sabato 14 agosto 2010

Dimissioni no, ma un chiarimento a questo punto...

Questo articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

La vicenda di Fini e della casa a Montecarlo mi pare che sia arrivata a un punto di non ritorno. Nel senso che ormai non ci sono alternative: qualcuno tra i due, Fini o il Giornale, racconta balle. Cinque giorni fa, nel pieno dello "scandalo" (se si può chiamare così), tra le altre cose Fini aveva dichiarato: "Qualche tempo dopo la vendita ho appreso da Elisabetta Tulliani che il fratello Giancarlo aveva in locazione l'appartamento. La mia sorpresa ed il mio disappunto possono essere facilmente intuite".

Quindi, se le cose stanno così, Fini è venuto a conoscenza del fatto che il cognato fosse in possesso dell'abitazione solo dopo la vendita. E qui entra in scena il Giornale di Feltri, il quale invece ha riportato ieri la testimonianza - anonima - di due ex dipendenti del mobilificio romano dove la compagna avrebbe acquistato gli arredi - Fini ha querelato il Giornale. I due ex dipendenti, sempre sotto anonimato, hanno dichiarato di aver visto Fini e la compagna almeno un paio di volte nel mobilificio. "Sono pronto a confermare con chiunque tutto quello che so, e che so perché ho visto", ha addirittura dichiarato uno dei due.

Quindi, da una parte abbiamo le parole di Fini, dall'altra la testimonianza dei due ex dipendenti del mobilificio. Siccome molti hanno fatto notare che le testimonianze anonime vanno prese per quello che sono, Feltri ha dichiarato che questa mattina produrrà i documenti: fatture, contratti e nomi dei suddetti testimoni. Staremo a vedere.

Naturalmente, poi, Feltri torna alla carica, dicendo che dopo che avrà pubblicato i documenti Fini dovrà per forza dare le dimissioni, perché chi mente all'opinione pubblica non può ricoprire una tale carica (no, non ridete). E' vero, in linea di principio dovrebbe essere così. Ma allora quanti sono i parlamentari che dovrebbero dimettersi per aver raccontato balle? E poi come si possono pretendere le dimissioni per una vicenda dubbia di case quando in Parlamento ci sono condannati per mafia? Ma c'è anche un altro punto da non sottovalutare: l'esperienza Boffo.

Se vi ricordate - ne parlai all'epoca qui - tutta la campagna fatta dal Giornale per portare il direttore dell'Avvenire a dimettersi era basata sulla famosa "informativa", quella che alla fine si scoprì essere una bufala, con tanto di scuse finali di Feltri - naturalmente dopo le dimissioni. Ecco, chi garantisce che anche i famosi documenti incontrovertibili che Feltri dovrebbe produrre oggi non saranno delle bufale? D'altra parte, che "per lui ci vuole il trattamento Boffo" era già stato auspicato da qualcuno. E se così alla fine dovesse essere, Feltri cosa farà? Chiederà scusa anche a Fini (naturalmente dopo le dimissioni)?


Aggiornamento 10,21.


Il Giornale, come promesso da Feltri, ha pubblicato stamattina la fattura che proverebbe l'acquisto dei mobili per la casa monegasca da parte della Tulliani e di Fini (clicca per ingrandire). Aveva ragione il Giornale, quindi? Apparentemente sì, ma c'è qualcosa che non quadra. Fini, quando ha saputo che Feltri avrebbe pubblicato le fatture, ha subito dichiarato che quei mobili non erano destinati alla casa di Montecarlo, ma alla loro casa romana ("I mobili finiti sotto tiro acquistati per la nostra residenza di Roma, abbiamo tutte le fatture").

E' qui che tutto il lavoro del Giornale comincia a fare acqua. La fattura portata come prova, infatti, certifica solamente l'acquisto dei mobili, non la loro destinazione. In pratica manca la parte fondamentale: la prova che questi mobili siano effettivamente andati a Montecarlo piuttosto che, come dichiara fini, a Roma. Gli "investigatori" del Giornale, qui, hanno solo la parola di un ex dipendente del mobilificio, tale Davide Russo, il quale offre tra l'altro una testimonianza basata sui "sentito dire".

