"Volevano andare a Cortina?", "Dovevano offrirgli cappuccino e brioches?", "È finita la pacchia" ecc. Col governo del cambiamento effettivamente qualcosa è cambiato: è stato istituzionalizzato il cinismo di Stato e il disprezzo verso chi soffre o muore. Una sofferenza, oltretutto, inflitta da chi poi la irride. Perché se si tengono prigioniere a tempo indeterminato persone sulle navi, se si mostra la più gretta indifferenza verso le ormai quotidiane stragi nel Mediterraneo, se si buttano in strada uomini donne bambini da un giorno all'altro, senza alcun preavviso e soprattutto senza pianificare preventivamente soluzioni decenti, si infligge sofferenza, si provoca disagio, paura, insicurezza, per poi, paradossalmente, spacciare tutto questo come interventi atti a garantire maggiore sicurezza.
Questo governo ha istituzionalizzato il cinismo, il disprezzo dei più deboli, e ha elevato a motivo di orgoglio la prepotenza del più forte sul più debole. Mentre leggevo della deportazione degli ospiti del CARA di Castelnuovo mi veniva in mente la ricostruzione delle deportazioni, effettuate dai tedeschi nel ghetto di Roma nell'ottobre del '43, da parte di Alberto Angela in una sua trasmissione televisiva. Tante differenze, certo, ma anche tante analogie, e una delle differenze è che i camion su cui vennero all'epoca caricati gli ebrei sapevano benissimo dove andare, mentre agli autisti dei pullman su cui oggi vengono caricati i rifugiati prelevati dal centro non è neppure stato detto con precisione dove andare.
Tutto approssimativo, incerto, ciò che conta è mostrare i muscoli, che significa voti sonanti, la forza dell'autorità da elargire a dosi massicce alla vasta plebe di culturalmente e intellettualmente indifesi, cioè i più bisognosi di identificarsi nella figura dell'uomo forte che prevarica il debole, nell'eroe che ci libera dal nemico, un nemico costruito a tavolino in nome dell'atavico bisogno di sfogare su di esso le proprie miserie, come scriveva Umberto Eco (quanto ci manchi...) in un suo bellissimo libro.
L'unica pacchia che è finita, al momento, è quella di credere di vivere in un paese civile. Se mai ci si è creduto.
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