Leggo, sui puntuali resoconti giornalieri della cronaca vaticana, che ieri mattina il buon Ratzinger ha reso omaggio, durante l'Angelus, a Galileo (immagine qui a fianco) e agli altri scienziati che nel corso del tempo hanno contribuito coi loro studi a far meglio comprendere a tutti le leggi della natura.
Bello. Peccato che lo stesso pontefice abbia accuratamente evitato di menzionare il trattamento che nell'epoca che fu la chiesa riservò allo scienziato stesso e a tutti quelli che avevano l'ardire di proporre studi e teorie che mettessero in discussione la veridicità delle sacre scritture, queste sì a tutti gli effetti nient'altro che un'accozzaglia malriuscita di detti e leggende più volte rimaneggiate nel corso dei secoli ad uso e consumo delle varie situazioni e periodi storici.
Dal 1992 - è noto - la chiesa ha, pur con un certo ritardo, ufficialmente riabilitato il grande scienziato con la cancellazione della famosa abiura, ossia la condanna al silenzio inflittagli sotto la minaccia della tortura dal Santo Uffizio (cosa avesse di santo non è ben chiaro) nel 1633, ma questo a mio giudizio non ripara se non in minima parte il torto e l'ingiustizia perpetrati all'epoca da una chiesa crudele e sanguinaria che perseguitava le donne, la natura, il sesso, proibiva con la morte la lettura dei libri e che non vedeva certo di buon occhio chi andava propugnando l'assurda teoria che fosse la Terra a girare attorno al Sole e non viceversa.
Insomma, quello di Ratzinger sarà stato anche un omaggio. Quello di cui non sono completamente sicuro è se Galileo stesso l'avrebbe gradito.
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