Dario Fabbri, qui, rispondendo alla domanda di un ascoltatore tocca un punto che a me è sempre stato molto a cuore, anche perché l'ho vissuto più volte di persona: perché quando si tenta di approfondire si viene quasi sempre accusati di fare apologia? In questo caso il tema toccato riguarda il conflitto in Ucraina, ma vale per qualsiasi altro argomento. In sostanza, nel caso dell'Ucraina il succo del discorso è che chiunque voglia studiare le cause, anche remote, che sono poi sfociate nell'aggressione russa viene, più o meno sottotraccia, accusato di essere filo-putiniano.
È come se nel nostro modo di pensare avessimo una sorta di... come chiamarla... tara cognitiva che in maniera inconscia crea un collegamento tra analisi delle cause del conflitto e adesione alle ragioni di una delle parti in causa. Forse - ipotesi mie, prendetele per quello che valgono - uno dei motivi è che viviamo dentro una narrazione a compartimenti stagni che si limita, semplicisticamente, a individuare un aggressore e un aggredito. Punto. Tutto il di più viene marchiato come sospetto.
Oppure, sempre senza accorgercene, confondiamo comprensione e giustificazionismo. Cioè, il tentare di capire diventa giustificazione. D'altra parte, se ci pensa, anche nel linguaggio di tutti i giorni usiamo ad esempio l'espressione "ti capisco" per giustificare un gesto poco commendevole di un nostro conoscente. Da qui l'equivalenza "ti capisco", quindi "ti giustifico".
Dario Fabbri, nel suo breve intervento, cerca di spiegare che provare a capire non significa tentare di giustificare, sono due concetti che apparentemente si assomigliano ma sono diversi, ma fare questa distinzione, a tanti costa una fatica incredibile.
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