille difficoltà, fanno giornalismo con la G maiuscola. O quasi.
giovedì 18 giugno 2009
L'8 x 1000 alla Chiesa Cattolica? Non si commenta
Il motivo mi è ignoto (beh, insomma...), ma il canale YouTube attivato dalla Chiesa Cattolica per propagandare l'8 x 1000 in suo favore, ha sia le votazioni sia i commenti disattivati.
Mah...
(via UAAR)
Io spero che si sbaglino tutti (me compreso)
Io spero che si sbaglino tutti: poliziotti, giornalisti liberi, esponenti di spicco dell'Arma dei Carabinieri e della Polizia di Stato, funzionari, magistrati (ed ex magistrati) impegnati quotidianamante per cercare di farci vivere in un paese più sicuro (e non a parole). E spero ardentemente di sbagliarmi anch'io.
Sarei felicissimo, un giorno, in futuro, quando questa porcheria sarà già legge magari da un anno o due, di poter dire: scusate, mi sono sbagliato, mi sono lasciato condizionare da tutti questi chiacchieroni. Avevano ragione quelli del governo quando dicevano che la legge sulle intercettazioni era cosa e buona e giusta. Ma io sono come S. Tommaso, finché non vedo non credo.
E finché ci sarà in giro gente come Caselli che racconta queste cose, non ci crederò.
Sarei felicissimo, un giorno, in futuro, quando questa porcheria sarà già legge magari da un anno o due, di poter dire: scusate, mi sono sbagliato, mi sono lasciato condizionare da tutti questi chiacchieroni. Avevano ragione quelli del governo quando dicevano che la legge sulle intercettazioni era cosa e buona e giusta. Ma io sono come S. Tommaso, finché non vedo non credo.
E finché ci sarà in giro gente come Caselli che racconta queste cose, non ci crederò.
Caso Welby, arrivano le prime condanne per diffamazione
Piergiorgio Welby, forse molti di voi ricorderanno, è quel signore che verso la fine del 2006 è balzato agli onori della cronaca internazionale (e della storia, direi) per la sua vicenda personale e per la sua battaglia, portata avanti con determinazione fino all'ultimo giorno di vita (vita?). Una battaglia in nome della libertà e dell'autodeterminazione, che nello specifico si intende libertà di decidere autonomamente cosa fare della propria vita, come gestirla e, perché no, come terminarla.
Una battaglia contro l'accanimento terapeutico, insomma, specie quando questo è finalizzato unicamente a mantenere attive funzioni biologiche come contorno di una vita che di questa ha solo il nome. Welby, in sostanza, ha combattuto per ottenere il diritto, dopo molti anni passati immobile in un letto, di andarsene. Sui dettagli della vicenda non mi pare il caso di tornare, anche perché ho già scritto all'epoca molti articoli in merito che se volete potete leggere spulciando gli archivi del blog.
All'epoca la vicenda provocò delle fortissime divisioni tra i sostenitori delle idee di Welby, quelli in pratica favorevoli al distacco del respiratore che lo teneva in vita, e i contrari. Una contrapposizione che ebbe come protagonisti indiscussi i media: giornali, tv, internet. E fu proprio sui media, come del resto è avvenuto più recentemente per il caso Englaro, che la "battaglia" ebbe le sue propaggini più violente, tanto che non furono pochi i giornali e i commentatori che si spinsero a usare termini come "omicidio", "assassinio", spesso riferiti al medico che materialmente staccò a Welby il respiratore, il dottor Mario Riccio. E' superfluo farlo, ma ricordo a tal proposito che il dottor Riccio agì nel pieno rispetto della legge, e cioè sulla base di una sentenza definitiva di un tribunale, tanto è vero che fu poi prosciolto definitivamente da tutti i procedimenti avviati a suo carico.
Oggi, a più di due anni di distanza dai fatti, molti nodi cominciano a venire al pettine, e le prime sentenze per diffamazione per le affermazioni fatte sull'operato del dottor Riccio cominciano a fioccare. Non preoccupatevi, notizie come questa non le troverete sui giornali; può darsi pure che non siano importanti, ma per me, che sulla questione Welby ho scritto molto condividendo in pieno le sue idee e le sue battaglie, lo sono eccome.
Per la precisione, sono stati condannati in primo grado per diffamazione a mezzo stampa Maurizio Belpietro, all'epoca dei fatti direttore de Il Giornale, il giornalista della stessa testata Stefano Lorenzetto e l'associazione politico-religiosa Militia Christi. A riportarlo sono articolo21.info e il sito dell'associazione Luca Coscioni. Articolo, questo, che riporto qui sotto integralmente.
Iniziano a giungere le prime condanne per diffamazione sul caso Welby, che, come il caso Englaro, ha visto scendere in campo una portentosa opera di disinformazione e manipolazione della verità a danno, anzitutto, dei cittadini che vengono ritenuti ‘popolo bue’ al quale dare a credere qualsiasi ciarpame pur di evitare che si formi una coscienza collettiva, basata sulla conoscenza, su temi quali il fine vita.
E così l’opera volta a ristabilire la verità ed a restituire l’onore e la reputazione ai diffamati deve giungere attraverso i Tribunali Italiani. E’ recente, difatti, la condanna per il reato di diffamazione inflitta in sede penale, in primo grado, dal Tribunale di Desio, Sezione distaccata del Tribunale di Monza, a Maurizio Belpietro, 800,00 Euro di multa – all’epoca direttore de Il Giornale – ed al giornalista Stefano Lorenzetto, 1.200,00 Euro di Multa. Diffamato il dott. Mario Riccio, difeso dall’avv. Giuseppe Rossodivita, al quale il Tribunale ha riconosciuto tra risarcimento e riparazione pecuniaria la somma di 53.000,00 Euro, oltre la riparazione specifica della pubblicazione della sentenza su Il Giornale.
L’articolo, pubblicato in prima pagina il 23.12.2006, titolava in riferimento a Piergiorgio Welby “Nessun rispetto nemmeno per la sua volontà” ed ‘illuminava’ i lettori su come “il dr. Mario Riccio, il medico venuto da Cremona”, che ha adottato il metodo “dei boia aguzzini che eseguono le sentenze capitali negli USA”, se ne fosse “fregato della volontà di Welby.” Ricorda il Tribunale che la critica per essere socialmente utile e dunque legittima, anche quando lesiva della reputazione di terzi, deve avere come presupposto dei fatti veri; in caso contrario è un mero pretesto per diffamare. Ed è di oggi, ancora, la sentenza del Tribunale Civile di Roma, resa in primo grado, con la quale il Movimento Politico Cattolico Militia Christi, è stato condannato con sentenza immediatamente esecutiva a risarcire la somma totale di 60.000 Euro, pari a 20.000,00 Euro ciascuno, a favore dell’Associazione per la Libertà della ricerca scientifica Luca Coscioni, dell’Associazione La Rosa nel Pugno e del dr. Mario Riccio, tutti difesi dall’Avv. Giuseppe Rossodivita.
Il Tribunale ha anche ordinato la definitiva rimozione dal sito internet dell’Associazione Cattolica del comunicato stampa dal titolo “Profanatori ed assassini”. La senatrice Binetti, anch’ella convenuta in giudizio dal dr. Mario Riccio, dall’Associazione Coscioni e da Radicali Italiani, davanti al Tribunale di Roma, come anche per altra diversa causa l’on. Luca Volontè convenuto in giudizio da Marco Pannella, Emma Bonino e Marco Cappato, si sono invece trincerati dietro l’immunità parlamentare e l’insindacabilità delle opinioni espresse da parlamentari attraverso i giornali ed i comunicati. Parlano, scrivono comunicati, rilasciano interviste, ma poi non ci pensano neppure – o forse ci pensano sin troppo bene - a difendere le loro affermazioni in Tribunale.
Certo, qualcuno potrà obiettare che in fondo le pene comminate, specialmente a Belpietro e Lorenzetto, sono perlopiù simboliche, vista la loro esigua entità, ma non è questo il fatto importante, quello che conta è il principio. La giustizia italiana avrà certamente i suoi tempi, e questo è noto, ma chi racconta balle o diffama prima o poi ne risponde.
Una battaglia contro l'accanimento terapeutico, insomma, specie quando questo è finalizzato unicamente a mantenere attive funzioni biologiche come contorno di una vita che di questa ha solo il nome. Welby, in sostanza, ha combattuto per ottenere il diritto, dopo molti anni passati immobile in un letto, di andarsene. Sui dettagli della vicenda non mi pare il caso di tornare, anche perché ho già scritto all'epoca molti articoli in merito che se volete potete leggere spulciando gli archivi del blog.
All'epoca la vicenda provocò delle fortissime divisioni tra i sostenitori delle idee di Welby, quelli in pratica favorevoli al distacco del respiratore che lo teneva in vita, e i contrari. Una contrapposizione che ebbe come protagonisti indiscussi i media: giornali, tv, internet. E fu proprio sui media, come del resto è avvenuto più recentemente per il caso Englaro, che la "battaglia" ebbe le sue propaggini più violente, tanto che non furono pochi i giornali e i commentatori che si spinsero a usare termini come "omicidio", "assassinio", spesso riferiti al medico che materialmente staccò a Welby il respiratore, il dottor Mario Riccio. E' superfluo farlo, ma ricordo a tal proposito che il dottor Riccio agì nel pieno rispetto della legge, e cioè sulla base di una sentenza definitiva di un tribunale, tanto è vero che fu poi prosciolto definitivamente da tutti i procedimenti avviati a suo carico.
