Nella triste e penosa vicenda della clinica milanese Santa Rita, c'è un aspetto a cui mi pare non sia stato dato molto risalto, almeno in generale: e cioè che forse gli elementi per muoversi prima, cosa che magari avrebbe potuto "limitare i danni", c'erano già. O almeno così si evince da alcuni documenti in rete.
L'Espresso, ad esempio, pubblicò un anno fa un'inchiesta chiamata "I pirati della sanità", attraverso cui, tramite approfondite indagini, si tentava di gettare un po' di luce attorno a tutto ciò che ruotava nell'ambito della sanità privata milanese. E la clinica Santa Rita era menzionata all'interno di questa inchiesta. Vi riporto qui di seguito un paio di passi:
San Raffaele, San Carlo, San Donato, Sant'Ambrogio, San Giuseppe, Santa Rita e San Pio X: la crème della sanità privata lombarda è nel mirino dell'autorità giudiziaria. E pezzi da novanta come Giuseppe Rotelli, Mario Cal, Francesco Paolo Pipitone, la famiglia Ciardo sono indagati da Guardia di finanza, Nas e Squadra mobile. Sospettati, loro che hanno trasformato la salute in Lombardia in un business da un miliardo e 200 milioni di euro l'anno, di avere corretto, se non corrotto, parte del sistema. [...] Gli stessi reati [irregolarità nei ricoveri, ndr] vengono contestati anche a imprenditori meno noti, come il notaio siciliano Francesco Paolo Pipitone, titolare della Casa di cura Santa Rita, uno dei poli più dinamici della sanità privata nel capoluogo lombardo. (fonte)
A questo si aggiunge un'interessante testimonianza di Oliviero Beha, il quale nel gennaio 2004 si occupò proprio del polo sanitario Santa Rita nella sua trasmissione radiofonica Radio a Colori (trasmissione che verrà chiusa da lì a poco). Ecco uno stralcio di quanto scrive sul suo blog in proposito, in particolare riguardo ad alcuni aspetti tecnico-costruttivi della struttura che all'epoca era in fase di allargamento:
Qualche esempio negativo del progetto della nuova struttura ospedaliera. In generale le porte di accesso alle camere di degenza, agli ambulatori, alle sale visita, alla palestra, ecc. devono permettere la comoda introduzione dei letti di degenza e devono quindi avere luce di passaggio di cm 120, se costituite da due ante una dovrà avere luce netta di 90 centimetri per consentire il transito ad anta piccola chiusa anche alle carrozzine. Le porte previste dal progetto sono da 100 centimetri. Le porte dei servizi igienici devono avere luce netta minima di cm 80 preferibilmente scorrevoli o a battente con apertura verso l’esterno. Ad eccezione di pochissime tutte aprono verso l’interno. Molte camere non hanno il servizio igienico, altre hanno l’accesso al servizio dal corridoio esterno, nessuna camera prevede servizi accessibili mentre per legge devono essere tutte accessibili. In molti casi le aperture delle porte si sovrappongono. Alcune camere sono addirittura microscopiche.
La camera n. 4.03 ha un’area utile di 6 mq, nelle camere 4.04 per avvicinarsi alla doccia si devono scavalcare bidet e WC, la 4.17 condivide un servizio igienico con l’atrio. In alcuni casi la Gerini ha provato ad inserire nelle planimetrie della stanze la dotazione indispensabile di arredi, per arrivare a scoprire che non esiste lo spazio minimo di manovra dei pazienti in carrozzina e del personale infermieristico. “Tutto ciò non è nemmeno compatibile con le norme per l’accreditamento delle strutture sanitarie, le camere sono di dimensioni inferiori a quelle previste da tali norme.
Ovviamente questo è solo uno stralcio, e quindi vi consiglio la lettura dell'articolo completo. Articolo che lo stesso Beha chiude con queste parole (il neretto è mio):
Dalla storia dettagliata ad allora dell’attuale “clinica degli orrori”, dei suoi problemi, urbanistici, di traffico e di organizzazione sanitaria interna, dei suoi rapporti con gli Enti locali e con la politica che stanno emergendo dalle intercettazioni, si evince quella jungla che ha portato oggi allo scandalo. Se si voleva intervenire per tempo, si poteva. Si è intervenuto sì, ma al contrario, in direzione di una fabbrica di denaro. Parola di “Radio a colori”, 20 gennaio 2004, chiusa dalla Rai nel giugno successivo.
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Nel leggere queste cose ci si arrabbia, perché si comprende quanto marcio ci sia in giro. L'articolo di Beha risale al 2004, per cui vengono i brividi pensando a quante persone sono state "curate" in quella clinica da allora, cioè da quando qualcuno si era già accorto che qualcosa non funzionava.
RispondiEliminaChe vergogna!