Una cosa è certa: quando i nostri politici parlano di internet e tecnologia il divertimento è assicurato. L'ultimo esempio ce l'ha offerto giusto oggi l'attuale ministro dell'Interno Roberto Maroni (foto), il quale, ad appena un paio di giorni dalla strepitosa uscita del suo principale di regolare internet, se n'è uscito con una trovata se è possibile un tantino ancora più divertente: l'associazione univoca e permanente di un indirizzo ip ad ogni utente della rete.
L'asso di briscola, verrebbe da dire, al punto che ci si chiede perché nessuno ci abbia ancora pensato: che sia perché si tratta di un'emerita cretinata? Mah... Vediamo un po'.
Per cominciare si potrebbero ricordare a Maroni alcune cose che chi ha un po' di dimestichezza di internet e delle sue meccaniche più o meno conosce, anche senza essere un sysadmin professionista. La prima potrebbe essere quella che ogni utente ha già associato un indirizzo ip univoco quando si connette alla rete, un indirizzo tramite il quale è possibile risalire - previa richiesta effettuata al provider - alle generalità dell'associato. Quando la Polizia arresta i pedofili che bazzicano in rete usa proprio questo sistema, e riesce a farlo quasi sempre anche se l'indirizzo ip ha un'assegnazione temporanea. Strano, vero? (ma Maroni non è ministro dell'Interno?)
Altra cosa che evidentemente Maroni non sa è che già adesso gli attuali indirizzi ip disponibili, basati sull'ormai datato protocollo Ipv4, cominciano a scarseggiare, tanto che qualcuno ne prevede la fine entro il 2010. Come pensa di regolarsi in questo senso Maroni? Proporrà un decreto legge che obblighi il passaggio forzato al nuovo protocollo Ipv6 ancora in fase embrionale? Si potrebbe continuare facendo presente al ministro che molti indirizzi ip sono associati a dispositivi automatici tipo i server web, gestiti da amministratori che in genere hanno la responsabilità di più dispositivi e che al limite possono essere accusati al massimo di poca diligenza nell'ipotesi che uno di questi dispositivi venga utilizzato arbitrariamente da terzi per scopi illeciti. Terzi ai quali sarebbe comunque impossibile risalire.
Si potrebbe continuare con la navigazione anonima tramite le cosiddette darknet o tramite i software di anonimizzazione tipo Tor e simili, che consentono una navigazione totalmente non tracciabile (con buona pace di Maroni), ma mi fermo qui, altri esempi potete cercarveli da soli.
Tutto questo a conferma (l'ennesima) che chi sta nelle stanze dei bottoni, quando parla di internet e tecnologia non sa assolutamente di cosa sta parlando. Ma d'altra parte da uno che ha avuto la geniale idea di prendere le impronte digitali ai bimbi rom non è che ci si possa spettare granché.
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A me Maroni mi sta sui Maroni
RispondiEliminaCiao Maurizio
San Leo
A suo modo penso che abbia battuto un piccolo record. Dovrebbe infatti essere il primo ministro dell'Interno della storia italiana con una condanna per... resistenza a pubblico ufficiale.
RispondiElimina:-)
La cosa sconvolgente è che persino io, che non amo l'informatica e non mi ci applico, sapevo le cose ignorate da Maroni.
RispondiEliminaC'è da dire però che l'uscita di Maroni, anche se assurda sotto il profilo dei contenuti, testimonia comunque una volontà di tenere rigidamente sotto controllo la rete. In sintesi, non sanno più come fare per mettere sotto controllo qualcosa che gli sfugge.
> In sintesi, non sanno più come fare per mettere sotto controllo qualcosa che gli sfugge.
RispondiEliminaSì, sono anch'io convinto che abbiano questa preoccupazione. Lo provano i continui tentativi (anche dei governi precedenti, basta ricordare la Prodi-Levi) messi in campo in tal senso.
C'è poco da fare, non riescono a concepire che esista uno spazio, un ambiente che non possono controllare. E questo li disturba, e molto. Fateci caso: Berlusconi, ad esempio, se la prende in continuazione con certi giornali rei, secondo lui, di continuare a fare previsioni catastrofiche mentre lui continua a predicare ottimismo.
Se la gente ha smesso di comprare non penso che la colpa sia (solo) dei giornali, quanto del fatto che mancano i soldi.
Non dimentichiamo poi la causa intentata da mediaset contro Youtube, che è il servizio che permette di sbugiardare in meno di un'ora le balle che raccontano.
Anche la recente vicenda dell'aumento dell'iva a Sky dà da pensare. Ufficialmente si tratta dell'abolizione di un privilegio, ma se provate ogni tanto a dare un'occhiata al suo telegiornale, vi accorgerete che si tratta forse dell'unico tiggì che non dipende né dai partiti né da altro; tanto è vero che ha trasmesso spesso, ad esempio, spezzoni degli spettacoli di Grillo, o comunque altre cose censuratissime sulle normali tv.
Sarà un caso?