Oggi, a più di due anni di distanza dai fatti, molti nodi cominciano a venire al pettine, e le prime sentenze per diffamazione per le affermazioni fatte sull'operato del dottor Riccio cominciano a fioccare. Non preoccupatevi, notizie come questa non le troverete sui giornali; può darsi pure che non siano importanti, ma per me, che sulla questione Welby ho scritto molto condividendo in pieno le sue idee e le sue battaglie, lo sono eccome.
Per la precisione, sono stati condannati in primo grado per diffamazione a mezzo stampa Maurizio Belpietro, all'epoca dei fatti direttore de Il Giornale, il giornalista della stessa testata Stefano Lorenzetto e l'associazione politico-religiosa Militia Christi. A riportarlo sono articolo21.info e il sito dell'associazione Luca Coscioni. Articolo, questo, che riporto qui sotto integralmente.
Iniziano a giungere le prime condanne per diffamazione sul caso Welby, che, come il caso Englaro, ha visto scendere in campo una portentosa opera di disinformazione e manipolazione della verità a danno, anzitutto, dei cittadini che vengono ritenuti ‘popolo bue’ al quale dare a credere qualsiasi ciarpame pur di evitare che si formi una coscienza collettiva, basata sulla conoscenza, su temi quali il fine vita.
E così l’opera volta a ristabilire la verità ed a restituire l’onore e la reputazione ai diffamati deve giungere attraverso i Tribunali Italiani. E’ recente, difatti, la condanna per il reato di diffamazione inflitta in sede penale, in primo grado, dal Tribunale di Desio, Sezione distaccata del Tribunale di Monza, a Maurizio Belpietro, 800,00 Euro di multa – all’epoca direttore de Il Giornale – ed al giornalista Stefano Lorenzetto, 1.200,00 Euro di Multa. Diffamato il dott. Mario Riccio, difeso dall’avv. Giuseppe Rossodivita, al quale il Tribunale ha riconosciuto tra risarcimento e riparazione pecuniaria la somma di 53.000,00 Euro, oltre la riparazione specifica della pubblicazione della sentenza su Il Giornale.
L’articolo, pubblicato in prima pagina il 23.12.2006, titolava in riferimento a Piergiorgio Welby “Nessun rispetto nemmeno per la sua volontà” ed ‘illuminava’ i lettori su come “il dr. Mario Riccio, il medico venuto da Cremona”, che ha adottato il metodo “dei boia aguzzini che eseguono le sentenze capitali negli USA”, se ne fosse “fregato della volontà di Welby.” Ricorda il Tribunale che la critica per essere socialmente utile e dunque legittima, anche quando lesiva della reputazione di terzi, deve avere come presupposto dei fatti veri; in caso contrario è un mero pretesto per diffamare. Ed è di oggi, ancora, la sentenza del Tribunale Civile di Roma, resa in primo grado, con la quale il Movimento Politico Cattolico Militia Christi, è stato condannato con sentenza immediatamente esecutiva a risarcire la somma totale di 60.000 Euro, pari a 20.000,00 Euro ciascuno, a favore dell’Associazione per la Libertà della ricerca scientifica Luca Coscioni, dell’Associazione La Rosa nel Pugno e del dr. Mario Riccio, tutti difesi dall’Avv. Giuseppe Rossodivita.
Il Tribunale ha anche ordinato la definitiva rimozione dal sito internet dell’Associazione Cattolica del comunicato stampa dal titolo “Profanatori ed assassini”. La senatrice Binetti, anch’ella convenuta in giudizio dal dr. Mario Riccio, dall’Associazione Coscioni e da Radicali Italiani, davanti al Tribunale di Roma, come anche per altra diversa causa l’on. Luca Volontè convenuto in giudizio da Marco Pannella, Emma Bonino e Marco Cappato, si sono invece trincerati dietro l’immunità parlamentare e l’insindacabilità delle opinioni espresse da parlamentari attraverso i giornali ed i comunicati. Parlano, scrivono comunicati, rilasciano interviste, ma poi non ci pensano neppure – o forse ci pensano sin troppo bene - a difendere le loro affermazioni in Tribunale.
Certo, qualcuno potrà obiettare che in fondo le pene comminate, specialmente a Belpietro e Lorenzetto, sono perlopiù simboliche, vista la loro esigua entità, ma non è questo il fatto importante, quello che conta è il principio. La giustizia italiana avrà certamente i suoi tempi, e questo è noto, ma chi racconta balle o diffama prima o poi ne risponde.
mercoledì 17 giugno 2009
483 caratteri (spazi inclusi) per salvare la Rete.
Non è rimasto molto tempo, e le possibilità che al Senato il ddl intercettazioni, nella parte in cui prevede l'obbligo di rettifica per i blog, venga modificato sono praticamente nulle. Guido Scorza comunque non si arrende, nella consapevolezza che comunque vadano le cose, lui, assieme a tutti quelli che ci avranno provato, avranno fatto tutto il possibile per evitarlo.
Notizie in pillole (20)
Era da un bel po' che non pubblicavo più le mie pillole, e visto che ieri sono passate nel flusso dei feed rss parecchie notizie interessanti che mi sarebbe piaciuto sviluppare (il tempo come al solito è tiranno), ve ne segnalo alcune qui di seguito in maniera sintetica. Se vi va commentatele pure voi.
Tragedia sul lavoro a Imperia. Da tempo ormai a queste notizie non ci si fa più caso, tanto che spesso e volentieri vengono relegate nei quotidiani in piccoli trafiletti ai margini delle pagine. Comunque sia, a Imperia, ieri, due lavoratori hanno perso la vita cadendo nella cisterna di un depuratore e rimanendo uccisi dalle esalazioni. Pare che ci siano già i primi indagati per violazione delle norme della sicurezza sul lavoro. Non ho ancora capito se in Italia esiste un ente, una istituzione, insomma qualcuno che si occupi di far rispettare queste benedette norme.
Gli sfollati d'Abruzzo protestano a Roma. Una folta rappresentanza degli sfollati delle tendopoli abruzzesi è sbarcata ieri a Roma per protestare contro la strategia messa in campo dal governo. I terremotati chiedono di non essere presi in giro prima di tutto, e garanzie sulla effettiva e completa ricostruzione. "Se il governo non cambia strategia la ricostruzione della città non ci sarà, ci saranno solo le 15mila casette. E questo significa la morte dell'Aquila, che sarebbe una sconfitta per il Paese', ha dichiarato il sindaco de L'Aquila. La protesta, naturalmente, non ha avuto quasi nessun risalto nei tiggì, neppure nel Tg1, troppo impegnato - scrive Repubblica - a mostrare invece la ricostruzione della casa dello studente ad opera della Regione Lombardia.
La rettifica è un limite. Una lettera (testo qui) è stata spedita dall'Istituto per le Politiche dell'Innovazione ai rappresentanti del Senato per cercare di far capire loro l'assurdità, l'incongruenza e l'anacronismo delle norme contenute nel ddl intercettazioni nella parte che obbliga i blog al dovere di rettifica. Ci sono poche speranze che la lettera sortisca qualche effetto: c'è davanti un muro.
Il saggio Napolitano. Tre componenti del CSM si sono dimessi l'altro ieri in polemica col ministro ad personam Alfano (quello del lodo e delle intercettazioni), che aveva accusato i membri del Consiglio Superiore della Magistratura di essere nominati tramite lottizzazione. Oggi Napolitano ha respinto le dimissioni dei tre, dichiarando che il CSM non deve interferire con le decisioni del Parlamento e che, in sostanza, ognuno deve stare buono nel proprio recinto. Entrambe le parti, Alfano e il CSM, hanno detto di aver apprezzato le parole di Napolitano. Quando dicono così è perché in realtà non è contento nessuno dei due.
Razzismi vari. L'ultima trovata razzista della Lega è spuntata come per incanto a Milano: niente più assembramenti di extracomunitari nei giardini pubblici della città del Pirellone. La trovata segue di poco il provvedimento contro i kebab, la geniale idea di Salvini di destinare tram appositi solo ai milanesi doc, la direttiva diramata dall'ATM che vieta per motivi di "sicurezza" l'assunzione di autisti stranieri e altre simpatiche cosette. Questa gente comincia a farmi schifo.
La Gelmini contestata (si può, vero?) Mariastella Gelmini, ministro della Pubblica Istruzione, è stata contestata a Milano, con tanto di consegna di pagella, durante la presentazione di un libro sulla scuola scritto da Mario Giordano, direttore de Il Giornale, principale house organ della premiata ditta del premier. I tre, Gelmini, Giordano e Confalonieri (sì, c'era anche lui), hanno abbandonato l'incontro accusando i contestatori di intolleranza. "Impedire, in un Paese democratico, che si svolga la presentazione di un libro dà il senso dell'intolleranza e della prepotenza di chi vuole lasciare la scuola così com'è, opponendosi al cambiamento", ha dichiarato il ministro. Sarà, però mi pare che la Gelmini non si sia ancora chiesta, né abbia intenzione di farlo, come mai la gran parte dei protagonisti della scuola pubblica ce l'ha tanto con lei. Che siano tutti pericolosi comunisti intolleranti?
Tragedia sul lavoro a Imperia. Da tempo ormai a queste notizie non ci si fa più caso, tanto che spesso e volentieri vengono relegate nei quotidiani in piccoli trafiletti ai margini delle pagine. Comunque sia, a Imperia, ieri, due lavoratori hanno perso la vita cadendo nella cisterna di un depuratore e rimanendo uccisi dalle esalazioni. Pare che ci siano già i primi indagati per violazione delle norme della sicurezza sul lavoro. Non ho ancora capito se in Italia esiste un ente, una istituzione, insomma qualcuno che si occupi di far rispettare queste benedette norme.
