Sembrava tutto a posto e tutto ormai archiviato, riguardo alla famosa notte in cui Ruby fu tradotta in questura, a Milano, dopo una denuncia per furto. Maroni disse una prima volta, pubblicamente, che il comportamento della polizia era stato ineccepibile. Poi, dopo di lui, intervenne il procuratore Bruti Liberati a corroborare la tesi di Maroni, dicendo che "tutte le procedure erano state rispettate".
Poi, ieri, l'intervento in Senato dello stesso ministro dell'Interno, ancora una volta finalizzato a rassicurare tutti che riguardo alla vicenda non c'era più nessuna zona d'ombra.
Tutto è bene quel che finisce bene, insomma. Non proprio, invece. Perché tra quelli che avevano qualcosa da dire in merito, mancava ancora qualcuno. E quel qualcuno si è fatto vivo oggi: il pm Annamaria Fiorillo, il magistrato che era di turno la notte in cui Ruby arrivò in questura. Se ricordate, la Fiorillo quando scoppiò il caso Ruby disse fin da subito di non aver mai autorizzato il suo affido a Nicole Minetti, mandata appositamente da Berlusconi in questura.
Oggi ha rincarato un po' la dose. "...le parole del ministro Maroni che sembrano in accordo con quelle del procuratore Bruti Liberati non corrispondono a quella che è la mia diretta e personale conoscenza del caso". E ancora: "Io non dico più niente, parlerò eventualmente dopo, quando il Csm sarà intervenuto". "Penso però che sia importante soprattutto il rispetto delle istituzioni e della legalità - ha aggiunto -, cosa a cui ho dedicato la mia vita e cosa in cui credo profondamente". "Proprio per questo rispetto della legalità e della giustizia - ha concluso -, quando le vedo calpestate parlo, perchè altrimenti non potrei più guardarmi allo specchio come un essere umano".
Naturalmente è ancora presto per dire come andrà a finire questa storia. Ma così, a occhio, ho come l'impressione che Maroni abbia fatto i conti senza l'oste.
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