domenica 8 marzo 2009

Gabriella Carlucci come Tony Blair?

Questo articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Alcuni anni fa, una situazione piuttosto imbarazzante coinvolse l'allora primo ministro Tony Blair, assieme a tutto il governo inglese. Non so quanti di voi conoscono o anche solo si ricordano questa storia; vale comunque la pena fare un breve riassunto.

Come è noto, anzi, come sarebbe bene che fosse, i documenti scritti ed elaborati con Word, il noto word processor contenuto nella suite di programmi Office di Microsoft, lasciano in giro molte tracce che possono mettere a repentaglio la privacy e la riservatezza di chi scrive. E' infatti sufficiente aprire un documento .doc ad esempio col Blocco Note di Windows, per scoprire molte cosette interessanti (non mi dilungo, se vi interessano i dettagli li trovate qui).

Bene. Nel 2003 Colin Powell portò di fronte alle Nazioni Unite un documento redatto dal governo inglese sull'occultamento delle armi di distruzione di massa da parte del governo iraqeno (armi occultate molto bene visto che a tutt'oggi non sono ancora state trovate). Il problema è che quel documento era un bluff. Scriveva all'epoca apogeonline.com:

A febbraio 2003, il governo Blair ha pubblicato un documento riguardante l'occultamento delle armi di distruzione di massa da parte del regime iracheno, che fu poi citato da Colin Powell di fronte alle Nazioni Unite. Si è scoperto ben presto che il documento, lungi dall'essere stato generato dagli 007 inglesi tramite rocambolesche infiltrazioni, era stato scopiazzato dilettantescamente (errori di battitura compresi) da un vecchio documento di un ricercatore statunitense, Ibrahim al-Marashi, del Monterey Institute of International Studies.

In pratica si è scoperta la bufala del documento taroccato grazie proprio alle tracce contenute nei log di revisione di Word, che hanno permesso di appurare l'identità dei veri autori e il documento originale di provenienza. Da qui la figuraccia del governo inglese.

Torniamo a noi. Altra storia ma scenario più o meno simile. Come sapete, tra i molti disegni di legge sulla regolamentazione di internet attualmente in Parlamento (di quelli di D'Alia e Barbareschi ho già parlato ampiamente qui nel blog e non sto a ritornarci sopra), ce n'è anche uno a firma Gabriella Carlucci (lo trovate qui). Si tratta - a suo dire - di un disegno di legge che avrebbe come fine, tra le altre cose, una più efficace lotta alla pedofilia online.

Leggendo il testo, però, non pare di cogliere proprio questo, o almeno non solo, ma una serie di norme che praticamente non fanno altro che confermare quanto la legge già stabilisce. Prendiamo ad esempio il comma 3 dell'art. 2:

Per quanto riguarda i reati di diffamazione si applicano, senza alcuna eccezione, tutte le norme relative alla Stampa. Qualora insormontabili problemi tecnici rendano impossibile l’applicazione di determinate misure, in particolare relativamente al diritto di replica, il Comitato per la tutela della legalità nella rete Internet (di cui al successivo articolo 3 della presente legge) potrà essere incaricato dalla Magistratura competente di valutare caso per caso quali misure possano essere attuate per dare comunque attuazione a quanto previsto dalle norme vigenti.

Ora, io non sono ovviamente un giurista, ma cosa si dice di nuovo qui? Niente. Si ripete solamente quello che si sa già. Internet non è un qualcosa avulso dalla realtà, ma è dentro la realtà, e le stesse regole che valgono fuori dalla rete valgono anche dentro. Insomma, tanto per essere chiari, il reato di diffamazione è unico, non ne esiste una versione per la carta stampata e una versione per il web. E c'era bisogno di una legge per specificare questo?

Altro esempio, il comma 4 sempre dello stesso articolo:

In relazione alle violazioni concernenti norme a tutela del Diritto d’Autore, dei Diritti Connessi e dei Sistemi ad Accesso Condizionato si applicano, senza alcuna eccezione le norme previste dalla Legge 633/41 e successive modificazioni.

Sapete qual è la legge 633/41? Non è nient'altro che la famosa legge sul diritto d'autore promulgata il 22 aprile del 1941 e modificata e rivista nel 2004 da Giuliano Urbani, all'epoca ministro dei Beni Culturali del governo Berlusconi III, che di fatto la trasformò nella famigerata legge Urbani, meglio nota come legge sul p2p (anzi, sarebbe meglio dire contro il p2p).

Insomma, alla fine, l'impressione è che si sia voluto mettere su un qualcosa che serve più a tutelare il copyright che la lotta alla pedofilia, magari utilizzando proprio questa come pretesto. E' un'impressione, come dicevo, ma qui entra in gioco il buon Guido Scorza: blogger, avvocato ed esperto di diritto delle nuove tecnologie, il quale ha scoperto una cosa piuttosto interessante.
(fonte immagine: quintarelli)


Ricordate la storia di Blair? Ecco, il buon Scorza ha scoperto, analizzando le proprietà del file .doc pubblicato dall'On. Carlucci sul suo sito, chi ne è l'autore. Si tratterà senza dubbio di una incidentale omonimia, ma caso vuole che si chiami così anche il presidente dell'Unione Italiana Editoria Audiovisa, l'associazione cioè che riunisce le principali aziende attive nel campo dell'industria cinematografica.

Ripeto, la concomitanza è senz'altro casuale, però...


Aggiornamento 09/03/2009.

Guido Scorza argomenta in maniera più che esaustiva le critiche a questo progetto di legge. Qui il suo articolo pubblicato da Punto Informatico.

1 commento:

  1. Mi dite quando ci sono le prossime nomination??

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