Gli sfollati d'Abruzzo protestano a Roma. Una folta rappresentanza degli sfollati delle tendopoli abruzzesi è sbarcata ieri a Roma per protestare contro la strategia messa in campo dal governo. I terremotati chiedono di non essere presi in giro prima di tutto, e garanzie sulla effettiva e completa ricostruzione. "Se il governo non cambia strategia la ricostruzione della città non ci sarà, ci saranno solo le 15mila casette. E questo significa la morte dell'Aquila, che sarebbe una sconfitta per il Paese', ha dichiarato il sindaco de L'Aquila. La protesta, naturalmente, non ha avuto quasi nessun risalto nei tiggì, neppure nel Tg1, troppo impegnato - scrive Repubblica - a mostrare invece la ricostruzione della casa dello studente ad opera della Regione Lombardia.
La rettifica è un limite. Una lettera (testo qui) è stata spedita dall'Istituto per le Politiche dell'Innovazione ai rappresentanti del Senato per cercare di far capire loro l'assurdità, l'incongruenza e l'anacronismo delle norme contenute nel ddl intercettazioni nella parte che obbliga i blog al dovere di rettifica. Ci sono poche speranze che la lettera sortisca qualche effetto: c'è davanti un muro.
Il saggio Napolitano. Tre componenti del CSM si sono dimessi l'altro ieri in polemica col ministro ad personam Alfano (quello del lodo e delle intercettazioni), che aveva accusato i membri del Consiglio Superiore della Magistratura di essere nominati tramite lottizzazione. Oggi Napolitano ha respinto le dimissioni dei tre, dichiarando che il CSM non deve interferire con le decisioni del Parlamento e che, in sostanza, ognuno deve stare buono nel proprio recinto. Entrambe le parti, Alfano e il CSM, hanno detto di aver apprezzato le parole di Napolitano. Quando dicono così è perché in realtà non è contento nessuno dei due.
Razzismi vari. L'ultima trovata razzista della Lega è spuntata come per incanto a Milano: niente più assembramenti di extracomunitari nei giardini pubblici della città del Pirellone. La trovata segue di poco il provvedimento contro i kebab, la geniale idea di Salvini di destinare tram appositi solo ai milanesi doc, la direttiva diramata dall'ATM che vieta per motivi di "sicurezza" l'assunzione di autisti stranieri e altre simpatiche cosette. Questa gente comincia a farmi schifo.
La Gelmini contestata (si può, vero?) Mariastella Gelmini, ministro della Pubblica Istruzione, è stata contestata a Milano, con tanto di consegna di pagella, durante la presentazione di un libro sulla scuola scritto da Mario Giordano, direttore de Il Giornale, principale house organ della premiata ditta del premier. I tre, Gelmini, Giordano e Confalonieri (sì, c'era anche lui), hanno abbandonato l'incontro accusando i contestatori di intolleranza. "Impedire, in un Paese democratico, che si svolga la presentazione di un libro dà il senso dell'intolleranza e della prepotenza di chi vuole lasciare la scuola così com'è, opponendosi al cambiamento", ha dichiarato il ministro. Sarà, però mi pare che la Gelmini non si sia ancora chiesta, né abbia intenzione di farlo, come mai la gran parte dei protagonisti della scuola pubblica ce l'ha tanto con lei. Che siano tutti pericolosi comunisti intolleranti?
martedì 16 giugno 2009
Se Ahmadinejad ha vinto, perché tutto questo casino?
Premetto che Ahmadinejad, da sempre, non è che mi stia molto simpatico. Non condivido il suo integralismo, le sue idee negazioniste sull'olocausto, le sue forsennate crociate contro i gay. E, naturalmente, non condivido la censura di giornali e web di questi giorni e la repressione dell'opposizione che non si riconosce nel risultato di queste elezioni, che ricorda, per metodi e modalità, altre repressioni di ben altre dittature.
Tuttavia non posso fare a meno di notare che, se i risultati elettorali riportati dalla stampa sono veritieri, Ahmadinejad ha ottenuto il 66 e passa percento dei voti in un paese in cui si è recato a votare quasi il 90% degli aventi diritto.
Ora l'opposizione democratica parla di brogli. Certo, può darsi, ma a parte il fatto che questi brogli, se mai ci sono stati, sono tutti da dimostrare, è mai possibile che siano stati tali da determinare uno scarto percentuale di oltre 30 punti? A me, sinceramente, pare difficile. Quindi, se le cose stanno così, non ci sono storie: Ahmadinejad ha vinto le elezioni. Pure a me dispiace, ma l'opposizione che si definisce democratica, se è veramente tale, dovrebbe semplicemente prenderne atto.
Tuttavia non posso fare a meno di notare che, se i risultati elettorali riportati dalla stampa sono veritieri, Ahmadinejad ha ottenuto il 66 e passa percento dei voti in un paese in cui si è recato a votare quasi il 90% degli aventi diritto.
Ora l'opposizione democratica parla di brogli. Certo, può darsi, ma a parte il fatto che questi brogli, se mai ci sono stati, sono tutti da dimostrare, è mai possibile che siano stati tali da determinare uno scarto percentuale di oltre 30 punti? A me, sinceramente, pare difficile. Quindi, se le cose stanno così, non ci sono storie: Ahmadinejad ha vinto le elezioni. Pure a me dispiace, ma l'opposizione che si definisce democratica, se è veramente tale, dovrebbe semplicemente prenderne atto.
Massima insicurezza
Quello che io ho scritto in questo blog in più di un articolo, oltretutto perdendoci una quantità di tempo non indifferente, Travaglio l'ha esposto compiutamente in poco più di mezz'ora. A saperlo prima...
Non so se tra i miei lettori c'è qualcuno che ha votato Lega. Se sì mi piacerebbe che guardasse questo video fino alla fine (poi vi spiego perché).
Non so se tra i miei lettori c'è qualcuno che ha votato Lega. Se sì mi piacerebbe che guardasse questo video fino alla fine (poi vi spiego perché).
Il ddl intercettazioni e l'obbligo di rettifica per i "siti informatici"
La definizione di "sito informatico" è talmente generica, a ennesima conferma di quanto poco (o forse troppo?) ci capiscano di internet e tecnologia i nostri zelanti legislatori, che al suo interno può essere racchiuso tutto: blog, siti di informazione, siti personali, social network e chi più ne ha più ne metta.
Ma come, direte voi, ancora qua a parlare di questo benedetto ddl intercettazioni? Beh, cosa credete, che a me non piacerebbe parlare d'altro? Invece purtroppo mi tocca tornarci sopra, perché al suo interno, oltre a tutto quello che ho già raccontato nei giorni scorsi, è contenuto un articolo che riguarda, tanto per cambiare, chiunque abbia a che fare a vario titolo con siti o blog.
In particolare, l'attenzione degli internauti si è concentrata sull'articolo denominato "obbligo di rettifica", una breve ma pericolosissima norma che, nel caso diventasse legge, obbligherebbe i gestori di qualsiasi sito o blog a pubblicare una rettifica a quanto scritto, o pubblicato in altro modo, entro 48 ore dall'e-mail di notifica.
In pratica, questa aberrazione prevede che chiunque possa spedire un'e-mail a chiunque (fosse pure YouTube) per chiedere la rettifica di un contenuto ritenuto non veritiero o lesivo della reputazione di chichessia. La sanzione per il mancato ottemperamento della richiesta va da 15 a 25 milioni delle vecchie lire.
Della cosa si è pure interessata Google Italia, la quale, in un articolo apparso sul suo blog ufficiale, scrive:
In pratica, con questa legge si ritorna al vecchio dilemma se i siti e i blog, compresi quelli amatoriali, debbano essere equiparati a una testata giornalistica professionale, che prevede appunto, tra le altre cose, l'obbligo di rettifica e la figura di un direttore responsabile.
Scriveva Guido Scorza su PI quanche giorno fa:
Sostanzialmente, quindi, questa legge pretende di regolare le moderne forme di comunicazione elettronica interattiva con le stesse norme con cui si regolava la stampa 60 anni fa.
Ora, intendiamoci, nessuno, tanto meno io, dice che sia giusto che chi gestisce un sito o un blog sia automaticamente autorizzato a scrivere disinvoltamente qualsiasi cretinata gli passi per la testa, ma è palese che la forma di regolamentazione che prevede questa assurda legge non è applicabile ad esempio a un blog amatoriale, il quale non ha evidentemente né i mezzi né le possibilità di poter in qualche modo "combattere" alla pari di una testata giornalistica professionale. E questo Scorza lo dice chiaramente.
Insomma, prendetela come impressione personale, ma mi pare che da qualunque parte la si guardi, questa mostruosità giuridica abbia - come ha osservato giustamente Anna Masera su La Stampa - un solo intento: la censura del web.
Ma come, direte voi, ancora qua a parlare di questo benedetto ddl intercettazioni? Beh, cosa credete, che a me non piacerebbe parlare d'altro? Invece purtroppo mi tocca tornarci sopra, perché al suo interno, oltre a tutto quello che ho già raccontato nei giorni scorsi, è contenuto un articolo che riguarda, tanto per cambiare, chiunque abbia a che fare a vario titolo con siti o blog.
