Ieri sera i tg delle ore 20 delle reti ammiraglie Rai e Fininvest hanno entrambi aperto le rispettive edizioni con ampi servizi sulle ultime esternazioni di Ratzinger e company. E' stato un pò il culmine, o, se volete, la degna conclusione di una settimana in cui giornali e tv hanno fatto da corridoio privilegiato alle varie prese di posizione dell'entourage papale in merito a varie questioni sociali in questo periodo sul tappeto.
Ovviamente non c'è niente di male in tutto questo (al limite c'è sempre il telecomando): abbiamo infatti la fortuna di non abitare in realtà tipo la Cina, dove la Chiesa (e più in generale la libertà di espressione) viene perseguitata senza andare tanto per il sottile, ma in un paese libero e democratico dove non si nega a nessuno la possibilità e l'opportunità di dire la sua.
Opportunità che i zelanti rappresentanti delle alte sfere ecclesiali si guardano comunque bene dal lasciarsi sfuggire. E infatti ogni santo giorno ci dobbiamo sorbire i pistolotti, le esternazioni, le direttive, le critiche, gli anatemi e i moniti di prelati, cardinali e monsignori vari in merito a eutanasia, famiglia, matrimonio e chi più ne ha più ne metta. Per chiudere col diretto discendente di San Pietro che ieri si è accorto della presenza nel nostro paese di un elevatissimo tasso di lavoro precario (ma dov'è stato finora?) che "non permette ai giovani di potersi costruire una famiglia", con tutto ciò che ne consegue.
Ora, va giustamente sottolineato, è naturale che il Papa rivolga i suoi appelli principalmente ai credenti e a chi, a vario titolo, si impegna a seguire le direttive ecclesiali (come giustamente sottolineato dai vari quotidiani che hanno riportato le sue esternazioni), ma a mio avviso la cosa è andata ben al di là di un certo limite, che è quello di chi, laico, rivendica il diritto di non trovarsi tutti i giorni (e quando dico tutti intendo tutti) in prima pagina o in apertura dei tg le ultime news dal Vaticano.
Badate bene, non si tratta di censura. Nessuno vuole censurare nessuno, tanto meno la Chiesa (anche perché difficilmente si può censurare chi controlla quotidiani, settimanali, mensili, stazioni radio, ecc...), ma solo riuscire a capire qual'è il limite entro il quale i pensieri e le esternazioni papali appartengono al normale diritto di cronaca e quando, invece, questo limite viene superato. Lo so, qualcuno potrebbe dirmi di cambiare quotidiano o telegiornale, ma non servirebbe a niente perché non scampa nessuno a questo "obbligo", neppure l'Unità o il Manifesto o il tg3 (controllare per credere). L'asservimento è totale.
Io non concordo con la linea della Chiesa su molti aspetti, tra cui - solo per citarne due - eutanasia e famiglia, e non voglio ritrovarmi tutti i giorni in prima pagina gli anatemi del Papa o di Bagnasco, intenti a ripetermi che "la vita e il matrimonio sono valori non negoziabili". Ma che ne sanno loro di matrimonio? Che ne sanno di figli? Che ne sanno di cosa vuol dire mandare avanti una famiglia, cercare di mettere d'accordo tutti, "combattere" ogni giorno coi figli che crescono e con la fatica di saper prendere certe decisioni? Oppure come fanno a definire "vita" lo stare 15 anni in un letto in coma o 30 attaccato a un respiratore muovendo solo le palpebre? Naturalmente questi sono temi che richiederebbero un ben diverso tipo di approccio e non certo le poche righe di un post; ho fatto solo per riportare degli esempi (approfondirò meglio e con più calma più avanti).
La cosa che irrita di più, oltretutto, è il fatto che queste direttive non si limitano a essere indirizzate ai credenti, ma vengono espressamente rivolte anche a chi, laico, è impegnato in politica. "Nel diretto impegno politico i laici sono chiamati a spendersi in prima persona attraverso l'esercizio delle competenze e contestualmente in ascolto del Magistero della Chiesa", ha detto ieri Bagnasco rivolgendosi ai politici nell'ambito dell'apertura della Settimana Sociale dei cattolici. Ora, un conto è che i "consigli" dei vescovi siano indirizzati ai politici di ispirazione cattolica, ma altro conto è che vengano indirizzati indistintamente a tutti, compresi quelli che non sanno cosa farsene di tali inviti (ricordate quando nel 2005 Fassino in occasione della discussione sui pacs invitò senza tanti giri di parole Ruini a farsi gli affari propri?).
Bene, oggi la situazione è questa. Ratzinger e company hanno carta bianca, gentilmente concessa da tutti i mezzi di informazione, per poter pontificare a piacimento su tutto lo scibile umano - compresa la politica - senza che nessuno (politici, giornalisti, direttori di giornali) si senta in dovere non dico di censurare - la censura è sempre sbagliata -, ma quantomeno di mettere dei paletti all'invadenza vaticana nella vita della società. Di dire senza mezzi termini: "Scusate, volete farvi un pò gli affari vostri che al limite sappiamo sbagliare da soli?".
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Su questo argomento ho scritto di recente uno dei miei rarissimi post sul mio blog. Ho messo l'accento su un aspetto (numerico) di tutta questa vicenda che pochi notano: ovverossia che la gravità di questi continui interventi stia nel fatto che il clero abbia rinunciato a parlare ai propri fedeli. Tenta cioè, tramite le leggi, di cambiare quel costume che i numeri stessi dicono appartenere prima di tutto ai cattolici: a quelli che pagano loro l'8 per mille, a quelli che si sposano in chiesa a fanno le donazioni. A farla breve, ai tantissimi cattolici che decidono di divorziare dopo essersi sposati in chiesa (più dell'80% di tutti i divorzi ogni anno in Italia).
RispondiEliminaIl clero cerca di far ricorso alla legge italiana per tentare di colmare questa voragine tutta interna al mondo cattolico. E non si capisce come mai, per ovviare al fatto che tanti cattolici divorzino, ne debbano fare le spese tutti, anche quelli che all'indissolubilità non credono.
Caro Schrodcat, concordo in toto con la tua analisi. Guarda, io sono sposato in Chiesa ormai da un certo numero di anni, e quindi potrebbe anche sembrare strano che abbia scritto un post come questo.
RispondiEliminaEppure, ripeto, non se ne può più.
Certo Andrea, sono proprio i cattolici veri, o meglio, i cristiani veri che più di tutti non ne possono più. Perché se sono cristiani veri, o comunque persone con forti principi su certi temi, se ne fregano che esista una legge che faccia divorziare. Perché sanno benissimo a cosa sono chiamati, alle difficoltà da superare, e quale sia lo spirito giusto per superarle. La loro motivazione parte da se stessi, non hanno bisogno di leggi e divieti. Non è nemmeno raro sppulciare statistiche in cui le coppie fedeli e più durature sono quelle più laiche, a volte persino i conviventi durano più di tanti sposati. Poi guardiamo persino ai politici: a sinistra, tra gli ex Pci, è strapieno di laici e persino atei che sono sposati da una vita e sono stati tutti fedeli. Vai a destra, dai finti paladini della cattolicità, e sono quasi tutti divorziati (e mi fermo qui senza addentrarmi nel caso estremo di Mele).
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