Ieri, mentre i giornalisti scioperavano, contribuendo così ad allargare ancora di più il famoso bavaglio di cui si lamentano, sono accadute due o tre cosette piuttosto interessanti. C'è stata ad esempio la rottura definitiva (almeno per ora) tra governo e regioni sulla questione dei tagli, tanto che i governatori sembrano stavolta intenzionati a fare sul serio quando dicono che restituiranno le deleghe.
C'è stata poi l'incriminazione di Denis Verdini, pezzo grosso del Pdl e grande amico di Silvio, per "associazione segreta", un reato di cui non si sente spesso parlare, in combutta coll'attempato faccendiere Flavio Carboni. Poi c'è stato l'annuncio di Fiat col quale Marchionne e soci hanno deciso di produrre la Panda a Pomigliano. Su questi argomenti magari ci tornerò.
Merita invece una nota a parte l'annuncio - l'ennesimo - da parte di Alfano circa nuove presunte aperture al ddl intercettazioni. Quello che dovrebbe essere il ministro della Giustizia è infatti salito al colle per preannunciare le gustose novità al capo dello Stato. Si parla di "proroghe dei termini alle intercettazioni allungate; intercettazioni ambientali allargate (quanto anche ai luoghi in cui si potranno effettuare); sanzioni pecuniarie abbassate per gli editori che violassero il divieto di pubblicazione".
Insomma, sembra che non si tratterà più di un bavaglio, ma, come scriveva stamattina il Fatto, di un "bavaglino". Naturalmente si tratta della solita presa per i fondelli, non tanto riguardo a questi presunti "miglioramenti", semmai ci saranno, quanto a questa continua melina sul togli questo, modifica quello, aggiungi quell'altro, quando in realtà l'unica modifica seria da fare sarebbe la cancellazione del testo tout court. Messa così, infatti, è come se - sempre richiamando un esempio usato più volte da Travaglio - da una motagna di sterco si togliesse qualche cucchiaino qua e là per renderlo più appetibile.
Sempre sterco rimane.
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