In particolare, l'attenzione degli internauti si è concentrata sull'articolo denominato "obbligo di rettifica", una breve ma pericolosissima norma che, nel caso diventasse legge, obbligherebbe i gestori di qualsiasi sito o blog a pubblicare una rettifica a quanto scritto, o pubblicato in altro modo, entro 48 ore dall'e-mail di notifica.
«Per i siti informatici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono». (fonte)
In pratica, questa aberrazione prevede che chiunque possa spedire un'e-mail a chiunque (fosse pure YouTube) per chiedere la rettifica di un contenuto ritenuto non veritiero o lesivo della reputazione di chichessia. La sanzione per il mancato ottemperamento della richiesta va da 15 a 25 milioni delle vecchie lire.
Della cosa si è pure interessata Google Italia, la quale, in un articolo apparso sul suo blog ufficiale, scrive:
Questa norma mira ad estendere anche ai “siti informatici” le procedure di rettifica delle informazioni ritenute non veritiere o lesive della reputazione dei soggetti coinvolti, finora applicate ai mezzi di informazione tradizionali". In pratica un blogger amatoriale viene equiparato come responsabilità al direttore responsabile di un qualsiasi quotidiano nazionale...
L’utilizzo dell’espressione generica “siti informatici” è molto preoccupante, in quanto sembra comprendere sia tutti coloro che producono contenuti, siano essi operatori professionali (ad esempio, la testate giornalistiche online) o semplici utenti (ad esempio, i blogger amatoriali), sia le piattaforme che ospitano questi contenuti, come ad esempio i motori di ricerca, le piattaforme di contenuti creati dagli utenti come YouTube ed i social network come Facebook.
In pratica, con questa legge si ritorna al vecchio dilemma se i siti e i blog, compresi quelli amatoriali, debbano essere equiparati a una testata giornalistica professionale, che prevede appunto, tra le altre cose, l'obbligo di rettifica e la figura di un direttore responsabile.
Scriveva Guido Scorza su PI quanche giorno fa:
L'intervento normativo in commento mira, nella sostanza, a rendere applicabile a qualsiasi forma di comunicazione o diffusione di informazioni online - avvenga essa in un contesto amatoriale o professionale e per scopo personale, informativo o piuttosto commerciale - la vecchia disciplina sulla stampa dettata con la Legge n. 47 dell'8 febbraio 1948 e, in particolare, il suo art. 8 relativo ad uno degli istituti più controversi introdotti nel nostro ordinamento con tale legge: l'obbligo di rettifica.
Sostanzialmente, quindi, questa legge pretende di regolare le moderne forme di comunicazione elettronica interattiva con le stesse norme con cui si regolava la stampa 60 anni fa.
Ora, intendiamoci, nessuno, tanto meno io, dice che sia giusto che chi gestisce un sito o un blog sia automaticamente autorizzato a scrivere disinvoltamente qualsiasi cretinata gli passi per la testa, ma è palese che la forma di regolamentazione che prevede questa assurda legge non è applicabile ad esempio a un blog amatoriale, il quale non ha evidentemente né i mezzi né le possibilità di poter in qualche modo "combattere" alla pari di una testata giornalistica professionale. E questo Scorza lo dice chiaramente.
The web is not the press (or tv) si potrebbe dire con uno slogan e non è, pertanto, possibile né opportuno applicare ad ogni forma di comunicazione online la speciale disciplina dettata per l'informazione professionale. Dovrebbe essere evidente ma così non è. Gestire le richieste di rettifica, valutarne la fondatezza e, eventualmente, darvi seguito è un'attività onerosa che mal si concilia con la dimensione "amatoriale" della più parte dei blog che costituiscono la blogosfera e rischia di costituire un elemento disincentivante per un blogger che, pur di sottrarsi a tali incombenti e alle eventuali responsabilità da ritardo (una multa da 25 milioni di vecchie lire per aver tardato a leggere la posta significa la chiusura di un blog!), preferirà tornare a limitarsi a leggere il giornale o, piuttosto postare solo su argomenti a basso impatto mediatico, politico e sociale e, come tali, insuscettibili di "disturbare" chicchessia. Allo stesso modo, il gestore di una piattaforma di condivisione di contenuti o, piuttosto, di social networking che, per definizione, non produce le informazioni che diffonde, ricevuta una richiesta di rettifica non potrà, in nessun caso, in 48 ore, verificare con l'autore del contenuto la veridicità dell'informazione diffusa e, quindi, l'effettiva sussistenza o meno dell'azionato diritto di rettifica.
Insomma, prendetela come impressione personale, ma mi pare che da qualunque parte la si guardi, questa mostruosità giuridica abbia - come ha osservato giustamente Anna Masera su La Stampa - un solo intento: la censura del web.
lunedì 15 giugno 2009
Abruzzo, perché non si può fare volantinaggio all'interno dei campi?
Leggo su alcuni siti, tra cui Repubblica, che domani moltissimi sfollati d'Abruzzo saranno a Roma per manifestare sotto palazzo Montecitorio. Con questa forma di protesta, "senza colore politico e senza bandiere", gli sfollati chiedono al governo che venga rispettato quanto promesso loro nei giorni immediatamente successivi al terribile sisma, e cioè che la ricostruzione sia completa e completamente a carico dello stato.
Ma c'è un aspetto piuttosto inquietante in questa vicenda. Pare infatti che una disposizione della Protezione Civile abbia impedito agli organizzatori di fare opera di volantinaggio nei campi per pubblicizzare l'iniziativa. Scrive Repubblica:
La cosa, se veramente sta in questi termini, pare perlomeno inquietante. Amaro a tal proposito il commento di Miss Kappa, una blogger che scrive abitualmente da quelle zone, che nel suo post odierno scrive:
Spero vivamente che la manifestazione di domani riesca a richiamare moltissima gente, e spero altrettanto vivamente che i telegiornali le diano lo spazio che merita, anche se su questo non mi faccio molte illusioni.
Ma c'è un aspetto piuttosto inquietante in questa vicenda. Pare infatti che una disposizione della Protezione Civile abbia impedito agli organizzatori di fare opera di volantinaggio nei campi per pubblicizzare l'iniziativa. Scrive Repubblica:
Dell'impossibilità di diffondere volantini, invece, si sono accorti, ieri, i nove comitati che curano l'organizzazione della manifestazione di protesta contro il decreto per la ricostruzione voluto dal governo.
[...]
"Per questo stavamo girando le tendopoli: per diffondere un volantino che invitava la popolazione a partecipare alla manifestazione di protesta martedì davanti Montecitorio" racconta Gianfranco De Felice, 27 anni, grafico pubblicitario, sfollato e attivista del comitato "3e32". "La distribuzione del materiale però ci è stata impedita ovunque. Abbiamo solo potuto lasciare un volantino al responsabile di ogni singolo campo, chiedendo la garanzia che almeno venisse affisso in bacheca" racconta ancora. E aggiunge: "Un volontario della tendopoli di Sant'Elia poi, mi ha mostrato una circolare interna, firmata dalla direzione della Protezione Civile, dove era scritto che il volantinaggio in tutti i campi è severamente vietato. Ho chiesto di fotografarla o di averne copia, ma mi è stato impedito".
La cosa, se veramente sta in questi termini, pare perlomeno inquietante. Amaro a tal proposito il commento di Miss Kappa, una blogger che scrive abitualmente da quelle zone, che nel suo post odierno scrive:
Ci si sta attivando con tutti i mezzi per assicurare la partecipazione. Anche quella dei vacanzieri forzati sulla costa. Quindi assemblee, volantini, sms, internet. Si sta cercando di fare informazione a tappeto. Ma la Protezione Civile impedisce ai comitati dei cittadini di volantinare nelle tendopoli. La motivazione? Per non turbare la quiete degli ospiti. Continuano a chiamarci ospiti. Ospiti a casa nostra. Ci liquidano con poche parole,e mostrano circolari interne che parlano chiaramente di severissimo divieto di volantinaggio all'interno dei campi. Davanti alle nostre rimostranze, dicono che esporranno il volantino in bacheca. Mi son fatta un giro per le tendopoli, ieri: nessun volantino affisso. In compenso proliferano quelli di karaoke, clown, balli. Ci vogliono tutti lì, rincoglioniti, a cantare. In perfetto stile berlusconiano.
Spero vivamente che la manifestazione di domani riesca a richiamare moltissima gente, e spero altrettanto vivamente che i telegiornali le diano lo spazio che merita, anche se su questo non mi faccio molte illusioni.
Ronda su ronda
All'inizio erano i soldati. Ricordate no? I famosi 3.000 militari che dovevano pattugliare le grandi città in funzione di deterrenza alla criminalità e aumento della sicurezza dei cittadini. Di questi, passata la novità mediatica, non si è saputo più niente: sono serviti a qualcosa? Hanno contribuito a far arrestare qualcuno? Boh, mistero. In ogni caso, però, il premier ha recentemente affermato di avere intenzione di metterne per strada fino a 70.000 (quest'uomo quando è ora di dare i numeri è stupefacente).
In attesa di avere le nostre città completamente militarizzate, un'altra interessante novità spunta all'orizzonte: la Guardia Nazionale Italiana. Dopo le ronde padane ecco quindi fare capolino le cosiddette ronde nere, una sorta di raggruppamento di volontari, sui quali ha già messo gli occhi la procura di Milano, pronti ad affiancare i colleghi delle ronde padane non appena il ddl sicurezza, attualmente al vaglio del Senato, sarà legge.
