giovedì 19 settembre 2019

Di tatuaggi e di orecchini

Oggi, nella famiglia Sacchini, è caduto un tabù, quello del tatuaggio. In realtà non è che fosse un tabù, semplicemente nessuno dei quattro componenti si era mai interessato alla cosa, io per primo. A far cadere questo non-tabù è stata Francesca, mia figlia minore, la quale, dopo aver preventivamente chiesto un parere (naturalmente non vincolante, ormai aveva deciso) a me e mia moglie, stamattina è andata giù a Santarcangelo a farselo fare.

L'oggetto del tatuaggio, che Francesca si è fatta incidere sulla parte interna di un avambraccio, rappresenta in forma stilizzata due monumenti che identificano inequivocabilmente la città di Santarcangelo: l'arco Ganganelli e la Rocca malatestiana. È un tatuaggio non eccessivamente grande né eccessivamente vistoso e a me, a Michela (l'altra mia figlia in questo periodo soggiornante in Austria) e a mia moglie piace. Certo, se fosse venuta a casa con uno di quei tatuaggi che ricoprono braccia-collo-gambe tipo ragnatela, forse qualcosa da ridire l'avremmo avuto, ma per ora il tutto si limita a un piccolo disegno sull'avambraccio.

A farmi tatuare io non ho mai pensato. Cioè, ci ho pensato, ma ogni volta che immagino un tatuaggio, non so perché, la prima cosa che mi balza alla mente è Fedez con quella specie di ragnatela che gli avvolge il collo e la voglia mi passa subito. Una decina d'anni fa, invece, quando suonavo nei Ravens, avevo abbastanza seriamente pensato di mettere un orecchino. Non so bene perché mi fosse venuto quello "sbuzzo", probabilmente perché un paio dei ragazzi che suonavano con me lo portava, e l'idea non mi dispiaceva. Poi, alla fine, ho deciso di lasciar perdere, decisione su cui ho messo una pietra tombale all'indomani dello scioglimento del gruppo e su cui non sono ancora tornato indietro (e poi, ormai, a un passo dai cinquant'anni... andiamo, su).

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