Vi riporto uno stralcio della sua intervista rilasciata ai cronisti del Giornale (i neretti sono miei):

Ha visto Fini e la Tulliani lavorare a preventivi e progetti con i suoi colleghi?
«Sì, non sono il solo. Chiunque ha lavorato per il negozio in quei mesi ha visto la Tulliani farci visita parecchie volte. È una cliente “storica” del centro arredi, non trovai strano che si fosse rivolta a noi per arredare un altro immobile».
[...]
Il progetto era per la casa di Montecarlo, quella di cui da settimane si parla?
«La certezza non posso averla. Quello che so, e che si diceva tra colleghi all’interno dell’azienda, è che preventivi, ordini, progetti d’arredo erano per un appartamento non italiano. Si parlava apertamente di una “casa a Montecarlo”, quando ci si riferiva ai preventivi della Tulliani. E dopo il passaggio alla fase progettuale, con gli arredatori per cucina e altri ambienti, quella localizzazione fu confermata dall’esigenza di cercare uno spedizioniere di fiducia».
[...]
Il negozio offre trasporto e montaggio. Perché uno spedizioniere esterno?
«Non c’era solo da organizzare la logistica per il trasporto degli arredi comprati in negozio, che l’azienda avrebbe potuto curare in proprio. Era stata fatta presente alla direzione dell’azienda l’esigenza di spedire, con i mobili, anche altri materiali, a me personalmente fu detto per esempio che c’erano pallets di maioliche. Vista la destinazione e la natura del carico, si cercò un vettore esterno all’azienda, meglio attrezzato per quel tipo di trasporto. Il compito di cercare lo spedizioniere fu assegnato a diversi impiegati, e tra questi anche a me. Mi misi alla ricerca di un mezzo per il trasporto, ma ammetto che non riuscii a trovarlo».

Come mai?
«Il lavoro andava fatto sotto festività, non ricordo se quelle di Natale o dell’ultima Pasqua. Di certo i trasportatori erano pieni di impegni. Non so se poi qualcun altro abbia individuato lo spedizioniere, o se se ne siano occupati direttamente loro, i clienti».

Spedizione per dove?
«Di certo per l’estero. Non ho difficoltà a dire che, basandomi su quanto ci dicevamo nel negozio, nessuno dubitava che la meta fosse Montecarlo. Ma l’input per la ricerca era: spedizione oltreconfine».

Insomma, cosa manca per tagliare la testa al toro? La fattura dello spedizioniere che certifichi il trasporto da Roma a Montecarlo dei mobili. Diversamente c'è solo la testimonianza del dipendente. Certo, attendibilie quanto si vuole, ma mai come un documento - quanto reggerebbe in un tribunale? Se Feltri avesse voluto fare un lavoro completo e inconfutabile, avrebbe dovuto allegare alla fattura di acquisto dei mobili quella ben più importante rilasciata dall'azienda di autrasporti che ha effettuato la consegna a Montecarlo. Perché non l'ha fatto? In fondo non dovrebbe essere difficile.

Se è entrato in possesso della fattura di acquisto rilasciata dal mobilificio, con la stessa facilità avrebbe potuto entrare in possesso di quella rilasciata dallo spedizioniere, visto che l'eventuale viaggio è stato fatto (se è stato fatto) su commissione dello stesso mobilificio. E invece questa non c'è. In compenso c'è una nota rilasciata dall'amministrazione del mobilificio che asserisce che nessun trasporto per conto dei Tulliani è stato fatto a Montecarlo.

Cominciate anche voi a sentire odore di un nuovo caso Boffo?


Aggiornamento 16/08/2010.

