Era circolata l'altro ieri
la notizia che Mastella starebbe pensando di partecipare alla prossima edizione de L'Isola dei Famosi. Pare che le uniche titubanze siano dovute alla netta contrarietà della gentile consorte, la quale non vede di buon occhio il fatto che il marito stia a contatto prolungato con le gentil donzelle che pullulano nei paraggi per tenere alto l'audience della trasmissione.
Bene, lo dico con estrema convinzione:
Mastella ci deve andare! Un politico di lungo corso come lui, che ha dato tanto all'Italia, è giusto che finisca in gloria la sua carriera. Non si tratta, come molti potrebbero erroneamente pensare, di una forma di svilimento della politica o dell'Italia. Per il semplice fatto che non c'è più niente, né nella politica né in Italia, che possa essere ulteriormente svilito.
Il parlamento sovrano sta decidendo in questi giorni l'approvazione di una legge per tagliare le gambe ai magistrati e mettere il bavaglio ai giornali, in modo che i criminali, che sono già con la bottiglia pronta da stappare, la faranno ancora di più da padroni nell'ignoranza dei cittadini. Siamo un paese che a livelli di democrazia e di libertà di stampa sta già da tempo, lentamente ma inesorabilmente, scendendo in ogni classifica che viene redatta da qualsiasi organizzazione internazionale. Siamo un paese in cui la corruzione regna incontrastata portandosi via 50 miliardi di euro l'anno che vanno ad aggiungersi agli oltre 100 di evasione fiscale. Siamo un paese in cui quando chiedi lo scontrino al salumiere, ti dice: "ma come, non glielo avevo già dato? Che sbadato!".
Una crisi economica senza precedenti viene sistematicamente (e colpevolmente) ignorata per due anni da un governo irresponsabile, che però un bel giorno si sveglia e annuncia lacrime e sangue attraverso una manovra da 25 miliardi di euro. Che non viene però annunciata dal capo del governo; il quale, anzi, tenta in tutti i modi di addebitarne la paternità ad altri (Europa, Tremonti, ecc...) perché lui è quello che "non mette le mani nelle tasche degli italiani", che figura ci farebbe? Una manvora economica che taglia pochissimo allo stato centrale e mette invece, come al solito, le mani nelle tasche dei soliti noti. Sarebbe una barzelletta, se non fosse che in realtà c'è ben poco da ridere.
Viene inizialmente annunciata in pompa magna l'abolizione di 16 province. Poi qualcuno si accorge di averla sparata troppo grossa e diventano nove. Poi arriva Bossi, il quale
dice che se toccano Bergamo sarà guerra civile. Non in ossequio a chissà quale rivendicazione volta a difendere la territorialità e gli interessi del nord, ma perché, al nord come dappertutto, le province sono poltrone, prebende, centri di spesa, radicamento burocratico/politico. E, naturalmente, si tratta dello stesso Bossi che in tempi neanche tanto lontani (purtroppo in Italia la memoria storica è quella che è) strillava contro Roma ladrona. Morale: le province restano adesso tutte al loro posto.
Allora si decide di tagliare alcune centinaia di enti inutili (o ritenuti tali). Ma qualcuno si indigna, compreso il ministro della Cultura, e tutto
ritorna come prima. In compenso i tagli sono sicuri per la scuola,
per la giustizia; settori che non sono considerati come risorsa, ma come costo da ridimensionare. Siamo il paese in cui il ministro della pubblica istruzione, dopo aver tagliato
tutto quello che si poteva tagliare (insegnanti compresi) e aver diminuito il monte ore nelle scuole superiori a partire dal prossimo anno, si dice favorevole all'apertura ritardata delle scuole per aiutare il turismo. Pensate.
Ecco, secondo voi, c'è da scandalizzarsi per Mastella che va sull'isola?