Radiologo, 61 anni, parente dello storico boss di Prizzi Tommaso Cannella, Mercadante sarebbe stato medico di fiducia delle cosche e punto di riferimento dei boss nel mondo della politica. Indagato già in passato, la sua posizione venne archiviata per due volte. Poi, nel 2006, la svolta nell'inchiesta e l'arresto. A carico dell'ex deputato, alle accuse dei pentiti, si sono aggiunte le intercettazioni ambientali realizzate nel box del capomafia Nino Rotolo, luogo scelto dai clan per i loro summit. Nei colloqui, registrati per oltre un anno, il nome di Mercadante è emerso tante volte, collegato sempre ad affari illeciti.
Come sapete, da un certo periodo di tempo il nostro premier è sotto il fuoco serrato (per la verità poco in Italia e molto all'estero) delle domande sulla sua vita privata. Con tenacia gli viene chiesto ragione dei suoi comportamenti privati - che come sappiamo privati in realtà non sono, visto la carica che ricopre - e viene dato particolare risalto alle sue frequentazioni (e prestazioni).
Perché, viceversa, a fatti come quello che ha protagonista Mercadante non viene data altrettanta visibilità, ma vengono relegati di sfuggita nelle cronache locali? Il medico siciliano è stato in organico alla formazione politica del premier - Forza Italia - per anni, e nel contempo sarebbe stato pure in organico, stando a quanto scrivono i giudici, alla mafia, addirittura al boss Provenzano. Sarebbe stato altresì accertato - dicono sempre i giudici - che la sua attività di medico era frequentemente rivolta ad agevolare gli stessi mafiosi.
Per gli inquirenti, il medico-politico avrebbe anche fornito "il proprio ausilio e la disponibilità della struttura sanitaria della quale era socio (l'Angiotac, ndr) per prestazioni sanitarie in favore degli associati mafiosi, anche latitanti, e la redazione di documentazione sanitaria di favore, ricevendo, in cambio, l'appoggio elettorale di Cosa nostra in occasione delle regionali in cui era candidato".
Il caso Mercadante, va poi ricordato, non è l'unico in questo panorama. Ai più distratti ricordo infatti che è attualmente senatore nelle file del Pdl tale Marcello Dell'Utri, anche lui già condannato in primo grado a una decina d'anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.
Ora, è noto, e lo vado dicendo sempre anch'io, che generalizzare è sempre sbagliato. Ma questo non impedisce il nascere di alcune domande, che al pari di quelle che Repubblica e altri si ostinano a rivolgere al premier, forse meriterebbero altrettanta enfasi e visibilità. Eccone alcune di getto:
- Com'è possibile che Mercadante sia rimasto in carica in una posizione di prestigio nella regione Sicilia fino alla sentenza del processo?
- Possibile che Berlusconi non sapesse dei trascorsi di quest'uomo?
- Visto che i primi accertamente svolti circa la presunta collusione dello stesso con la mafia risalgono a metà degli anni 2000, possibile che nessuno all'interno del partito abbia sentito quanto meno la necessità di prendere qualche provvedimento, almeno per non dare l'impressione di immobilità davanti all'opinione pubblica?
- Quanti casi come Mercadante e Dell'Utri ci sono all'interno del partito?
- Che credibilità può avere un movimento politico che ha al suo interno elementi di questo tipo quando dice di voler combattere la mafia?
Nessun commento:
Posta un commento