La divisa d'ordinanza, come petete vedere dall'immagine in alto (fonte: peacereporter.net), prevede, tra le altre cose, anfibi, cinturone nero, basco, fascia nera al braccio con lo stemma della ruota solare (simbolo del neonato Partito Nazionalista Italiano) e l'effige dell'aquila imperiale.
Sulla questione delle ronde, nere, verdi, rosse o di quel cavolo di colore che volete, ho già parlato in passato e non ho intenzione di tornarci sopra. Non è questione di sentirsi più o meno sicuri con questa gente in giro (suvvia, non scherziamo), è questione di riuscire a mettere insieme i pezzi di un puzzle che man mano che vanno a posto compongono un disegno inquietante. Pezzo dopo pezzo. Ma a voi non suggerisce niente che da un anno in qua gran parte dell'attività legislativa di governo sia andata nella direzione di una sempre maggiore blindatura del potere politico, di un lento ma progressivo svuotamento dei poteri della magistratura, di un costante indebolimento dei diritti dei cittadini (in primis quello di poter dire la propria e di essere informati)?
Adesso ci si mettono pure le ronde, una sorta di polizia privata su misura che nelle intenzioni dovrebbe affiancare le forze dell'ordine ufficiali, quelle legittimate dallo stato, per combattere cosa non è ben chiaro. Spero di sbagliarmi, ma io non la vedo bene.
In attesa di avere le nostre città completamente militarizzate, un'altra interessante novità spunta all'orizzonte: la Guardia Nazionale Italiana. Dopo le ronde padane ecco quindi fare capolino le cosiddette ronde nere, una sorta di raggruppamento di volontari, sui quali ha già messo gli occhi la procura di Milano, pronti ad affiancare i colleghi delle ronde padane non appena il ddl sicurezza, attualmente al vaglio del Senato, sarà legge.
La divisa d'ordinanza, come petete vedere dall'immagine in alto (fonte: peacereporter.net), prevede, tra le altre cose, anfibi, cinturone nero, basco, fascia nera al braccio con lo stemma della ruota solare (simbolo del neonato Partito Nazionalista Italiano) e l'effige dell'aquila imperiale.
Sulla questione delle ronde, nere, verdi, rosse o di quel cavolo di colore che volete, ho già parlato in passato e non ho intenzione di tornarci sopra. Non è questione di sentirsi più o meno sicuri con questa gente in giro (suvvia, non scherziamo), è questione di riuscire a mettere insieme i pezzi di un puzzle che man mano che vanno a posto compongono un disegno inquietante. Pezzo dopo pezzo. Ma a voi non suggerisce niente che da un anno in qua gran parte dell'attività legislativa di governo sia andata nella direzione di una sempre maggiore blindatura del potere politico, di un lento ma progressivo svuotamento dei poteri della magistratura, di un costante indebolimento dei diritti dei cittadini (in primis quello di poter dire la propria e di essere informati)?
Adesso ci si mettono pure le ronde, una sorta di polizia privata su misura che nelle intenzioni dovrebbe affiancare le forze dell'ordine ufficiali, quelle legittimate dallo stato, per combattere cosa non è ben chiaro. Spero di sbagliarmi, ma io non la vedo bene.
domenica 14 giugno 2009
Che cosa è veramente "eversivo"
Il contatore degli accessi del blog mi dice che oggi molti di voi se ne sono andati probabilmente al mare, o in montagna, o comunque via da casa e lontano dal pc. E come darvi torto, del resto? E' molto probabile, quindi, e magari molti lo apprenderanno da questo mio post, che non siate al corrente delle ultime sparate del cavaliere, esternate oggi a Santa Margherita Ligure al convegno dei giovani industriali.
Per farla breve, il nostro pimpante premier ha detto senza mezze parole di essere vittima di un progetto eversivo che ha come scopo il suo rovesciamento politico in favore di un altro soggetto non legittimato dalla volontà popolare. E, per mettere in atto questo progetto, parte della stampa (anzi, principalmente una testata sola, e cioè Repubblica) avrebbe utilizzato quattro specifici argomenti: la sentenza Mills, la questione Noemi, le veline e i famosi voli di stato, utilizzati - pare - per scarrozzare avanti e indietro tra Roma e Olbia personaggi che di istituzionale hanno ben poco.
Ora, intendiamoci, in linea teorica non è possibile escludere niente, neppure che da parte di Repubblica, magari in combutta con certi ambiente eversivi (?) del centrosinistra e con molte pericolose testate estere di stampo comunista (?), ci sia effettivamente un progetto di questo tipo. E, d'altra parte, non è neppure azzardato pensare che non devono essere pochi quelli, specialmente tra le file dei berluscones, che credono verosimile, o comunque più che possibile, questa ipotesi.
Se però non ci si ferma, come purtroppo fa la maggioranza degli italiani, all'apparenza, alla propaganda dei giornali asserviti, ai servizi-zerbino dei media, ma si allarga lo sguardo, si cercano di capire le vicende nel loro insieme, ecco che la teoria del famoso complotto, o progetto eversivo che dir si voglia, si scioglie come un cubetto di ghiaccio al sole. Per Berlusconi, infatti, e l'ha dimostrato più di una volta, è eversivo il semplice fare domande, il cercare di capire e il pretendere spiegazioni. Se un giornale, uno dei pochi che ancora non si è piegato al servilismo nauseabondo di molti altri, fa domande, allora è eversivo. Fare il proprio dovere è sinonimo di complotto. Quello che in tutti i paesi del mondo veramente democratici è la regola - e cioè la stampa che rompe le palle al potere e fa domande - da noi è eversione.
E quello che rattrista, è che questo assurdo concetto è condiviso da moltissime persone (ho avuto personalmente esperienza di ciò in questo blog). La maggior parte di queste persone, infatti, non vede come eversivo, piuttosto, il fatto che da un anno a questa parte, e cioè da quando c'è questo governo, la messe dei provvedimenti legislativi attuati, o solo pensati, è andata quasi unicamente nella direzione di un blindamento del potere politico a scapito dei poteri inquirenti della magistratura e della libera informazione ed espressione di pensiero. Non si vede come eversivo il fatto che un capo di governo se le canti e se le suoni dalle sue televisioni e dai giornali al seguito, che partecipi a trasmissioni di cartapesta, appositamente confezionate, in cui la domanda più pericolosa che gli viene rivolte è "prego, dica...". Non si vede come eversivo un premier che cerca a pié spinto di esautorare le funzioni di controllo del Parlamento in favore di un accentramento sulla (sua) persona di ogni potere. Però se un giornale osa farlo notare, osa fare domande non protocollate, non preventivamente concordate in modo da non dar fastidio, ecco il complotto, l'eversione.
Non so quanto ci sia da stare tranquilli davanti a questo scenario. E, d'altra parte, non penso sia necessario far notare cosa accadrebbe nel momento in cui le poche voci fuori dal coro rimaste fossero spente o, peggio, andassero ad ingrossare le fila di quelle già incasellate nel triste gioco dell'oca del dilagante e sterile conformismo informativo. Non credo alla boutade del tentativo eversivo golpista denunciato da Berlusconi, spero semmai, e lo spero ardentemente, che questa farsa finisca il più presto possibile.
Per farla breve, il nostro pimpante premier ha detto senza mezze parole di essere vittima di un progetto eversivo che ha come scopo il suo rovesciamento politico in favore di un altro soggetto non legittimato dalla volontà popolare. E, per mettere in atto questo progetto, parte della stampa (anzi, principalmente una testata sola, e cioè Repubblica) avrebbe utilizzato quattro specifici argomenti: la sentenza Mills, la questione Noemi, le veline e i famosi voli di stato, utilizzati - pare - per scarrozzare avanti e indietro tra Roma e Olbia personaggi che di istituzionale hanno ben poco.
Ora, intendiamoci, in linea teorica non è possibile escludere niente, neppure che da parte di Repubblica, magari in combutta con certi ambiente eversivi (?) del centrosinistra e con molte pericolose testate estere di stampo comunista (?), ci sia effettivamente un progetto di questo tipo. E, d'altra parte, non è neppure azzardato pensare che non devono essere pochi quelli, specialmente tra le file dei berluscones, che credono verosimile, o comunque più che possibile, questa ipotesi.
Se però non ci si ferma, come purtroppo fa la maggioranza degli italiani, all'apparenza, alla propaganda dei giornali asserviti, ai servizi-zerbino dei media, ma si allarga lo sguardo, si cercano di capire le vicende nel loro insieme, ecco che la teoria del famoso complotto, o progetto eversivo che dir si voglia, si scioglie come un cubetto di ghiaccio al sole. Per Berlusconi, infatti, e l'ha dimostrato più di una volta, è eversivo il semplice fare domande, il cercare di capire e il pretendere spiegazioni. Se un giornale, uno dei pochi che ancora non si è piegato al servilismo nauseabondo di molti altri, fa domande, allora è eversivo. Fare il proprio dovere è sinonimo di complotto. Quello che in tutti i paesi del mondo veramente democratici è la regola - e cioè la stampa che rompe le palle al potere e fa domande - da noi è eversione.
