Che Fini, ultimamente, navigasse su rotte non dico diametralmente opposte, ma comunque piuttosto lontane da quelle della "maggioranza" (vedi immigrazione, bioetica, laicità, ecc...) non è un mistero. Così come non è un mistero il numero dei mal di pancia che queste sue posizioni hanno provocato tra gli (ex?) alleati.
Manovrine in vista di un cambio della guardia?
Ultimamente però Fini ha azzeccato due mosse che hanno il pregio di piacere anche agli elettori di destra: ha scaricato Berlusconi sulle stragi di mafia, difendendo i pm che tornano a indagare sui mandanti occulti, perché “non abbiamo nulla da nascondere” (infatti il Cavaliere ha subito messo mano alla fondina); e ha rinunciato al lodo Alfano nel processo per diffamazione ai danni del pm Woodcock, lasciando solo il premier col suo scudo spaziale e incassando il ritiro della querela dal magistrato in ossequio al suo “gesto istituzionale”. Due mosse che riscoprono la vocazione legalitaria della destra italiana: l’eredità di Paolo Borsellino e la battaglia per Mani Pulite e contro l’immunità. Berlusconi, schiumante di rabbia, ha sibilato: “Comodo, ha solo un processo per diffamazione”. Già: lui invece è imputato di corruzione (Mills), falso in bilancio, appropriazione indebita e frode fiscale (Mediaset e Mediatrade), salvo complicazioni. In due mosse Fini ha dato scacco al re, costringendolo a esplicitare due ottimi vantaggi di un cambio della guardia: lui, diversamente dal premier, non è imputato di nulla e non ha niente da temere dall’antimafia. Due peccati mortali, agli occhi del premier. Agli occhi degli elettori, si vedrà.
(via voglioscendere.it)
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