Condivisione e distribuzione su piattaforme alternative come nuovo modo di fare e proporre cultura. Questo, sostanzialmente, il senso dell'articolo pubblicato oggi da PI riguardo la distribuzione della musica sotto licenza CC.
Creative Commons è una organizzazione no-profit che permette ai detentori dei diritti di copyright di trasmettere alcuni di questi diritti al pubblico e di conservarne altri, mutando la stantìa e obsoleta formula All Right Reserved in Some Right Reserved.
PI intervista tre musicisti indipendenti che hanno scelto di distribuire la loro musica tramite piattaforme alternative libere. Tutti e tre gli intervistati hanno ammesso di essere rimasti stupiti dalla velocità con cui le loro opere hanno cominciato a diffondersi tramite il passa parola in rete, cosa questa che ha favorito contatti, incontri e proposte anche da parte di grosse compagnie di distribuzione che si sono offerte di mettere in commercio le opere.
Questa testimonianza è una prova evidente di quello che, lentamente ma inesorabilmente, sta avvenendo in rete nell'ambito della diffusione della cultura. Una cultura che sta cambiando sembianza e struttura, che viaggia sempre meno sotto forma di documento cartaceo, libro, cd per trasformarsi in sequenze di bit pronte a passare da un pc a un altro, da un utente a un altro, da un capo all'altro del mondo.
I successi di realtà come Jamendo sono lì a dirci che il cd da 18 euro nei negozi è morto, buono ormai solo per essere appeso allo specchietto per tentare (inutilmente) di neutralizzare l'autovelox. Le sedi delle major discografiche, che decretano a tavolino quale sarà il tormentone dell'estate, si trasformeranno in circoli ricreativi in cui gli anziani si ritroveranno per andare a giocare a bocce. Il criterio con cui la musica e la cultura in genere si diffonderanno sarà la meritocrazia e non più la sponsorizzazione, come è avvenuto finora.
Tra qualche anno rideremo del decreto Urbani, della Siae, del DRM, delle major discografiche e cinematografiche e di tutta l'armata Brancaleone che rappresenta tutt'ora il maggiore ostacolo alla diffusione della cultura.
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> Tra qualche anno rideremo del decreto Urbani, della Siae, del DRM, delle major discografiche e cinematografiche e di tutta l'armata Brancaleone che rappresenta tutt'ora il maggiore ostacolo alla diffusione della cultura.
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