E quello che rattrista, è che questo assurdo concetto è condiviso da moltissime persone (ho avuto personalmente esperienza di ciò in questo blog). La maggior parte di queste persone, infatti, non vede come eversivo, piuttosto, il fatto che da un anno a questa parte, e cioè da quando c'è questo governo, la messe dei provvedimenti legislativi attuati, o solo pensati, è andata quasi unicamente nella direzione di un blindamento del potere politico a scapito dei poteri inquirenti della magistratura e della libera informazione ed espressione di pensiero. Non si vede come eversivo il fatto che un capo di governo se le canti e se le suoni dalle sue televisioni e dai giornali al seguito, che partecipi a trasmissioni di cartapesta, appositamente confezionate, in cui la domanda più pericolosa che gli viene rivolte è "prego, dica...". Non si vede come eversivo un premier che cerca a pié spinto di esautorare le funzioni di controllo del Parlamento in favore di un accentramento sulla (sua) persona di ogni potere. Però se un giornale osa farlo notare, osa fare domande non protocollate, non preventivamente concordate in modo da non dar fastidio, ecco il complotto, l'eversione.
Non so quanto ci sia da stare tranquilli davanti a questo scenario. E, d'altra parte, non penso sia necessario far notare cosa accadrebbe nel momento in cui le poche voci fuori dal coro rimaste fossero spente o, peggio, andassero ad ingrossare le fila di quelle già incasellate nel triste gioco dell'oca del dilagante e sterile conformismo informativo. Non credo alla boutade del tentativo eversivo golpista denunciato da Berlusconi, spero semmai, e lo spero ardentemente, che questa farsa finisca il più presto possibile.
Libera interpretazione del pensiero (della Marcegaglia)
Emma Marcegaglia (foto), presidente di confindustria, ha dato dal convegno di Santa Margherita Ligure il secondo aut aut al governo dopo quello di metà maggio scorso, quando aveva supplicato il premier di utilizzare il suo consenso politico per fare quelle riforme necessarie a evitare la débâcle completa del sistema produttivo in Italia.
Ora, prendetelo come pensiero personale, ma quel "il governo deve cambiare passo" lo vedo un po' come se avesse voluto dire: "Il lodo Alfano è stato fatto, la legge sulla limitazione delle intercettazioni pure, la legge che imbavaglia la stampa e che uccide la cronaca giudiziaria è praticamente cosa fatta. Adesso che i politici sono a posto, si può fare anche qualcosa per gli imprenditori che si suicidano perché non hanno più i soldi per pagare i dipendenti?"
Emma Marcegaglia ha chiesto al presidente del consiglio dei ministri Silvio Berlusconi, che l'aveva preceduta sul palco, «cento giorni di concretezza, di azione forte, veloce e mirata». Il governo «deve cambiare passo. I prossimi cento giorni – ha proseguito la presidente di Confindustria – sono fondamentali, perché se agiremo bene potremo salvare quel pezzo di sistema produttivo che rischia di morire. Dobbiamo avviare riforme strutturali, cerchiamo di capire come portarle avanti e dare un sollievo alle imprese e ai cittadini». (fonte)
Ora, prendetelo come pensiero personale, ma quel "il governo deve cambiare passo" lo vedo un po' come se avesse voluto dire: "Il lodo Alfano è stato fatto, la legge sulla limitazione delle intercettazioni pure, la legge che imbavaglia la stampa e che uccide la cronaca giudiziaria è praticamente cosa fatta. Adesso che i politici sono a posto, si può fare anche qualcosa per gli imprenditori che si suicidano perché non hanno più i soldi per pagare i dipendenti?"
sabato 13 giugno 2009
10 cosine da segnalare a Obama
Secondo articolo21.info sono già più di un migliaio le lettere inviate alla Casa Bianca dagli utenti di Facebook con lo scopo di spiegare a Obama alcune cose, che magari lui non sa, che hanno a che fare col signore che andrà a incontrare lunedì.
Ora, intendiamoci, nessuno pensa realmente che iniziative di questo genere possano sortire qualche effetto, ci mancherebbe; Obama ha ben altri informatori che lo mettono al corrente di chi si trova di fronte anche senza bisogno che gli venga segnalato dagli utenti di Facebook. L'iniziativa però mi pare interessante, e potrebbe anche essere vista come un modo per noi, utenti comuni, di fare qualcosa utilizzando la rete.
Se volete anche voi spedire questa specie di lettera di avviso, potete farlo copia-incollando il testo nella sua versione inglese (lo trovate qui di seguito) nell'apposita pagina messa a disposizione dal sito della Casa Bianca.
Next 15th june Barack Obama will meet italian president Silvio Berlusconi. For this occasion we want to remember to the President Usa the following 10 things about Berlusconi
1) Mr. Berlusconi was a P2 member, a secret society aiming at getting to the power by controlling justice and medias
2) Mr. B. owns the 3 main italian private TV broadcasting companies as well as a commercial empire that configures him as the world-champion of interests conflict
3) Judge Paolo Borsellino, killed by the mafia, 2 months before dying released an interview at some french journals and hinted more than once at the supposed relationships of Mr. Berlusconi and his right arm Marcello Dell'Utri with Mafia
4) Under the various B. governments, many ad-hoc ("ad personam") laws have been approved, some also in order to lighten his own eventual trial and prosecution. The last one, called "Lodo Alfano", suspends all prosecutions in charge to the Ministries' Council President all through his mandate, thus constituting a unique situation in the whole European Community
5) Foreign Newspapers (not certainly all left-winged) get constantly disgusted by Mr. B.'s offensive sentences and behaviour. Sadly famous are his mockings about Mr. Obama's tan or about the "superior western culture"
6) Mr. B. has been a great fan of Mr. Obama's predecessor. He said: "history will tell how a great president, the greatest of all, George W. Bush has been". Mr. B. has also defined Bush as a "man with great principles, ideals and vision, but most of all, a man who has been able to pursue such a vision"
7) Rather than promoting alternative energy sources use, Mr B.'s government reintroduced Nuclear Power by neglecting a popular will that by means of a referendum in 1987 had dismissed such an energy alternative
8) Mr. B. recently affirmed that "Italy is no multicultural land" , and the italian government is now proceeding to mass-evictions from the national territory
9) While you (OBAMA) openly praised the press in public since they constitute a watch-dog against the misuse of power, there's no day passing in which Mr. B. does not openly attack the press
10) "It's over. I cannot stay anymore with a man attending minors" (girls). "I tried to help my husband as one would do with a sick person". These last sentences are but a few pronounced by the italian premier wife, Mrs. Veronica Lario, after the recent revelations with respect to her husband's meetings inside their private manor, whose scandalous pictures are now travelling all around the world.
La traduzione italiana, giusto per sapere cosa avete spedito, la trovate qui.
Ora, intendiamoci, nessuno pensa realmente che iniziative di questo genere possano sortire qualche effetto, ci mancherebbe; Obama ha ben altri informatori che lo mettono al corrente di chi si trova di fronte anche senza bisogno che gli venga segnalato dagli utenti di Facebook. L'iniziativa però mi pare interessante, e potrebbe anche essere vista come un modo per noi, utenti comuni, di fare qualcosa utilizzando la rete.
Se volete anche voi spedire questa specie di lettera di avviso, potete farlo copia-incollando il testo nella sua versione inglese (lo trovate qui di seguito) nell'apposita pagina messa a disposizione dal sito della Casa Bianca.
Next 15th june Barack Obama will meet italian president Silvio Berlusconi. For this occasion we want to remember to the President Usa the following 10 things about Berlusconi
1) Mr. Berlusconi was a P2 member, a secret society aiming at getting to the power by controlling justice and medias
2) Mr. B. owns the 3 main italian private TV broadcasting companies as well as a commercial empire that configures him as the world-champion of interests conflict
3) Judge Paolo Borsellino, killed by the mafia, 2 months before dying released an interview at some french journals and hinted more than once at the supposed relationships of Mr. Berlusconi and his right arm Marcello Dell'Utri with Mafia
4) Under the various B. governments, many ad-hoc ("ad personam") laws have been approved, some also in order to lighten his own eventual trial and prosecution. The last one, called "Lodo Alfano", suspends all prosecutions in charge to the Ministries' Council President all through his mandate, thus constituting a unique situation in the whole European Community
5) Foreign Newspapers (not certainly all left-winged) get constantly disgusted by Mr. B.'s offensive sentences and behaviour. Sadly famous are his mockings about Mr. Obama's tan or about the "superior western culture"
6) Mr. B. has been a great fan of Mr. Obama's predecessor. He said: "history will tell how a great president, the greatest of all, George W. Bush has been". Mr. B. has also defined Bush as a "man with great principles, ideals and vision, but most of all, a man who has been able to pursue such a vision"
7) Rather than promoting alternative energy sources use, Mr B.'s government reintroduced Nuclear Power by neglecting a popular will that by means of a referendum in 1987 had dismissed such an energy alternative
8) Mr. B. recently affirmed that "Italy is no multicultural land" , and the italian government is now proceeding to mass-evictions from the national territory
9) While you (OBAMA) openly praised the press in public since they constitute a watch-dog against the misuse of power, there's no day passing in which Mr. B. does not openly attack the press
10) "It's over. I cannot stay anymore with a man attending minors" (girls). "I tried to help my husband as one would do with a sick person". These last sentences are but a few pronounced by the italian premier wife, Mrs. Veronica Lario, after the recent revelations with respect to her husband's meetings inside their private manor, whose scandalous pictures are now travelling all around the world.
La traduzione italiana, giusto per sapere cosa avete spedito, la trovate qui.
Tfr, quella volta ci ho visto giusto
Non mi capita spessissimo di parlare di cose personali, qui, ma questa volta faccio volentieri un'eccezione perché forse questa può interessare qualcuno dei miei affezionati lettori.
