Nella postfazione del romanzo King racconta di aver chiesto un parere a sua moglie dopo la prima stesura. Risposta di lei: "Puoi fare di meglio." Lui, ovviamente, ci rimane male ma ammette che sua moglie ha ragione.
Ci rimette mano e lo dà alle stampe dopo tre successive revisioni, pur non essendone ancora completamente soddisfatto. Ma a un certo punto, scrive sempre King, "i libri bisogna lasciarli andare."
Il mio giudizio su questo romanzo è come quello di sua moglie. Non è un brutto romanzo, intendiamoci; è avvincente, il meccanismo narrativo è coinvolgente, è un thriller psicologico con tutti i crismi, col colpo di scena finale, racchiuso nelle ultime 30 righe, che è talmente kinghiano che più kinghiano non si può.
È anche un romanzo che stimola parecchie riflessioni su questioni di estrema attualità come ad esempio la fluidità dell'identità di genere e gli abusi nei sistemi carcerari.
Nonostante tutto questo, il King di oggi non è più il King di una volta, manca qualcosa. Forse manca quel tocco di geniale follia dei suoi romanzi e racconti più epici. Quella genialità che faceva interrompere la lettura e dire: Ma come può avere concepito una storia del genere? Ecco, secondo me quel King lì non esiste più.

quel king lì non esiste più da un pezzo
RispondiEliminaUn piccolo omaggio, mi auguro gradito (nella speranza di farmi perdonare i pipponi sull' IA ;-))
RispondiEliminahttps://www.wired.it/article/divina-commedia-horror-filo-spaventoso-che-unisce-dante-e-stephen-king/
Grazie. Ma tu non hai mica niente da farti perdonare :-)
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