mercoledì 8 settembre 2021

Questa dignitosa vita

Io sono per l'eutanasia. Legale, libera, civile. E lo sono - credo e spero - con ragione e per compassione. Ne peroro, dunque, la causa in qualità di individuo, di cittadino e anche di scrittore. Ogni vita è degna di essere raccontata (non solo le vite straordinarie di santi o eroi). Questa dignitosa vita qualunque deve poter essere raccontata in qualsiasi modo (non solo coi versi sublimi dei poemi antichi ma anche con la lingua familiare della prosa, prossima alla lingua quotidiana).

Da questi due principi discende la rivoluzione culturale del romanzo moderno che apre il racconto della vita e del mondo alle persone comuni, agli umili, agli anonimi, agli "ultimi", sia elevandoli a protagonisti della narrazione sia interpellandoli come potenziali lettori. Il romanzo, diceva Milan Kundera, è il "paradiso degli individui". Ogni singola vita - per quanto possa apparire insignificante - vi è ammessa, al pari di ogni altra, a godere dello splendore del racconto.

Cosa c'entra questo con l'eutanasia? C'entra perché il romanzo esprime i valori fondamentali della civiltà occidentale moderna. Attraverso secoli di lotte sanguinose - spesso "guerre civili" intestine - le democrazie liberali dell'Occidente hanno affermato contro teocrazie e totalitarismi che i loro valori supremi sono racchiusi nel concetto di libertà individuale e di dignità personale, entrambe intangibili di fronte allo Stato e alla Chiesa. Noi europei d'Occidente abbiamo imparato ad amare e a rispettare la singola vita non in quanto "sacra" - concessa da un Dio - e non in quanto sussunta a una laica entità superiore - Stato, Popolo o Nazione - ma in quanto libera, assoluta, sovrana su se stessa. L'individualismo occidentale che ne discende è, per questi motivi, forse la forma più alta di amore e di rispetto della vita che l'umanità abbia mai sperimentato. Ogni nostro valore, ogni nostro amore, anche ogni nostro dolore trae il proprio senso alla luce, tenue ma tenace, di questa idea. La conseguenza ultima di ciò è che ogni individuo deve poter scegliere liberamente, non solo come e dove vivere, ma anche quando porre fine alla propria esistenza in base alla sua personale, irriducibile, inalienabile concezione della dignità di essa.

Io sono per l'eutanasia perché sono per la vita. Rigetto con forza e, permettetemelo, con sdegno, gli slogan dei militanti contrari a ogni forma di "aiuto a morire" che si proclamano "pro-life", difensori della vita e depositari del suo significato ultimo. No, non è così. Chiunque si opponga alla facoltà dell'individuo di decidere della propria vita, lo fa in nome di un principio cui quella vita viene subordinata, togliendole così pienezza, libertà, sovranità e dignità. Nella società aperta, nelle democrazie liberali chiunque deve poter parlare del proprio Dio ma nessuno deve poter legiferare in nome di Dio. Siamo noi, noi che viviamo sotto un cielo disertato da Dio, a glorificare la vita di un amore disperato, assoluto, struggente, proprio perché non crediamo in un'altra vita ultraterrena, e la nostra perorazione a favore dell'eutanasia, del diritto individuale a concluderla in modo dignitoso, legale, civile, condiviso, in modo pietoso, è l'ultima, più estrema manifestazione di quell'amore.

Io sono per l'eutanasia e non solo per quelle situazioni limite di cui si occupano i media. Le corsie dei nostri ospedali, lontane dai riflettori, straripano di casi comuni, noti a noi tutti, il cui il moribondo è ostinatamente sottoposto a indicibili sofferenze fisiche e psicologiche per prolungare inutilmente di qualche mese la sua esistenza fino al punto di smarrire nella sua conclusione tutte le ragioni che ce l'avevano fatta amare, finanche al punto di smarrire i tratti di quel volto che per noi aveva incarnato il supremo amore. Quante volte, estenuati, schiantati, disperati, ci siamo segretamente augurati la morte di un padre, di un amico, di un fratello terminale e poi ne abbiamo portato il rimorso per tutta la vita? Quante volte dovremo ancora farlo? Quante volte i nostri cari sono morti molte volte prima di morire perché uno Stato vigliacco e ipocrita non legifera sulla ampia, democratica, sovrana possibilità che l'individuo, segnato da una diagnosi senza scampo, o da una qualsiasi altra forma d'intollerabilità dell'esistenza, non rimanga costretto a scegliere tra una fine tormentosa, la solitudine terribile del suicidio o la supplica a noi superstiti a compiere un atto compassionevole che agli occhi della legge ci bolla come omicidi? No. Io sono per l'eutanasia. Io spero nel giorno in cui un figlio e un padre, due amici, due fratelli, ancora entrambi pienamente se stessi, possano, fianco a fianco, dopo aver bevuto per l'ultima volta insieme il caffè mattutino, prepararsi per l'ultimo viaggio, il viaggio per cui non serve bagaglio. 

Io sono per l'eutanasia perché tenere la mano al morente, finché è ancora se stesso, è la forma più alta di pietà di cui siamo capaci. È il nostro destino. È il gesto ultimo in cui si ricapitola l'essenza dell'umano.

28 settembre 2019

(Dal libro La fuga di Enea. Salvare la città in fiamme. Antonio Scurati)

3 commenti:

  1. Questo si è un grande tema dell'esistenza...ed anch'io sono per "l'eutanasia. Legale, libera, civile"
    Fulvio

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  2. eutanasia senza il permesso della Chiesa mi pare fuorviante

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