Come forse molti di voi ricorderanno, nel primo semestre del 2007 i lavoratori dipendenti privati hanno dovuto scegliere, tramite il sistema del silenzio-assenso (che evito di commentare) e in ossequio alla legge varata nel 2005 sulla riforma della previdenza complementare, se mantenere il proprio tfr in azienda o se conferirlo, tutto o in parte, ai fondi pensione. Se ricordate, all'epoca la campagna mediatica fu quasi asfissiante: governo, banche, sindacati, confindustria, tutti a cantare le lodi e i meravigliosi vantaggi che avrebbero avuto i lavoratori nel mettere il proprio gruzzoletto nei fondi pensione.
Basandomi anche su quanto consigliato all'epoca da Beppe Grillo, del quale si può dire tutto tranne che non abbia una certa dimestichezza con questi temi, decisi, non senza qualche titubanza, di lasciare tutto il mio tfr in azienda. E lo feci nonostante le molte sirene che appunto invogliavano a trasferirlo nel cosiddetto risparmio gestito, i fondi pensione, quelli che, a seconda del tipo di scelta (o non scelta), sarebbero stati poi gestiti o dall'Inps o da qualche fondo privato.
Oggi si scopre che il 2009 - lo scrive il Corriere qui - è stato l'anno nero per quanto riguarda il rendimento dei fondi pensione, i quali sono arrivati a perdere fino al 25% del loro valore. E non solo i fondi pensione, ma pure quelli aperti istituiti dalle banche o dalle assicurazioni se la stanno passando piuttosto brutta. Chi non ci ha rimesso niente, invece, sono guarda un po' quelli che hanno preferito lasciare il tfr in azienda. Scrive infatti il Corriere:
Ovviamente non sta scritto da nessuna parte che le cose, magari quando la crisi economico-fianziaria ce la seremo lasciata alle spalle, non possano cambiare, che non ritorni a esserci una rivalutazione importante anche dei fondi pensione, ma allo stato attuale posso comunque dire di aver fatto la scelta migliore.
Come forse molti di voi ricorderanno, nel primo semestre del 2007 i lavoratori dipendenti privati hanno dovuto scegliere, tramite il sistema del silenzio-assenso (che evito di commentare) e in ossequio alla legge varata nel 2005 sulla riforma della previdenza complementare, se mantenere il proprio tfr in azienda o se conferirlo, tutto o in parte, ai fondi pensione. Se ricordate, all'epoca la campagna mediatica fu quasi asfissiante: governo, banche, sindacati, confindustria, tutti a cantare le lodi e i meravigliosi vantaggi che avrebbero avuto i lavoratori nel mettere il proprio gruzzoletto nei fondi pensione.
Basandomi anche su quanto consigliato all'epoca da Beppe Grillo, del quale si può dire tutto tranne che non abbia una certa dimestichezza con questi temi, decisi, non senza qualche titubanza, di lasciare tutto il mio tfr in azienda. E lo feci nonostante le molte sirene che appunto invogliavano a trasferirlo nel cosiddetto risparmio gestito, i fondi pensione, quelli che, a seconda del tipo di scelta (o non scelta), sarebbero stati poi gestiti o dall'Inps o da qualche fondo privato.
Oggi si scopre che il 2009 - lo scrive il Corriere qui - è stato l'anno nero per quanto riguarda il rendimento dei fondi pensione, i quali sono arrivati a perdere fino al 25% del loro valore. E non solo i fondi pensione, ma pure quelli aperti istituiti dalle banche o dalle assicurazioni se la stanno passando piuttosto brutta. Chi non ci ha rimesso niente, invece, sono guarda un po' quelli che hanno preferito lasciare il tfr in azienda. Scrive infatti il Corriere:
A fronte di questi dati il Tfr (trattamento di fine rapporto, cioè la vecchia «liquidazione») ha visto una rivalutazione netta lo scorso anno del 2,7% cui si aggiunge lo 0,3% del primo trimestre del 2009.
Ovviamente non sta scritto da nessuna parte che le cose, magari quando la crisi economico-fianziaria ce la seremo lasciata alle spalle, non possano cambiare, che non ritorni a esserci una rivalutazione importante anche dei fondi pensione, ma allo stato attuale posso comunque dire di aver fatto la scelta migliore.
venerdì 12 giugno 2009
Stop all'Hadopi, internet è un diritto fondamentale del cittadino
A sentenziarlo è stato il Consiglio Costituzionale francese, l'equivalente della nostra Consulta, che ha di fatto dichiarato incostituzionale la recente e controversa legge francese, fortemente voluta da Sarkozy, che inibiva l'accesso a internet all'utente sospettato di condividere illegalmente files in rete.
Il termine "sospettato" non l'ho marcato in corsivo casualmente, in quanto una delle aberrazioni contenute all'interno di questo disegno di legge, consisteva nel fatto che non occorreva alcuna prova giuridicamente valida per vedersi tagliare il collegamento, ma era sufficiente una segnalazione all'autorità da parte del titolare del diritto d'autore.
La Corte Costituzionale ha spazzato via tutto questo, sentenziando inequivocabilmente che internet è un diritto fondamentale del cittadino e che nessuna autorità terza può decidere il distacco dell'utente dalla rete, ma soprattutto che il principio della presunzione d'innocenza è più importante di tutto.
Una lezione che dovrebbe insegnare qualcosa ed essere da monito anche ai tanti politici e addetti del settore di casa nostra, che hanno visto fin da subito come un esempio da imitare l'adozione di una simile astruseria giuridica.
Il termine "sospettato" non l'ho marcato in corsivo casualmente, in quanto una delle aberrazioni contenute all'interno di questo disegno di legge, consisteva nel fatto che non occorreva alcuna prova giuridicamente valida per vedersi tagliare il collegamento, ma era sufficiente una segnalazione all'autorità da parte del titolare del diritto d'autore.
La Corte Costituzionale ha spazzato via tutto questo, sentenziando inequivocabilmente che internet è un diritto fondamentale del cittadino e che nessuna autorità terza può decidere il distacco dell'utente dalla rete, ma soprattutto che il principio della presunzione d'innocenza è più importante di tutto.
Una lezione che dovrebbe insegnare qualcosa ed essere da monito anche ai tanti politici e addetti del settore di casa nostra, che hanno visto fin da subito come un esempio da imitare l'adozione di una simile astruseria giuridica.
Non ho più voglia di scrivere
Io e i miei colleghi assistiamo sgomenti a quello che sta accadendo, perché ci siamo battuti in questi anni con tutte le nostre forze per arginare l’avanzare della criminalità mafiosa e della criminalità del potere, e renderci conto che si stanno facendo saltare gli ultimi anticorpi, che ci stanno disarmando, che si rischia di consegnare il Paese alla criminalità è qualcosa che ci lascia interdetti e ci fa interrogare sul senso del sacrificio di quelli che prima di noi hanno perduto la propria vita per difendere la tenuta democratica del Paese.
Ieri sera avevo parecchi spunti che mi sarebbe piaciuto sviluppare: la recente sentenza della Corte Costituzionale francese che ha dichiarato illegittima la legge Hadopi, l'Oms che alza a livello 6 l'allarme sulla nuova influenza, la visita di Gheddafi amplificata oltre ogni limite e altre cose, ma ho lasciato perdere: inspiegabile mancanza di voglia.
E allora mi limito a fare il copia-incolla, qui sotto, di un articolo di Micromega, pubblicato ieri, dal quale ho tratto la breve citazione che ho riportato sopra.
Sperando che mi torni la voglia di scrivere...
Le vicende emerse dalle intercettazioni in tanti processi hanno messo a nudo una inquietante trasversalità nella gestione di affari poco puliti. Credo che non sia un caso che le intercettazioni siano diventate un punto di attacco fondamentale da parte del mondo politico. Ormai si è costruito un sistema di omertà blindato. Testimoni non se ne trovano più, le poche persone che hanno osato raccontare alla magistratura i misfatti dei potenti hanno dovuto subire una via crucis che non ha risparmiato neanche i loro affetti più personali. Collaboratori di rango sono venuti meno, restano collaboratori che raccontano episodi di criminalità da strada.
Magistrati che osano indagare sui potenti sono sottoposti a procedimenti disciplinari e trasferiti di ufficio con procedure discutibili.
Oggi l’unico momento di visibilità del modo in cui viene realmente esercitato il potere sono rimaste le intercettazioni;
solo le macchine (le microspie) ci consentono di ascoltare in diretta la vera e autentica voce del potere. Le intercettazioni sono rimaste l’ultimo tallone di Achille di un potere che nel tempo ha sempre più circondato di segreto il proprio operato, perché l’opposizione è venuta meno al proprio compito, il giornalismo indipendente è emarginato e non ha più spazi nella televisione, la magistratura rischia di divenire sempre più addomesticata.
Ed ecco perché la riforma delle intercettazioni deve passare, perché da quel momento in poi non sarà più possibile sapere quello che succede in questo Paese dietro le quinte: in quel fuori-scena dove, come la lezione della Storia ha dimostrato, si mettono a punto accordi segreti e inconfessabili, che riducono la politica visibile a una “messa in scena” per cittadini ignari, trattati come eterni minorenni ai quali celare la realtà della macchina del potere. La magistratura sarà privata di strumenti di indagine fondamentali e il vecchio tormentone sulle toghe rosse non ci sarà più, perché non ci saranno né toghe rosse, né toghe nere, né toghe di centro.
