Dice Linus che la chiusura del Cocoricò, ultima di una serie di chiusure delle maggiori discoteche tra Rimini e Riccione, è una sconfitta per il mondo della notte. Boh, sarà.
Vado a memoria, ma credo di aver messo piede in una discoteca tre o quattro volte in tutta la mia vita, non di più, e quelle poche volte annoiandomi a morte. E dire che, essendo nato e vissuto a Rimini per anni, dovrei avere avuto nel sangue la passione per il divertimento notturno. Ma manco per niente, io la notte ho sempre preferito dormire. L'unica parentesi notturna che ricordo con piacere e nostalgia riguarda gli anni in cui ho suonato il basso elettrico nei Ravens, gruppo col quale spesso e volentieri suonavo in qualche locale notturno. Ma era tutta un'altra cosa rispetto alle discoteche. Lì si suonava, la musica la facevamo noi, e alla fine di ogni serata ci fermavamo fino alle due a chiacchierare tra noi e anche con quelli che, bontà loro, ci venivano ad ascoltare. Niente a che vedere con quell'alienazione dell'io e dell'anima tra "musica" e luci allucinanti.
La prima volta che provai a mettere piede in una discoteca credo non avessi ancora diciotto anni e fu al Cellophane di Miramare, che oggi non so neppure se esista ancora né, in caso, come si chiami. Arrivai attorno alle undici e trenta, mezzanotte. Il tipo che mi fece il biglietto all'ingresso mi guardò come se fossi un animale strano e io lì per lì non capii perché. Entrai e notai che non c'era quasi nessuno, e capii perché il tipo mi avesse guardato in quel modo. Rimasi lì fin quasi all'una e poi me ne andai, incrociando il grosso della gente che entrava. In quel momento capii che le discoteche, e Linus, erano un mondo che non mi apparteneva.
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