In questo momento, sono le 17,39, sul sito internet del Giornale la questione della cucina è sparita dall'home page. Riguardo a Fini c'è solo un articolo in cui Bossi, poveretto, gli rinfaccia di volere soldi da sprecare al sud - scusate, non approfondisco, ho di meglio da fare che seguire i deliri del senatùr. E la cucina? Boh, non si sa.

Ci sono però un paio di elementi nuovi, come mi segnala Sbronzo di Riace nei commenti al post: Davide Russo, il testimone ex dipendente del mobilificio, non sarebbe un dipendente ma un consulente. Il Giornale, però, ieri mattina è tornato alla carica con un secondo testimone, tale Luciano Care', un imprenditore residente a Montecarlo che avrebbe visto più volte la Tulliani e Fini da quelle parti.

Tutto è fumoso, tutto è confuso e comunque la prova del nove, che sarebbe la famosa fattura dello spedizioniere che certifica il trasporto dei mobili da Roma a Montecarlo, non c'è. Si fa sempre più insistente e pregnante, quindi, l'odore di bufala conclamata. E a testimoniarlo, seppur indirettamente, c'è l'editoriale di ieri di Maurizio Belpietro, direttore di Libero, il quale scriveva: "Non vorrei che i professionisti della polpetta avvelenata stessero provando a rifilare bidoni ai giornali impegnati in un’operazione trasparenza". Insomma, anche dalle parti dei berluscones questa storia sembra che cominci a puzzare.

Vi lascio agli articoli di Wil ("Feltri si è fregato da solo") e di Red Stripe ("Le fonti del Giornale: Davide Russo e Luciano Care"). Mi sembrano molto istruttivi.

6 commenti:

  1. allora un dipendente si licenzia per poter dare una intervista al giornale ed in nome della verità sulla cucina Scavolini (la più amata dagli italiani) in piena recessione rinuncia ad un lavoro e lo fa parole del medesimo dipendente "anche per tutelare un’attività commerciale a cui sono legato, affezionato"

    deve essere un altro eroe che si sacrifica per Silvio, uno stava zitto pur di non accusare e questo invece si licenzia per poter parlare liberamente

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  2. Già, anche questo è uno dei punti poco chiari che emergono. Non so se si tratti di un martire per Silvio, ma che uno si licenzi per poter fare simili dichiarazioni è alquanto strano.

    Io penso che tra un po' verremo a capo anche di questo.

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  3. allora sembra che Davide Russo non sia un dipendente ma un consulente, pare anche che a novembre Fini non si trovasse a Montecarlo insieme ad Elisabetta dato che 20 giorni prima gli era nata la figlia come cronaca gossippara conferma, poi pare (non c'è certezza su questo) anche che Luciano Care potrebbe essere Luciano Care' un imprenditore residente a Montecarlo rimasto coinvolto in un traffico di sigarette di contrabbando

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  4. Grazie delle dritte. Arrivo a casa dal lavoro in questo momento; appena ho un attimo vedo di aggiornare il tutto. ;)

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  5. voglio fare anche una precisazione sulla fattura, la fattura mi sembra una verifica d'ordine inviata dalla Scavolini al mobilificio Castellucci

    che poi funga o possa fungere anche da fattura, non lo so, è materia di ragionieri, comunque è un documento che riguarda le due ditte Scavolini e mobilificio Castellucci e non il compratore finale

    la merce viene consegnata Franco Destino, immagino il magazzino del mobilificio

    non vi è nessuna certezza che il riferimento d'ordine Tulliani 04 sia riferito ad Elisabetta Tulliani, ad un parente di lei o a uno dei tanti Tulliani che abitano a Roma e dintorni

    comunque anche se fosse lo stesso modello di cucina comprata da Fini e dalla Tulliani quel documento non può considerarsi una vera pistola fumante

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  6. Già, penso anch'io. Mi sa che a questo punto, forse, al Giornale gli conviene puntare di più sulla questione Rai. Vedremo.

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