Io e i miei colleghi assistiamo sgomenti a quello che sta accadendo, perché ci siamo battuti in questi anni con tutte le nostre forze per arginare l’avanzare della criminalità mafiosa e della criminalità del potere, e renderci conto che si stanno facendo saltare gli ultimi anticorpi, che ci stanno disarmando, che si rischia di consegnare il Paese alla criminalità è qualcosa che ci lascia interdetti e ci fa interrogare sul senso del sacrificio di quelli che prima di noi hanno perduto la propria vita per difendere la tenuta democratica del Paese.
Vi confesso che da qualche tempo ho difficoltà a partecipare, il 23 maggio e il 19 luglio, alle cerimonie per l’anniversario della strage di Capaci e di via D’Amelio, perché quando vedo tra le prime fila a rappresentare lo Stato taluni personaggi sotto processo o condannati per mafia o per corruzione, io non mi sento di poter stare in quella stessa chiesa, non mi sento di poter stare in quello stesso palazzo. E mi chiedo: ma come potranno i nostri ragazzi credere in uno Stato che si presenta con queste facce?
Allora altro che toghe rosse. Io credo che se questa partita delle intercettazioni sarà perduta non avremo soltanto una pessima riforma processuale, ma avremo uno squilibrio dei poteri in Italia. È strano che una riforma processuale possa acquisire uno spessore di carattere costituzionale, ma ciò avviene perché siamo in una situazione di patologia della democrazia.
In una situazione fisiologica esistono tutta una serie di anticorpi che consentono di controbilanciare gli abusi del potere: c’è un’opposizione parlamentare, c’è un giornalismo libero e indipendente, c’è una separazione dei poteri.
Io credo che in un Paese come questo, in cui tutti gli anticorpi sono stati disinnescati e dove soltanto le macchine, le microspie svolgono una funzione di opposizione e di visibilità democratica, quando anche le macchine saranno messe a tacere, il Paese sarà messo a tacere.
11/06/2009. Roberto Scarpinato, procuratore aggiunto presso la Procura antimafia di Palermo.
(via Micromega)
giovedì 11 giugno 2009
E' finita...
Manca ancora il passaggio di domani al Senato, ma a questo punto si tratta solo di una formalità.
Come ho scritto già a commento di alcuni miei post precedenti, l'unica cosa che, seppur molto parzialmente, mi consola, è che io non sono corresponsabile di questo scempio.
Come ho scritto già a commento di alcuni miei post precedenti, l'unica cosa che, seppur molto parzialmente, mi consola, è che io non sono corresponsabile di questo scempio.
"Così muore la giustizia (penale) in Italia"
Ieri, Il Giornale, riportando la frase pronunciata dal segretario dell'Associazione Nazionale Magistrati a commento del ddl intercettazioni ("la morte della giustizia penale in Italia"), ha fatto nel titolo dell'articolo un piccolo omissis.
Questa piccola differenza, tra quanto riportato dal principale house organ di casa Berlusconi e quanto effettivamente pronunciato dall'ANM, potrebbe benissimo non significare niente. Ma io ho un sospetto, e ho fatto un piccolo ragionamento. Ovviamente si tratta di una fantasia mia e quindi prendetela per quello che è.
Che differenza c'è tra dire "così muore la giustizia in Italia" e "così muore la giustizia penale in Italia"? Beh, apparentemente si tratta della semplice omissione di un aggettivo, niente di più. Pensate però alla tipologia di lettori a cui si rivolge il Giornale: si tratta prevalentemente di lettori di centrodestra, e tra questi, quindi, è altamente probabile che vi siano molti leghisti.
Cos'ha voluto fare quindi Il Giornale, a mio parere? Ha voluto dare l'idea che sia la giustizia nel suo insieme a essere penalizzata e non specificamente quella penale. Ha inteso la giustizia in senso lato indicandola nella sua accezione più ampia, come una sorta di entità astratta. Il motivo è semplice: evitare che qualcuno possa pensare (non sia mai) che il governo, appoggiato in questo proprio dalla Lega, sia in procinto di partorire un provvedimento - come di fatto è - che possa in qualche modo diminuire l'efficacia dell'azione penale, e di conseguenza quella sicurezza che è da sempre la bandiera della Lega stessa.
Ma, come dicevo, queste sono elucubrazioni frutto della mia fantasia. E probabilmente sono totalmente campate per aria.
Tornando alla giustizia, invece, quella vera, non si può non segnalare quanto dichiarato ieri dal CSM in merito ad alcuni aspetti del famoso decreto sicurezza, quello che, in nome appunto della sicurezza (di chi non è ben chiaro), contiene tra le altre la norma che rispedisce al mittente senza tanti complimenti i barconi carichi di bambini e pericolose donne incinta. Se vi ricordate, tra le perle contenute nella legge, c'è il reato di immigrazione clandestina, quell'aberrazione secondo cui il solo fatto di appoggiare un piede sul territorio italiano dà diritto al clandestino di fregiarsi dello status di criminale.
Bene. Il CSM, ieri, in una nota rilasciata dalla Sesta commissione, ha dichiarato che non solo questa norma non contribuirà minimamente a rallentare il flusso dei clandestini che arrivano nel nostro paese, ma paralizzerà irrimediabilmente e definitivamente gli uffici giudiziari italiani, che, come è noto, già adesso non è che se la passino troppo bene. Scriveva ieri Repubblica:
Ovviamente si tratta di previsioni del CSM che andranno verificate in futuro, ma, a margine, non posso fare a meno di notare come, giusto qualche giorno fa, lo stesso ministro della Giustizia Alfano sbandierasse poderose iniziative per accelerare la cronica lentezza della giustizia.
Io penso, invece, anche alla luce di quanto stanno combinando col ddl intercettazioni, che questo governo, nel suo insieme, sia dato una missione: sfasciare completamente la giustizia.
Questa piccola differenza, tra quanto riportato dal principale house organ di casa Berlusconi e quanto effettivamente pronunciato dall'ANM, potrebbe benissimo non significare niente. Ma io ho un sospetto, e ho fatto un piccolo ragionamento. Ovviamente si tratta di una fantasia mia e quindi prendetela per quello che è.
Che differenza c'è tra dire "così muore la giustizia in Italia" e "così muore la giustizia penale in Italia"? Beh, apparentemente si tratta della semplice omissione di un aggettivo, niente di più. Pensate però alla tipologia di lettori a cui si rivolge il Giornale: si tratta prevalentemente di lettori di centrodestra, e tra questi, quindi, è altamente probabile che vi siano molti leghisti.
Cos'ha voluto fare quindi Il Giornale, a mio parere? Ha voluto dare l'idea che sia la giustizia nel suo insieme a essere penalizzata e non specificamente quella penale. Ha inteso la giustizia in senso lato indicandola nella sua accezione più ampia, come una sorta di entità astratta. Il motivo è semplice: evitare che qualcuno possa pensare (non sia mai) che il governo, appoggiato in questo proprio dalla Lega, sia in procinto di partorire un provvedimento - come di fatto è - che possa in qualche modo diminuire l'efficacia dell'azione penale, e di conseguenza quella sicurezza che è da sempre la bandiera della Lega stessa.
Ma, come dicevo, queste sono elucubrazioni frutto della mia fantasia. E probabilmente sono totalmente campate per aria.
Tornando alla giustizia, invece, quella vera, non si può non segnalare quanto dichiarato ieri dal CSM in merito ad alcuni aspetti del famoso decreto sicurezza, quello che, in nome appunto della sicurezza (di chi non è ben chiaro), contiene tra le altre la norma che rispedisce al mittente senza tanti complimenti i barconi carichi di bambini e pericolose donne incinta. Se vi ricordate, tra le perle contenute nella legge, c'è il reato di immigrazione clandestina, quell'aberrazione secondo cui il solo fatto di appoggiare un piede sul territorio italiano dà diritto al clandestino di fregiarsi dello status di criminale.
Bene. Il CSM, ieri, in una nota rilasciata dalla Sesta commissione, ha dichiarato che non solo questa norma non contribuirà minimamente a rallentare il flusso dei clandestini che arrivano nel nostro paese, ma paralizzerà irrimediabilmente e definitivamente gli uffici giudiziari italiani, che, come è noto, già adesso non è che se la passino troppo bene. Scriveva ieri Repubblica:
In particolare, sottolinea il Csm, le conseguenze peggiori, sul fronte del rallentamento della giudizia, si avranno per i giudici di pace: saranno "gravati da centinaia di migliaia di nuovi processi, tali da determinare la paralisi di molti uffici". Ma problemi si avranno anche per gli "uffici giudiziari ordinari, impegnati nel processo in primo grado e nelle fasi di impugnazione successive". Il tutto peraltro senza che la norma serva al suo stesso scopo, quello di favorire l'allontanamento dei clandestini. I consiglieri infatti dubitano espressamente del suo "effetto deterrente": "Una contravvenzione punita con pena pecuniaria non appare prevedibilmente efficace per chi è spinto a emigrare da condizioni disperate; senza dire che "già la normativa vigente consente alle autorità amministrative competenti di disporre l'immediata espulsione dei clandestini"; uno strumento su cui pesano "non già carenze normative ma difficoltà di carattere amministrativo e organizzativo".
Ovviamente si tratta di previsioni del CSM che andranno verificate in futuro, ma, a margine, non posso fare a meno di notare come, giusto qualche giorno fa, lo stesso ministro della Giustizia Alfano sbandierasse poderose iniziative per accelerare la cronica lentezza della giustizia.
Io penso, invece, anche alla luce di quanto stanno combinando col ddl intercettazioni, che questo governo, nel suo insieme, sia dato una missione: sfasciare completamente la giustizia.
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